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call for papers S&F_n. 33_2025

CALL FOR PAPERS S&F_n. 33_2025

 

I saperi delle piante: ontologie, pratiche e relazioni

 

“La conoscenza unilaterale tra voi e me

si sviluppa abbastanza bene.

 

So cosa sono foglia, petalo, spiga, stelo, pigna,

e cosa vi accade in aprile, e in dicembre.

 

Benché la mia curiosità non sia reciproca,

su alcune di voi mi chino apposta,

e verso altre alzo il capo.

 

Ho dei nomi da darvi:

acero, bardana, epatica,

erica, ginepro, vischio, nontiscordardimé,

ma voi per me non ne avete nessuno.”

[…]

Wisława Szymborska

 

“La Nazione delle Piante non riconosce le gerarchie animali, fondate su centri di comando e funzioni concentrate, e favorisce democrazie vegetali diffuse e decentralizzate”[1]. Stefano Mancuso descrive in questo modo provocatorio e suggestivo quella che, a suo parere, rappresenta la particolarità del modo di organizzare la vita delle piante rispetto agli animali, umani e non, sottolineando come esistano importanti differenze tra le diverse strategie adattive ed evoluzionistiche di questi organismi. Nonostante in biologia i termini “animale” o “pianta” comprendano una grande quantità di esseri viventi molto diversi tra loro (come nota Alessandro Minelli, non può essere identificata un’“animalità”[2] vista l’eterogeneità degli organismi che rientrano nel regno animale, e di conseguenza aggiungiamo che non esiste neppure una “vegetalità” visto l’altrettanto eterogeneo mondo vegetale), in filosofia queste parole sono delle categorie ben precise con confini storicamente consolidati. È esplicativo, in questo senso, quanto scritto da Helmuth Plessner nel quinto capitolo de I gradi dell’organico e l’uomo, dove afferma che

piante e animali sono dunque ben separati idealmente nella modalità dell’organizzazione; ragione per cui per molte proprietà si differenziano tra loro solo gradualmente e per alcune possono anche corrispondersi. Per questo una distinzione puramente empirica tra piante e animali urterà sempre contro le più grandi difficoltà, non potendo essa trascurare la considerazione delle forme intermedie [3].

Di conseguenza, le categorie “animale” e “pianta” sono ideali e astratte, e si legano ad alcune differenze generali che non sempre sono riscontrabili da un punto di vista empirico: un esempio classico viene fatto dal filosofo e biologo Jakob von Uexküll, che distingue le due categorie contrapponendo, da un lato, la capacità di movimento degli animali e, dall’altro, la quiete e l’immobilità degli organismi vegetali[4]. A partire da questa astrazione, le piante sono state spesso descritte come passive e dipendenti dal proprio territorio, contrapposte a un regno animale capace di esercitare un’agency e di modificare l’ambiente circostante.

Occuparsi di specie botaniche da un punto di vista filosofico oggi vuol dire, quindi, concentrarsi sulle particolarità e specificità vegetali, provando a costruire una narrazione e delle teorie che siano in grado di tenere assieme sguardi e prospettive molto differenti tra di loro. Infatti, come nota Stella Sandford in Vegetal Sex, una delle più importanti sfide di una filosofia delle piante consiste nel superare lo zoocentrismo – ovvero la tendenza filosofica a studiare le specie botaniche partendo da modelli animali a cui paragonarle – e provare a sviluppare un pensiero sugli organismi vegetali a partire dalla loro “radicale alterità”[5]. Dalla botanica alla fitosemiotica[6] passando per la filosofia morale[7], l’antropologia, la neurobiologia vegetale[8] e la cosiddetta Traditional Ecological Knowledge[9], in molti e molte oggi portano sotto i riflettori del pensiero questi organismi, per secoli relegati ai margini della filosofia occidentale. La storia delle piante nel pensiero europeo è infatti complessa. A partire dalla tripartizione Aristotelica dell’anima[10], si arriva fino a tempi più recenti, in cui parte dell’antropologia filosofica del 900 ha ricalcato l’esistenza di una supposta “grande catena dell’essere” [11], alle cui estremità si trovano rispettivamente l’essere umano, da un lato, e la pianta dall’altro. Autori come Max Scheler[12], il già citato Helmuth Plessner, ma anche filosofi appartenenti ad altre correnti come Henri Bergson[13], hanno rinforzato l’idea dell’organismo vegetale come un qualcosa di talvolta passivo, altre volte incompleto e dipendente dal proprio ambiente e, in generale, non in grado di influenzare attivamente il proprio territorio, al contrario di animali ed esseri umani. Le scoperte biologiche e botaniche odierne, tuttavia, mettono in crisi una così chiara e impermeabile partizione del vivente (si pensi alla classica suddivisione della biosfera in tre regni: secondo prospettive più contemporanee oggi è necessario aumentarne il numero fino a cinque)[14], permettendo alla filosofia di espandere i propri confini e concentrarsi sulle diverse prospettive che gli organismi vegetali ci offrono[15].

