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Max Scheler – La posizione dell’uomo nel cosmo – a cura di Guido Cusinato [Franco Angeli, Milano 2002, pp. 192, € 19]


Cos’è l’uomo? Cosa ci definisce esseri umani? Qual è la nostra posizione nel mondo?

La posizione dell’uomo nel cosmo è uno dei testi più celebri di filosofia contemporanea, considerato all’origine dell’antropologia filosofica. Lo scritto è finalmente disponibile in una nuova traduzione italiana a cura di Guido Cusinato nella versione originale del 1928, piuttosto che nella versione rimaneggiata dalla moglie Maria Scheler. La posizione dell’uomo nel cosmo nasce da una famosa conferenza tenuta da Scheler nel 1927 a Darmstadt e rappresenta una prima bozza di quella che doveva essere una grande opera di antropologia filosofica, purtroppo mai iniziata a causa della morte improvvisa del filosofo. Scheler si interroga sulla natura dell’uomo tentando di dar vita a un’antropologia unitaria che si contrapponga alle frammentarie antropologie scientifiche, filosofiche e religiose. Il filosofo vuole dimostrare la profonda imperfezione delle teorie delle scienze biologiche e psicologiche che spiegano la natura umana quale evoluzione graduale della specie animale ma che sottovalutano le caratteristiche che appartengono al genere umano in modo assolutamente unico. Sebbene la riflessione sull’uomo abbia sempre ricoperto un ruolo centrale nell’ambito della speculazione filosofica, l’uomo resta oggetto enigmatico, incompleto, che necessita di una ricerca costante. Lo stesso concetto di umano rende tortuosa la ricerca, poiché contiene in sé un’insidiosa doppiezza, una scissione tra realtà fisica e slancio metafisico. L’idea di uomo quale essere al vertice della scala dei vertebrati mammiferi non riesce a descrivere la vita umana in ogni sua particolarità, né tantomeno riesce a spiegare l’originale tendenza dell’uomo verso il trascendimento della realtà data, il suo slancio metafisico. Allo stesso modo, le teorie teologiche non sono in grado di spiegare la struttura esistenziale dell’essere umano.

Sicché, La posizione dell’uomo nel cosmo presenta l’antropologia filosofica quale disciplina organica, che prova a comprendere l’essere umano nella sua totalità fisica, psichica, emozionale e individuale, senza alcuna gerarchia tra queste diverse dimensioni. Il metodo qui adottato si allontana dagli schemi della filosofia tradizionale che, come egli stesso afferma: «ha parlato per secoli sull’uomo senza partire mai dall’uomo concreto, nascondendolo sotto interminabili discussioni che riguardano altro» (p. 12).

