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L’essenza di Higgs nell’imminente scoperta di nuovi mondi

Autore


Giuseppe Iacobucci

Université de Genève

Docente di Fisica all’Université de Genève, team leader e responsabile nazionale svizzero dell'esperimento ATLAS all'LHC del CERN

Indice



  1. E ora si riparte
  2. Il “condensato di Higgs”: il vuoto non è vuoto
  3. Le fluttuazioni del vuoto quantistico e la massa delle particelle elementari
  4. La gerarchia tra le forze
  5. Principio (troppo) antropico
  6. L’importanza delle simmetrie e di … SUSY
  7. Le unificazioni come passi essenziali verso la conoscenza
  8. Alla disperata ricerca del neutralino
  9. Spazio-tempo in 11 dimensioni
  10. Due conclusioni

 

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S&F_n. 09_2013

Abstract


High-energy physics is posing a long series of questions, relating elementary particles to the symmetries that govern fundamental forces and to the intimate fabric of our universe. The recent discovery at CERN of the Higgs boson is just the first goal of the rich LHC physics program.


  1. E ora si riparte

L’annuncio della scoperta del bosone di Higgs ha avuto una risonanza planetaria. Noi fisici che lavoriamo al CERN abbiamo cercato in tutti i modi di spiegare di cosa si tratta e al contempo di sottolineare perché quella di Higgs non è una particella come tutte le altre. Crisostomo Sciacca, per esempio, lo fa in maniera egregia su questa rivista. La scoperta di questa particella è stata il risultato di una ricerca durata quasi 40 anni e ci ha permesso di completare e blindare il Modello Standard delle particelle elementari. Non bisogna, però, pensare che essa sia un punto di arrivo. Per me e la maggior parte dei miei colleghi, è un punto di partenza.

L’LHC e i suoi esperimenti ATLAS e CMS, meravigliose, complicatissime macchine che hanno così brillantemente funzionato per la scoperta dell’Higgs, sono state progettate anche per rispondere ad altre domande forse ancora più fondamentali. Tra le quali: perché c’è questa enorme differenza tra l’intensità delle interazioni deboli e quella delle interazioni gravitazionali? Riusciamo a produrre in laboratorio la materia oscura e, così facendo, svelarne il mistero? Lo spazio-tempo è formato semplicemente dalle 3 dimensioni spaziali che conosciamo e dal tempo, oppure è più complicato di come i nostri sensi lo percepiscono?

Qui di seguito, dopo aver ricapitolato molto brevemente il significato della recente e importantissima scoperta, proverò a illustrare alcuni dei problemi che il Modello Standard non è in grado di risolvere e a introdurre alcune delle congetture teoriche che sono discusse e studiate in questo periodo.

 

  1. Il “condensato di Higgs”: il vuoto non è vuoto

Abbiamo un costrutto teorico coerente, chiamato Modello Standard, che ci permette di descrivere le interazioni elettromagnetiche, deboli e forti. Esso però non è in grado di spiegare la massa delle particelle elementari quali i quarks, gli elettroni oppure i portatori della forza debole (che in gergo chiamiamo bosoni vettori W e Z). Qui è necessario soffermarsi un attimo sul concetto di massa nella fisica moderna.

Prendiamo per esempio il protone, uno dei mattoni fondamentali a scala subatomica della materia che vediamo attorno a noi. Sappiamo che nel protone, ci sono 3 quarks (chiamati “di valenza”) tenuti insieme dall’interazione forte. Potrà risultare sorprendente a molti che la massa dei 3 quarks è solo l’1% della massa del protone. Chi dona il resto della massa al protone sono le interazioni tra i tre quarks: l’interazione forte è infatti responsabile del 98% della massa del protone e quella elettromagnetica del restante 1%. Queste affermazioni fanno subire al concetto di massa una trasformazione strabiliante e lo smaterializzano: nel protone la stragrande parte della massa è dovuta alle interazioni tra i quarks di valenza provocate dalle forze dello Standard Model, e non alle masse stesse dei quarks, i suoi componenti elementari. D’altro canto Einstein ci ha insegnato che massa ed energia sono equivalenti, E = mc2, e quindi non c’è ragione di stupirci.