Se, da un lato, integrare tutti i posizionamenti teorici che derivano da questa nuova apertura è complesso, dall’altro ci sono alcuni concetti che possono fare da ponte tra le diverse riflessioni. Per esempio, diverse categorie filosofiche possono essere messe in discussione da un punto di vista vegetale: si pensi alla definizione di individuo, che dovrebbe essere problematizzata di fronte ai diversi rapporti simbiotici che alcuni organismi devono instaurare per la propria sopravvivenza.

Partendo dal rinnovato interesse filosofico per le piante, in questo Dossier ci proponiamo di riflettere, da un lato, sulle prospettive teoriche orientate a una filosofia delle piante che parta dalle specificità di questi organismi, tenendo conto dei diversi punti di vista presentati finora. D’altro canto, siamo interessati anche alle conseguenze che queste teorie hanno per il rapporto tra essere umano e organismi vegetali, concentrandoci su una filosofia relazionale delle piante[16]. Se gli organismi che nella tradizione filosofica occidentale, con poche eccezioni[17], sono stati posizionati in fondo alla “grande catena dell’essere” in quanto passivi e dipendenti sono invece in grado di sviluppare una forma di conoscenza del proprio ambiente e una capacità di agire in esso, come cambia il nostro posizionamento nei confronti di queste forme di vita? Come possiamo entrare in contatto e relazione con le piante? Il pensatore danese Jesper Hoffmeyer ha proposto il concetto di semiosfera[18], o, come viene definita da Kotov e Kull, la biosfera relazionale[19], grazie al quale i significati che gli organismi conferiscono a ciò che li circonda si intrecciano e influenzano, dando vita a nuovi comportamenti. La vita è, dunque, caratterizzata da una continua relazione e comunicazione. Una filosofia relazionale delle piante deve necessariamente partire da questa prospettiva, tenendo conto delle specificità di tutte le specie coinvolte.