Il punto di partenza della ricerca è l’analisi bio-psichica delle forme vitali: pianta, animale, uomo, che permette di superare completamente ogni tipo di teoria evoluzionistica, legata agli studi darwiniani. Le forme esistenziali degli esseri viventi (impulso dell’affezione vitale della vita vegetativa, l’istinto, la memoria associativa e l’intelligenza pratica) sono qui identificate come delle qualità, delle caratteristiche: esse e il loro grado di perfezionamento non definiscono, ma descrivono la singola specie. È stato ben dimostrato come molte specie animali manifestino atti d’intelligenza e libertà di scelta non riconducibili al puro istinto. Che senso ha allora supporre una differenza di grado intellettiva tra l’uomo e l’animale se l’animale possiede già un’intelligenza? «È rintracciabile nell’uomo qualcosa di completamente nuovo rispetto a tutti i diversi livelli essenziali di vita psichica considerati? Qualcosa che gli competa in modo esclusivo?» (p. 118) Come spiegare la posizione privilegiata della specie umana? Il testo chiarisce la posizione e il ruolo particolare dell’uomo attraverso l’analisi del rapporto che gli esseri hanno con il mondo-ambiente. A tal proposito Scheler presenta il concetto di ‘centricità’, che indica la modalità di relazione e d’interazione che il vivente instaura con l’ambiente, e si realizza nella proporzione: più l’essere vivente è centralizzato, più acquista autonomia nel cosmo. La ‘posizione’ che il vivente occupa diviene il ‘dato’ che mostra la vera essenza delle forme vitali. Da questo punto di vista è facile capire che mentre la pianta non possiede un centro col quale rapportarsi, l’animale invece vive in un ambiente proprio, un centro ben delineato. Ma qual è il centro dell’uomo? Qual è la sua posizione? Il testo propone un diverso sguardo osservativo, che colloca l’uomo nello stato di excentricità (cioè fuori dal centro-ambiente). In questo modo l’essere-uomo è definito da Scheler ‘un essere aperto al mondo’. Il concetto di ‘apertura’ permette di comprendere la costante tendenza umana ad ‘andare sempre oltre’. L’apertura sta nella possibilità di oggettivare la realtà e se stessi divenendo padroni delle ‘cose’: l’estraneazione dal mondo diviene la chiave per agire in maniera illimitata. Il principio che determina l’essere-uomo, non è più rintracciabile attraverso un’analisi dei suoi caratteri biologici. Il principio ontologico scheleriano si presenta come «un principio opposto a tutta la vita nel suo complesso, nel senso che tale principio non può essere considerato come frutto di un’evoluzione naturale della vita, essendo riconducibile semmai, al solo principio superiore di tutte le cose [… ] Per una tale X preferiamo allora usare il termine spirito, anche se il centro degli atti in cui tale spirito si manifesta finito [è] a sua volta indicato con il termine di persona» (p. 120). Spostando il discorso su un piano metafisico Scheler prova a garantire il carattere privilegiato dell’essere umano. Lo spirito (Geist) è il fondamento che dà la possibilità all’esser-uomo di distaccarsi dal ‘centro’, di essere libero dall’ambiente proprio, ovvero aperto al mondo. Termini come creazione ideativa, progettazione, acquistano in questo discorso un nuovo significato. Le produzioni umane infatti non ineriscono alle sole necessità biologiche, esse si elevano dalla pura materialità e dalla utilità primaria. Il filosofo giustifica così la tendenza umana di dirigersi oltre il limite come espressione della sporgenza metafisica dettata dallo spirito. La totale libertà dell’esser-uomo è affermata dall’azione disinteressata, slegata da tendenze pulsionali, grazie alla capacità di ‘riflessione’ (Rückmeldung) dell’essere-persona. Sfera psichica e sfera fisica sono equiparate in quell’unità integrata che l’uomo è: l’una è riferita alla percezione interna e l’altra alla percezione esterna di sé. A tal proposito, la critica al ‘cogito cartesiano’ assume un ruolo di primo piano: Descartes è accusato di trascurare il valore del corpo fisico che viene ricondotto a puro meccanismo e di aver creato una gran confusione nella storia del pensiero umano con la divisione delle sostanze in pensanti e estese, fornendo la base per profonde dicotomie (come quella di anima-coscienza e corpo). La persona è assunta come fondamento ontologico della natura umana, ma per “persona” Scheler non intende la qualità di un determinato individuo, né l’indice di una funzione legata al diritto giuridico, bensì la vera essenza dell’uomo, spirito che si manifesta nella sua attualità mai oggettivabile. La persona si realizza nella completa apertura, nell’atto oggettivante, nell’emancipazione da ciò che è organico e nella sospensione della realtà mondana attraverso il dire di no alla vita. La posizione dell’uomo nel cosmo allora si traduce in presa di posizione: l’uomo acquista un posto nel mondo opponendosi alla realtà dominata dalle passioni. Ma l’intenzione del saggio è mostrare come la dicotomia tra la forza pulsionale (Drang) e lo spirito (Geist) sia solo apparente ed esprimere l’importanza della complementarietà tra le due sfere: la pulsione, che appartiene all’uomo proprio in quanto essere vitale, è la forza che alimenta lo spirito ad accrescersi. Nel confronto fra la teoria negativa delle passioni (che spiega la forza ascetica dello spirito mediante l’abbandono delle forze e istinti pulsionali) e la teoria classica dello spirito (che crede in un potere originario e autonomo di accrescimento dello spirito), il filosofo contesta la svalutazione dell’importanza delle pulsioni umane. L’atto ascetico è possibile allora solo mediante un’opera di discernimento dell’essere-persona, attraverso lo spirito che si modella sui moti delle passioni e allo stesso tempo modella le stesse passioni. Il saggio La posizione dell’uomo nel cosmo si definisce un’antropologia filosofica dalle note etiche e morali. La libera scelta del no alla vita intesa come mero bios completa l’analisi scheleriana, indicando la capacità dell’essere umano di dare valore alle cose in modo sempre diverso e di valutarle secondo canoni di preferenza. La preferenza non rivela dunque solo la possibilità del libero arbitrio, ma di una scelta slegata da ogni condizionamento, per questo assolutamente etica. L’antropologia che Scheler delinea non intende tralasciare alcun aspetto della natura umana; si sofferma perciò anche sul fenomeno religioso, sul bisogno o l’idea che abbiamo del divino. Un’idea che nasce dalla sensazione di sentirsi fuori posto in questo mondo, dall’esigenza di risposte, dalla paura dell’ignoto, del tutto e del niente. «La coscienza del mondo, di sé e di Dio, formano un’unità strutturale indissolubile […] nello stesso istante in cui l’uomo si pone al di fuori della natura per farla oggetto del suo dominio […] l’uomo ha dovuto ancorare il proprio centro in qualche modo al di fuori e al di là del mondo-ambiente» (p. 179), in un rapporto di alleanza con Dio, di schiavitù, di filiazione mediante suo Figlio. L’idea del divino si evolve insieme alla coscienza umana: la divinità si consapevolizza solo attraverso l’uomo, mediante il quale assume realtà e si trasforma. Il testo non vuole presentare l’idea di un Dio incompiuto e non onnipotente, ma intende sottolineare l’importante funzione dell’uomo di realizzarsi progressivamente senza il bisogno di alcuna dipendenza astratta o esterna e misteriosa. Scheler parte dalla fiducia nell’opera dell’uomo, che riconosce se stesso nell’atto di realizzazione dei valori vissuti e approvati nella sua vita. La storia, a questo punto, altro non è se non il percorso compiuto dall’uomo e caratterizzato da atti intrisi di valore. L’evento della religione nasce a partire dalla decisione umana che «solo nell’impegno della persona dischiude la possibilità di un sapere relativo all’essere che è attraverso di sé» (p. 184).  L’uomo de La posizione dell’uomo nel cosmo è un essere etico che ha la possibilità e responsabilità di conoscersi, migliorarsi, evolversi secondo valore.

Daria Scia

04_2010

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