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Alberto Giovanni Biuso – Tempo e Materia. Una metafisica [Olschki Editore, Firenze 2020]

La metafisica del tempo presentata da Alberto Giovanni Biuso in Tempo e materia si connota come una metafisica monistica e materialistica. Vi è una sola sostanza autosufficiente, dinamica, immanente, sacra, eterna, priva di causa e fondamento: la materiatempo che sempre c’è stata e sempre ci sarà.

Il tempo si configura come il peculiare modo d’essere del mondo, come la modalità propria della materia, come la struttura profonda della realtà, come il fondamento di tutto ciò che si manifesta, come la forma di enti, eventi e processi. Il filosofo scrive che «il tempo e la materia costituiscono fondamento, forma, struttura e modalità del mondo in ogni sua manifestazione, del reale a ogni suo livello. L’umano esiste, vive e si muove in questo plesso di materiatempo» (p. 151).

Il tempo è l’intima essenza dell’essere che, nell’atto di mostrarsi, assume le sue sembianze. Biuso qualifica l’essere come l’incessante eventuarsi del nesso indissolubile di Identità e Differenza, come la trasparenza che permette l’emergere dei fenomeni e come l’attrito rivolto al tentativo di enti, eventi e processi di prolungare la propria durata fino a eternizzarsi. Inoltre, fa propria la tesi del Teeteto platonico secondo cui il divenire non è un mero predicato dell’essere ma coincide con l’essere stesso.

La metafisica, intesa come lo sforzo di comprendere il mondo e quindi il tempo, è connaturata nell’esserci. L’umano è per natura metafisico. Infatti, è possibile rintracciare una forma implicita di metafisica sia in ogni teoria scientifica sia in tutte le altre espressioni del pensiero umano meno articolate e sistematiche. Una metafisica è, in generale, la precondizione di qualsiasi giudizio sul mondo, sia esso teoretico, estetico o pratico. A tal proposito, Biuso afferma che: «ogni pensiero che si esprime sul mondo, ogni parola che dice il reale, ogni sentire estetico, concetto logico, legge fisica, hanno infatti come fondamento una metafisica. Essa può rimanere implicita, può essere ignorata e può persino venire esplicitamente negata, e tuttavia essa sta all’origine di ogni costruzione concettuale – di qualunque genere essa sia –, ne scandisce l’andamento, ne determina gli esiti. Fisici, chimici, astronomi, biologi non possono conseguire risultati che non implichino sin da subito delle opzioni metafisiche, esplicite o no che siano» (p. 3).

Ogni indagine scientifica parte infatti dalle seguenti assunzioni di fondo, che non sono affatto ovvie e anzi esemplificano una precisa posizione di carattere ontologico ed epistemologico: l’oggetto dell’indagine esiste secondo qualche modalità ed è possibile, grazie a un determinato idioma di carattere tecnico e a precisi metodi di analisi, giungere a delle conoscenze vere in merito a tale oggetto.

“Verità” è un termine che può essere inteso in senso logico come verità degli enunciati, in senso gnoseologico come veridicità delle nostre conoscenze sul mondo e in senso ontologico come svelamento dell’essere che si mostra attraverso i fenomeni; ed è proprio su quest’ultimo significato di aletheia che il filosofo pone l’enfasi.

Niente “è” senza ragione, cioè senza fondamento: è l’essere che conferisce densità ontologica a tutto ciò che accadendo si manifesta. Caratteristiche di tale fondamento sono la sua gratuità, la sua abbondanza, la sua plenitudo. Ecco perché una possibile risposta alla domanda “perché l’essere e non il nulla?” potrebbe rassomigliare a una tautologia, carica però di pregnanza filosofica: il mondo “è” perché è, perché traluce di essere.

Il prezzo dell’essere dell’esserci e di tutti gli altri fenomeni è forse quello intuito dal padre della metafisica Anassimandro, ovvero il ritorno della materia alla dimensione originaria di pura potenzialità indefinita, sulla base di un ordine necessario. È proprio il pensiero che il mondo sia governato da un ordine necessario e ineludibile che ci fa paura, specie nella misura in cui siamo indotti a concepire quest’ordine come assolutamente ateleologico e dunque privo di qualunque tensione rivolta verso il perseguimento di un fine appetibile come il bene, il nostro bene.