Nell’indagare il rapporto tra vegetali ed esseri umani e le prospettive relazionali che ne emergono intendiamo adottare un approccio che non si limiti solamente a prospettive occidentali. Negli ultimi decenni, infatti, sono emersi nuovi modi di concepire e fare filosofia, provenienti da contesti storicamente silenziati dai processi coloniali. Queste nuove voci filosofiche rivendicano un posto nel dibattito globale e mettono in discussione l’appartenenza esclusiva della filosofia alla cosiddetta “tradizione occidentale”. Il risultato è un ampliamento dei margini della filosofia, che si arricchisce di nuovi trasfondi culturali e prende coscienza della contestualità inevitabile di ogni elaborazione. Molti autori e autrici che potremmo inserire in questo “giro radicale e innovatore”[20] provengono da popolazioni indigene e afrodiscendenti del continente americano e sono mossi da un intuito etico-politico che li spinge a mettere per iscritto saperi ancestrali, ontologie ed epistemologie proprie. Questi saperi stanno richiamando sempre più l’attenzione dell’accademia per il loro potenziale critico nei confronti del sistema capitalista, del neoliberismo e delle conseguenze catastrofiche per l’ambiente che stiamo vivendo. È in questo senso che tali contributi possono essere fonte di valore per chi desidera riflettere, come propone questo Dossier, su temi come la relazione tra umani e piante, il nostro ambiente condiviso e l’elaborazione di nuovi possibili modelli di convivenza multispecie. Due esempi illustrativi sono i pensieri dei filosofi e attivisti Ailton Krenak e Antônio Bispo dos Santos. Quest’ultimo è stato un importante leader, attivista, poeta e filosofo, appartenente a una comunità afrodiscendente quilombola del nordest del Brasile. Nei suoi libri, presenta la sua prospettiva anticoloniale intrecciando concetti filosofici e scene di vita quotidiana della sua comunità. Uno dei concetti che Bispo propone è quello di “biointegrazione”, che è una forma di vita in piacevole comunione organica e rispettosa di tutti gli elementi del cosmo, considerati ugualmente necessari[21]. Ailton Krenak è un influente leader, attivista e filosofo, appartenente all’etnia indigena Krenak che attualmente vive nella Valle del Rio Doce, regione sudest del Brasile. Krenak spiega che in Occidente, quando si pensa la natura frequentemente la si pone in opposizione all’idea di umanità. L’autore invita a mettere in discussione questa opposizione, affermando: “non capisco dove esista qualcos’altro che non sia natura. Tutto è natura. Il cosmo è natura. Tutto quello a cui riesco a pensare è natura”. In questo modo, Krenak invita a riflettere sui danni di cui è responsabile una divisione dicotomica tra umanità e natura[22].

Si incoraggia dunque l’invio di contributi su:

-fitosemiotica e biosemiotica;

-etica e politica delle piante;

-ontologie Indigene, Afrodiasporiche e prospettive anticoloniali;

-rapporti multispecie;

-relazione uomo-pianta.


[1] S. Mancuso, La nazione delle piante, Editori Laterza, Roma 2019, p. 9.

[2] A. Minelli, Animale, animali, in «Etica & Politica / Ethics & Politics», xix, 2, 2016, pp. 243-251.

[3] H. Plessner, I gradi dell’organico e l’uomo. Introduzione all’antropologia filosofica (1928), trad. it., Bollati Boringhieri, Torino 2006, p. 244.

[4]J. von Uexküll, Wie sehen wir die Natur und wie sieht sie sich selber?, in «Naturwissenschaften», x, 1922, pp. 316-322.

[5] S. Sandford, Vegetal Sex. Philosophy of Plants, Bloomsbury Academic, London 2022, p. 14.

[6] M. Krampen, Phytosemiotics, in «Semiotica», xxxvi, 3-4, 1981, pp. 187–210.

[7] G. Pellegrino, M. Di Paola, Etica e politica delle piante, DeriveApprodi, Roma 2019.

[8] P. Calvo, N. Lawrence, Planta Sapiens. Perché il mondo vegetale ci assomiglia più di quanto crediamo (2022), trad. it. Il Saggiatore, Milano 2022.

[9] R. W. Kimmerer, Braiding Sweetgrass. Indigenous Wisdom, Scientific Knowledge, and the Teachings of Plants, Milkweed Editions, Minneapolis 2013.

[10] Aristotele, De anima, trad. it., La Nuova Italia, Firenze 1972.

[11] A. O. Lovejoy, La grande catena dell’essere (1936), trad. it., Feltrinelli, Milano 1966.

[12] M. Scheler, La posizione dell’uomo nel cosmo (1928), trad. it., Armando Editore, Roma 2006.

[13] H. Bergson, L’evoluzione creatrice (1907), trad. it., Raffaello Cortina Editore, Milano 2002.

[14] T. A. Sebeok, Global Semiotics, Indiana University Press, Bloomington 2001.