Facciamo ora il passo successivo chiedendoci: chi dona la massa ai quarks?

Questa domanda, che potrebbe sembrare poco importante nel caso del protone visto il poco rilevante contributo della massa dei tre quarks, è importantissima poiché va in realtà posta per tutte le particelle elementari, e in particolare per i bosoni W e Z che pesano circa cento volte il protone. Per dare una risposta, è necessario aggiungere al Modello Standard un qualche meccanismo, una nuova sostanza, ovvero una nuova particella che interagendo con questa sostanza generi le masse. Questo è il bosone di Higgs.

Come vedremo più volte nel seguito, in meccanica quantistica il vuoto non è affatto vuoto, ma può essere popolato da una infinità di coppie virtuali particella-antiparticella. Il concetto stesso di vuoto va quindi rivisto e ridefinito come lo stato di minima energia di un sistema. Con la scoperta del bosone di Higgs abbiamo dimostrato la congettura secondo la quale la configurazione di minore energia che la natura cerca e in cui si installa non è quella di uno spazio completamente vuoto, ma quella in cui tutto lo spazio è riempito di un campo di forza prodotta da un numero incommensurabile di bosoni di Higgs. Attraversando questa sostanza che impregna tutto lo spazio e che chiameremo “condensato di Higgs”, le particelle elementari[1] interagiscono con essa acquisendo massa e ne sono rallentate, qualcuna di più (le particelle più pesanti, tra cui l’Higgs stesso), qualcuna meno (le più leggere), mentre qualcun’altra ha una natura tale da poter ignorare la sostanza di Higgs e continuare felice il suo viaggio alla velocità della luce (quelle prive di massa).

Questa è molto brevemente l’essenza del meccanismo di Higgs.

Non è semplice visualizzarlo e comprenderlo, il meccanismo di Higgs, né tantomeno misurarlo. Ma finalmente, dopo decenni dalla sua iniziale congettura, ne abbiamo le prove sperimentali. Sebbene ora possa sembrare una scoperta annunciata vista la sua necessità, semplicità e bellezza nel completare il Modello Standard, ci si potrebbe chiedere se ne sia valsa la pena di affrontare l’enorme sforzo che è costato all’umanità, in termini di anni di lavoro di migliaia di talenti scientifici e tecnologici, così come in termini economici. Essendo la verifica sperimentale l’essenza stessa della scienza galileiana la risposta è ovvia. Non solo. Oltre all’enorme passo avanti appena compiuto della conoscenza umana, l’LHC ci permetterà anche di investigare su una serie di interrogativi che la teoria stessa solleva. Il primo è quello della gerarchia delle forze. Ma prima di affrontare questo argomento abbiamo bisogno di discutere un po’ più a fondo il concetto di vuoto quantistico.

 

 

 

  1. Le fluttuazioni del vuoto quantistico e la massa delle particelle elementari

Come già accennato, sappiamo da decenni che il vuoto in teoria dei quanti è in realtà molto popolato. Accade che dal vuoto possano generarsi coppie virtuali particella-antiparticella che violano la conservazione dell’energia prendendo in “prestito” una quantità di energia ∆E; ciò è permesso purché poi le coppie virtuali svaniscano entro un tempo ∆t tale che la diseguaglianza di Heisenberg (∆E∙∆t < h, dove h è la costante di Planck) sia rispettata (è come se qualcuno prelevasse i miei soldi in banca, li cambiasse in banconote di taglio diverso per poi ridepositarli sul conto prima che io possa accorgermene). A causa di queste fluttuazioni quantistiche del vuoto che creano eccessi locali di energia, il condensato di Higgs è tutt’altro che una sostanza immutabile, a densità costante. Bensì esso fluttua, e in maniera rilevante, in densità. Se però la densità del condensato di Higgs aumenta, anche la massa che viene donata alle particelle elementari che lo attraversano, e in primis agli stessi bosoni di Higgs, aumenta. Dai calcoli dei miei colleghi teorici risulta che le fluttuazioni della densità del condensato di Higgs sono proporzionali alla massima fluttuazione ∆E di energia, che può essere elevatissima. Di conseguenza la densità del condensato di Higgs calcolata diventa talmente alta da far incontrare tantissima resistenza alle particelle elementari che lo attraversano (e, di nuovo, allo stesso bosone di Higgs), con la conseguenza di donare loro una massa elevatissima. La teoria, e cioè il Modello Standard, a questo punto si trova in crisi, poiché le masse delle particelle elementari che misuriamo in laboratorio non sono poi così elevate come ci si aspetterebbe dall’analisi delle fluttuazioni quantistiche del vuoto.