La necessità è però la struttura profonda del mondo, mentre la possibilità e la contingenza sono le modalità con cui il mondo si offre all’esserci. La «metafisica è anche il domandare che cerca le ragioni perenni del contingente» (p. 9). La metafisica è anche il tentativo di comprendere la necessità dell’eventuarsi olistico ed entropico dell’essere, che si manifesta al Dasein come possibilità e contingenza, per pacificarsi con esso. Biuso scrive che: «la materia è una costante trasformazione degli enti singoli, che non tocca la stabilità ed eternità dell’intero; la condizione dei viventi, umano compreso, è intrisa di un metabolismo che conduce alla irreversibile dissoluzione del composto. Comprendere teoreticamente e accettare nella prassi tale condizione significa conciliarsi con il tempo e la necessità» (p. 140).

L’irreversibilità, che è la sostanza del tempo, secondo il filosofo pervade sia la dimensione atomica sia quella cosmica, in quanto non sussiste alcuna gerarchia ontologica tra microcosmo e macrocosmo che si pongono sullo stesso livello nella scala dell’essere.

L’asimmetria temporale che permea la materia è confermata dal fatto che possiamo avere memoria di ciò che è stato e non dell’avvenire, dal fatto che il futuro a differenza del passato si dà all’esserci come possibilità aperta, dalle conseguenze del secondo principio della termodinamica e dal fatto che in natura le cause precedono sempre gli effetti e non avviene mai il contrario. Su quest’ultimo presupposto si fonda l’assunzione di un rigido e ineluttabile determinismo ontologico come requisito di una plausibile metafisica del tempo.

L’esistenza di un insolubile legame multicausale tra i fenomeni, dovuto essenzialmente alla natura pienamente olistica del mondo, è uno degli assunti teorici che permettono a Biuso di mostrare i limiti della prospettiva del presentismo, la posizione filosofica di coloro che conferiscono piena densità ontologica solo alla presunta dimensione puntiforme dell’adesso, misconoscendo la natura continua del tempo che viene illegittimamente spezzettato in istanti discreti e privi di durata. I principi del presentismo sembrano entrare in contrasto col concetto di causalità ontologica: com’è possibile infatti che i fenomeni del presente siano il risultato di fattori causali del passato e che partecipino al processo di produzione di effetti nel futuro, se passato e futuro non esistono?

È necessario riconoscere la natura essenzialmente unitaria e continua del tempo. A tal proposito, Biuso scrive: «il presente non è un punto nel tempo poiché il presente da solo è un’astrazione. Il passato da solo è un’astrazione. Il futuro da solo è un’astrazione. Il tempo è unitario; sono le azioni nel tempo a poter essere presenti, passate e future. Se l’accadere è possibile è perché il presente, il passato e il futuro sono tutte strutture e modalità reali della natura. In modi diversi, certo, ma tutti reali» (pp. 132-133).

Al contempo, Biuso rigetta la teoria del block universe sulla base di ragioni derivanti dal paradigma darwiniano dell’evoluzione. Infatti, sostiene che la pervasività del senso del tempo nelle strutture cerebrali delle molteplici forme di vita non sarebbe evoluzionisticamente vantaggiosa se il tempo non coincidesse con la struttura stessa dell’ambiente in cui tali organismi abitano, vivono e pulsano.

Il filosofo legge nella definizione aristotelica del tempo come “numero del movimento secondo il prima e il poi” la consapevolezza che esso è un dato tanto mondano quanto mentale. Il tempo è quindi la realtà originaria e irriducibile, la potenza infinita, la scaturigine dell’esserci stesso, che non è altro che un peculiare modo d’essere della materiatempo, divenuta cosciente di sé.

Dalla metafisica del tempo di Biuso traspare una esplicita critica di ogni forma di antropocentrismo. A coloro che esaltano «il mammifero di grossa taglia, feroce con i propri simili e distruttivo dell’ambiente che gli dà vita e risorse» risponde con tono provocatorio: «Sacra è piuttosto la materia infinita, potente ed eterna, che non conosce il bene e non sa che cosa sia il male» (p. 153).

La metafisica del tempo si presenta dunque come il tentativo di conciliarsi teoreticamente e praticamente con la materiatempo e con l’ordine necessario del mondo che talvolta pare cieco al nostro bene. Certo, si tratta di un proposito arduo e ambizioso, ma Biuso ci rassicura scrivendo che: «del tempo possiamo fidarci. Essere suoi amici è la condizione di ogni abbraccio» (p. 22).

Solo l’attività filosofica può condurci alla realizzazione dello sforzo teoretico e prassico che una ragionevole metafisica del tempo richiede. Infatti, «comprendere il tempo è difficile perché è come per l’occhio voler guardare se stesso. Può farlo solo in uno specchio. Questo specchio è la filosofia» (p. 118).

Andrea Antonio Sturiale

S&F_n. 24_2020

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