[15] A tal proposito è bene ricordare che filosofia e biologia non sono corpi unitari, ma che esistono al loro interno correnti di pensiero tra loro contrapposte. Se, da un lato, non pochi filosofi si sono allontanati da posizioni meccanicistiche sulle piante, ci sono, sebbene in misura residuale ,biologi che ancora fanno riferimento de facto, pur con una terminologia apparentemente non sovrapponibile a quella che in passato indicava l’esistenza di una grande catena dell’essere, a scale gerarchiche, così come già in passato altri scienziati si sono opposti a questa teoria. Si faccia riferimento, per esempio, a Rigato, E., Minelli, A., The Great Chain of Being is Still Here, in «Education and Outreach», vi, 18, 2013, dove i due autori mostrano come l’utilizzo del concetto di una “scala naturae” e la sua terminologia siano ancora presenti in alcune pubblicazioni scientifiche.

[16] M. Schӧrgenhumer, Caring for Plants: Cultivating Relational Virtues, in Plant Ethics. Concepts and Applications, a cura di A. Kallhoff, M. Di Paola e M. Schӧrgenhumer, Routledge, London-New York 2019, pp. 110-118.

[17] Tra queste eccezioni è importante menzionare Charles Darwin, il quale, nella sua celebre opera L’Origine della Specie (1859), trad. it. Bollati Boringhieri, Torino 2021, ingloba le piante nella sua visione generale dell’evoluzione non vedendo tra regno vegetale e animale un salto qualitativo, ma un passaggio più sfumato, all’interno di una grande catena dello sviluppo della vita.

[18] J. Hoffmeyer, Signs of Meaning in the Universe (1993), trad. ing. Indiana University Press, Bloomington 1996.

[19] K. Kotov, K. Kull, Semiosphere is the Relational Biosphere, in C. Emmeche, K. Kull (a cura di), Towards a Semiotic Biology: Life is the Action of Signs, Imperial College Press, London 2011, pp.179-194.

[20] R. Fornet-Betancourt, Hacia una transformación intercultural de la filosofía, Editorial Desclée De Brouwer, Bilbao 2001.

[21] A. Bispo dos Santos, Colonização, Quilombos: modos e significações, INCTI/UnB, Brasília 2015.

[22] A. Krenak, Ideias para adiar o fim do mundo, Editora Schwartz, São Paulo 2019.

 

Deadline per proposte saggio: 31 dicembre 2024

Deadline per consegna saggio: 30 aprile 2025

 

 

Procedura: Inviare all’indirizzo scienzaefilosofia@gmail.com, entro il 31 dicembre 2024, un abstract di max 5000 battute comprendente il titolo della proposta di saggio e una descrizione dell’iter argomentativo. Le proposte saranno valutate dai curatori e dal comitato di lettori della rivista. Gli autori riceveranno comunicazione dell’esito della selezione, unitamente all’indicazione della nuova deadline per l’invio dei contributi (30 aprile 2025). Infine, i contributi verranno sottoposti a doppia blind review e gli autori riceveranno, al termine della procedura, comunicazione circa l’esito della valutazione.

Lingue accettate: Italiano, inglese, francese, tedesco e spagnolo.

 

È possibile inoltre – con le stesse modalità – proporre articoli a tema libero relativi alle seguenti sezioni della rivista:

 

Storia Esposizione e ricostruzione di questioni di storia della scienza e di storia di filosofia della scienza con intenzione sostanzialmente divulgativa;

Antropologie Temi e incroci tra scienze, antropologia filosofica e antropologia culturale;

Etiche Riflessioni su temi di “attualità” bioetica;

Linguaggi Questioni di epistemologia;

Alterazioni Dalla biologia evoluzionistica alla cibernetica, temi non direttamente “antropocentrati”;

Comunicazione La comunicazione della scienza come problema filosofico, non meramente storico o sociologico. In altri termini: quanto la comunicazione della scienza ha trasformato la scienza e la sua percezione?

Arte Intersezioni tra scienze e mondo dell’arte;

Recensioni&Reports Le recensioni saranno: tematiche, cioè relative al dossier scelto e quindi comprensive di testi anche non recentissimi purché attinenti e importanti; di attualità, cioè relative a testi recenti. Reports di convegni e congressi.