 

 

 

  1. La gerarchia tra le forze

Non solo. C’è un altro aspetto altrettanto importante: l’altissima densità del condensato di Higgs costringerebbe i bosoni vettori W e Z, che trasportano l’interazione debole, a percorrere distanze molto minori. Ciò corrisponde a ridurre le distanze alle quali l’interazione debole può essere sentita. I calcoli mostrano che tali distanze fondamentali dell’interazione debole (che noi in gergo chiamiamo “scale di lunghezza”) risulterebbero altrettanto piccole della scala di lunghezza dell’interazione gravitazionale, che noi percepiamo debolissima, la cosiddetta scala di Planck.

In tale contesto si manifesta il secondo problema del Modello Standard. Infatti, a dispetto delle considerazioni appena fatte, misuriamo una grandissima differenza tra le due scale di lunghezza (ben 10-17, cento milioni di miliardi, un fattore enorme). Questo rompicapo dello Standard Model è chiamato “problema della gerarchia”: osserviamo cioè una chiarissima gerarchia tra le scale di distanza fondamentali (e di conseguenza l’intensità) della forza debole e gravitazionale, che non è spiegabile dal Modello Standard.

Perché allora il condensato di Higgs ha densità tale da generare le masse che conosciamo nonostante il tentativo delle coppie di particelle virtuali di renderlo densissimo e fare aumentare vertiginosamente le masse?

Come certamente avrete già sospettato la risposta non può venire dal Modello Standard. Abbiamo bisogno di qualcosa in più, di una nuova teoria che permetta di risolvere questo problema preservando al contempo le preziosissime caratteristiche del Modello Standard che permettono di descrivere il nostro universo alle energie e scale di lunghezza che abbiamo finora studiato in laboratorio.

Come uscire da questa impasse?

 

 

 

  1. Principio (troppo) antropico

Va innanzitutto rilevato che il problema della gerarchia non è stato posto successivamente alla scoperta del bosone di Higgs. Molto prima, e ancora prima del completamento del Modello Standard, i fisici teorici già si erano resi conto di questa inconsistenza.

Certo, una possibile spiegazione potrebbe essere che la densità del condensato di Higgs sia in realtà anch’essa elevatissima, tale da compensare l’altrettanto elevata densità dovuta alle particelle virtuali. Ma questa è per l’appunto una delle tantissime possibilità. Una tra miliardi di miliardi. E pertanto è molto improbabile che sia così.

Ci sono qui due scuole di pensiero.

C’è chi pensa che qualcosa di altamente improbabile possa essersi realizzata in natura e, una volta accaduto, abbia generato la fisica così com’è, che ha poi generato la chimica, e di seguito la biologia che troviamo sul nostro pianeta, e infine l’uomo. Questo è il principio antropico: un evento, sebbene molto improbabile, ci ha portato fin qui e noi, uomini creati in conseguenza di quell’evento, lo osserviamo. Quindi non dobbiamo essere per nulla stupefatti di confrontarci con eventi molto poco probabili.

La maggior parte dei fisici però non si accontenta di una tale spiegazione, e cerca invece di trovare una ragione ai fenomeni che osserva. Questo secondo approccio ci costringe a elaborare nuove teorie e a dare libero sfogo alla fantasia, sebbene sempre nel contesto di un rigorosissimo trattamento matematico. Una delle varie teorie elaborate in questi ultimi decenni e forse la più gettonata, la supersimmetria, ci consente di spingerci al di là di quello che conosciamo del nostro universo fisico risolvendo al contempo non solo il problema della gerarchia delle scale, ma anche quelli dell’unificazione delle forze e della materia oscura.