 

Gli articoli saranno pubblicati nel prossimo o nei prossimi numeri di S&F_

 


 

Plants’ Knowledge: Ontologies, Practices, and Relationships

 

“The Nation of Plants does not recognise animal hierarchies, based on command centres and concentrated functions, and favours widespread and decentralised plant democracies”[1]. Stefano Mancuso describes in this provocative and suggestive way what, in his opinion, represents the particularity of plants’ life organisation compared to animals, human and non-human, highlighting the critical differences between these organisms’ diverse adaptive and evolutionary strategies. Although in biology the term “animal” or “plant” includes a large number of living beings very different from each other (as Alessandro Minelli notes, we cannot identify an “animality”[2] given the heterogeneity of organisms within the animal kingdom, and consequently we add that there is neither a “vegetality” given the equally heterogeneous plant world), in philosophy these words are exact categories with historically established boundaries. It is explanatory, in this sense, what was written by Helmuth Plessner in the fifth chapter of Levels of Organic Life and the Human, where he states that

Thus, in ideal terms, the animal and the plant are strictly distinct from each other in their modes of organization, which is why there may be many properties in which they only differ from each other by degrees and in some areas may even coincide. A purely empirical distinction between plants and animals will always run into great difficulties because it will not be able to simply pass over the existence of transitional forms[3].

 Consequently, the categories “animal” and “plant” are ideal, abstract, and linked to some general differences which are not always observable from an empirical point of view: a classic example is made by the philosopher and biologist Jakob von Uexküll, who distinguishes the two categories, contrasting, on the one hand, the movement capacity of animals and, on the other, the quietness and immobility of plant organisms[4]. Starting from this abstraction, plants have often been described as passive and dependent on their territory, as opposed to an animal kingdom capable of exercising agency and modifying the surrounding environment.

Dealing with botanical species from a philosophical point of view today means, therefore, focusing on the plant particularities and specificities, trying to build a narrative and theories that can keep together very different looks and perspectives among them. Indeed, as Stella Sandford notes in Vegetal Sex, one of the most critical challenges of a plant philosophy is to overcome zoocentrism – namely, the philosophical tendency to study botanical species by comparing them to animal models – and try to develop theories on plant organisms from their “radical alterity”[5]. From botany to phytosemiotics[6], moral philosophy[7], anthropology, plant neurobiology[8], and so-called Traditional Ecological Knowledge[9], many researchers today are bringing these organisms – relegated to the margins of Western philosophy for centuries – to the forefront of their thinking. The history of plants in European thought is, indeed, complex. Starting from the Aristotelian tripartition of the soul[10], we reach more contemporary times, when part of the philosophical anthropology of 900 has supported the existence of a supposed “great chain of being”[11], at whose ends are respectively the human being, on one side, and the plant on the other. Authors such as Max Scheler[12], the already mentioned Helmuth Plessner, and even philosophers of other theoretical currents like Henri Bergson[13], have reinforced the idea of the plant organism as something sometimes passive, sometimes incomplete and dependent on its environment and, overall, not able to influence actively their territory like animals and humans. Today’s biological and botanical discoveries, however, challenge such a solid and impenetrable partition of the living (for instance, the classic division of the biosphere into three kingdoms must be increased to five according to more contemporary perspectives)[14], allowing the philosophy to expand its boundaries and focus on the different perspectives that plant organisms offer us[15].

If, on the one hand, integrating all the emerging theoretical positions is complex, on the other hand, some concepts can bridge the different reflections. Several philosophical categories can be questioned from a plant viewpoint: for instance, the definition of the individual should be problematised, considering the different symbiotic relationships that some organisms must establish for survival.

Starting from the renewed philosophical interest in plants, this Dossier aims to reflect, on the one hand, on theoretical perspectives oriented towards a philosophy of plants that begins from the specificities of these organisms, taking into account the different points of view presented so far. On the other hand, we are even interested in the consequences of these theories on the relationship between humans and plants, focusing on a relational philosophy of plants[16]. If the organisms that in the Western philosophical tradition, with few exceptions[17], have been placed on the lower step of the “great chain of being”, since considered passive and dependent, are instead able to develop a form of knowledge of their environment and an ability to act in it, how does the humans’ position toward these forms of life change? How can we come into contact and create relationships with plants?

The Danish thinker Jesper Hoffmeyer proposed the concept of the semiosphere[18], or, as Kotov and Kull define it, the relational biosphere, through which the meanings that organisms confer on their surroundings are interwoven and influenced, creating new behaviour. Life is, therefore, characterised by continuous relationships and communication. A relational philosophy of plants must necessarily start from this perspective, considering the specificities of all species involved.

In investigating the ties between plants and humans and the perspectives arising from them, we intend to take an approach that is not limited only to Western perspectives. Indeed, in recent decades, new forms of conceiving and doing philosophy have emerged, coming from contexts historically silenced by colonial processes. These new philosophical voices claim a place in the global debate and question philosophy’s exclusive belonging to the so-called “Western tradition.” The result is an expansion of the margins of philosophy, which is enriched with new cultural backgrounds and becomes aware of the inevitable contextuality of every elaboration. Many authors we could include in this “radical and innovative turn”[19] come from indigenous and Afro-descendant peoples of the American continent. They are moved by an ethical-political intuition that pushes them to write down their ancestral knowledge, ontologies, and epistemologies. This knowledge is increasingly attracting the attention of academia for its critical potential towards the capitalist system, neoliberalism, and the catastrophic consequences for the environment we are experiencing. In this sense, these contributions can be sources of great value for those who wish to reflect, as this Dossier proposes, on issues such as the relationship between humans and plants, our shared environment and the development of new possible models of multispecies coexistence. Two illustrative examples are the thoughts of philosophers and activists Ailton Krenak and Antônio Bispo dos Santos. The latter was an influential leader, activist, poet, and philosopher, belonging to an Afro-descendant quilombola community in northeastern Brazil. In his books, he presents his anti-colonial perspective by interweaving philosophical concepts and scenes from the daily life of his community. Bispo proposes a concept of “biointegration,” a form of life in pleasant, organic and respectful communion with all the elements of the cosmos, considered equally necessary[20]. Ailton Krenak is an influential leader, activist, and philosopher who belongs to the indigenous Krenak ethnic group currently living in the Rio Doce Valley, southeastern region of Brazil. Krenak explains that when we think of nature in Western culture, we frequently place it in opposition to the idea of humanity. The author invites us to question this opposition, stating: “I don’t understand where there is anything other than nature. Everything is nature. The cosmos is nature. All I can think of is nature.” In this way, Krenak invites us to reflect on the damage caused by a dichotomous division between humanity and nature[21].

Contributions are encouraged on:

– Phytosemiotics and biosemiotics;

– Plant ethics and politics;

– Indigenous ontologies, Afrodiasporic, and anti-colonial perspectives;

– Multi-species relationships;

– Human-plant relationship.


[1] S. Mancuso, La nazione delle piante, Editori Laterza, Roma 2019, p. 9.

[2] A. Minelli, Animale, animali, in «Etica & Politica / Ethics & Politics», xix, 2, 2016, pp. 243-251.

[3] H. Plessner, Levels of Organic Life and the Human. An Introduction to Philosophical Anthropology (1928), trad. ing., Fordham University Press, New York 2019, p. 203.

[4] J. von Uexküll, Wie sehen wir die Natur und wie sieht sie sich selber?, in «Naturwissenschaften», x, 1922, pp. 316-322.

[5] S. Sandford, Vegetal Sex. Philosophy of Plants, Bloomsbury Academic, London 2022, p. 14.

[6] M. Krampen, Phytosemiotics, in «Semiotica», xxxvi, 3-4, 1981, pp. 187–210.

[7] G. Pellegrino, M. Di Paola, Etica e politica delle piante, DeriveApprodi, Roma 2019.

[8] P. Calvo, N. Lawrence, Planta Sapiens. Perché il mondo vegetale ci assomiglia più di quanto crediamo (2022), trad. it. Il Saggiatore, Milano 2022.

[9] R. W. Kimmerer, Braiding Sweetgrass. Indigenous Wisdom, Scientific Knowledge, and the Teachings of Plants, Milkweed Editions, Minneapolis 2013.

[10] Aristotele, De anima, trad. it., La Nuova Italia, Firenze 1972.

[11] A. O. Lovejoy, La grande catena dell’essere (1936), trad. it., Feltrinelli, Milano 1966.

[12] M. Scheler, La posizione dell’uomo nel cosmo (1928), trad. it., Armando Editore, Roma 2006.

[13] H. Bergson, L’evoluzione creatrice (1907), trad. it., Raffaello Cortina Editore, Milano 2002.

[14] T. A. Sebeok, Global Semiotics, Indiana University Press, Bloomington 2001.

[15] It is necessary to remember that philosophy and biology are not unitary bodies, but on the contrary, there are opposing currents of thought. If, on the one hand, some philosophers moved away from mechanistic positions on plants, some biologists still refer to a great chain of being. At the same time, other scientists have already opposed this theory in the past. Refer, for instance, to Rigato, E., Minelli, A., The Great Chain of Being is Still Here, in «Education and Outreach», vi, 18, 2013, where the two authors show how the use of the concept of a “scala naturae” and its terminology are still present in some scientific publications.

[16] M. Schӧrgenhumer, Caring for Plants: Cultivating Relational Virtues, in Plant Ethics. Concepts and Applications, a cura di A. Kallhoff, M. Di Paola e M. Schӧrgenhumer, Routledge, London-New York 2019, pp. 110-118.

[17] Among these exceptions, it is vital to mention Charles Darwin, who, in his famous work L’Origine della specie (1859), trad. it. Bollati Boringhieri, Torino 2021, incorporates plants in its general vision of evolution, where he does not see a qualitative leap between the plant and animal kingdom, but a more nuanced passage within a great chain of life’s development.

[18] J. Hoffmeyer, Signs of Meaning in the Universe (1993), trad. ing. Indiana University Press, Bloomington 1996.

[19] R. Fornet-Betancourt, Hacia una transformación intercultural de la filosofía, Editorial Desclée De Brouwer, Bilbao 2001.

[20] A. Bispo dos Santos, Colonização, Quilombos: modos e significações, INCTI/UnB, Brasília 2015.

[21] A. Krenak, Ideias para adiar o fim do mundo, Editora Schwartz, São Paulo 2019.


Proposal Deadline: December 31, 2024

 

Submission Deadline: April 30, 2025

 

 

How to apply: Send an abstract (max 5,000 characters) to the address scienzaefilosofia@gmail.com within the fixed deadline (December 31, 2024). The title of one’s proposal and a brief presentation of the argumentative strategies adopted should be included in the abstract. The proposals will be evaluated by the Advisory board and the readers’ committee of the Journal. The result of the selection will be communicated to the authors together with the new fixed deadline (April 30, 2025) . The accepted proposals will undergo a double blind review process. Eventually, the result will be communicated to the authors.

Accepted Languages: Italian, English, French, German and Spanish.

 

The same procedure can be upheld to propose papers dealing with the following sections of the Journal:

 

History Reconstruction and analysis of issues about history of science and history of philosophy of science, with a view to scientific divulgation;

Anthropologies Intertwined issues between scientific fields, philosophical anthropology and cultural anthropology;

Ethics Reflections about current bioethical issues;

Languages Epistemological issues;

Alterations From evolutionary biology to cybernetics, problematic issues not directly connected with “Anthropos”;

Communication Science communication as a philosophical problem, not as a solely historical or sociological one. In other words: how much science communication has transformed science itself and its social perception?

Art Intertwining between scientific fields and the art world;

Book_Reviews&Reports Book reviews will be thematic, i.e. dealing with the main topic focused in the Issue. Therefore, they do not necessarily need to be recent publications, as long as they are relevant in the scientific world. Anyhow, books reviewed can also be recent releases as long as they discuss questions of science, philosophy, anthropology and so on. Reports of conferences and meetings.

 

Papers will be published in the next Issue or in the following Issues of S&F_

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