 

 

  1. L’importanza delle simmetrie e di … SUSY

Il successo del Modello Standard delle particelle elementari nel descrivere tutti i fenomeni sinora misurati nei laboratori del pianeta proviene dall’utilizzo della meccanica quantistica e delle simmetrie, in particolare delle cosiddette “simmetrie locali di gauge” che sono le colonne portanti del Modello Standard. Sebbene non abbiamo qui spazio per elaborare, è essenziale menzionare brevemente le simmetrie e metterne in evidenza l’importanza, visto che la loro applicazione alle interazioni elettromagnetiche, deboli e forti[2] ci ha permesso di descrivere le particelle elementari e la loro fenomenologia. Come le particelle reali anche quelle virtuali, che ci mettono in crisi, sottostanno alle leggi di simmetria. Una possibile chiave di lettura del problema della densità del condensato di Higgs può essere trovata se si riflette sul fatto che essa non è controllata da nessuna legge di simmetria. Essa è quindi libera di comportarsi in maniera selvaggia, facendo divergere i calcoli teorici. Intuiamo allora una possibile soluzione del problema: se l’imposizione di una legge di simmetria è lo strumento potente che ci permette di descrivere il mondo delle particelle elementari in tutte le sue sfaccettature, perché non provare a introdurre una nuova e superiore simmetria che permetta di risolvere il problema della gerarchia tra le interazioni fondamentali? Ciò è stato fatto negli ultimi decenni, introducendo la cosiddetta supersimmetria (anche detta SUSY, acronimo dell’inglese SUperSYmmetry). Questa teoria ipotizza l’esistenza di una superparticella partner per ogni particella elementare del Modello Standard. Come vedremo questa ipotesi ha molte conseguenze.

La prima è che la produzione di ogni coppia di superparticelle virtuali genera una variazione della densità del condensato di Higgs uguale a quella prodotta da una coppia delle particelle virtuali (non supersimmetriche) corrispondenti, ma di segno opposto. Il risultato consiste pertanto nella “magica” sottrazione dei grandi contributi di cui abbiamo bisogno per ristabilire una densità del condensato di Higgs tale da produrre le masse osservate, senza ricorrere al principio antropico.

Ma questa non è l’unica risposta che questa superba teoria è in grado di fornirci.

 

  1. Le unificazioni come passi essenziali verso la conoscenza

Nella storia della scienza si sono alternate grandi rivoluzioni contraddistinte da momenti di rottura, come nel caso delle teorie einsteniane della relatività ristretta e generale, e grandi momenti di sintesi come nel caso delle unificazioni. Isaac Newton, per esempio, riuscì a unificare tutti i fenomeni meccanici conosciuti utilizzando solo tre leggi. Mirabile fu l’unificazione dell’elettricità e del magnetismo compiuta da James C. Maxwell alla fine del XIX secolo: egli riuscì a descrivere con quattro equazioni tutti i fenomeni elettromagnetici e predisse l’esistenza delle onde elettromagnetiche il cui utilizzo quotidiano tanto influenza la nostra vita. Tentare l’unificazione di fenomeni noti in fisica può quindi essere uno strumento molto importante e una guida verso una più profonda conoscenza.

Una delle ragioni per le quali la supersimmetria è vista con molta fiducia è dovuta al fatto che essa potrebbe rappresentare la chiave di volta per l’unificazione delle tre forze del Modello Standard: l’elettromagnetica, la debole e la forte. Infatti, ancora una volta a causa delle coppie virtuali particella-antiparticella, quelle che per motivi storici ancora chiamiamo “costanti di accoppiamento” (e cioè l’intensità con cui per esempio due cariche elettriche si attraggono) non sono in realtà più costanti, ma dipendono dalla scala di lunghezza esaminata o, equivalentemente, dalla scala di energia. Questa è una prerogativa di tutte e tre le forze descritte dal Modello Standard. Se però proviamo a estrapolare le “costanti” di accoppiamento delle tre interazioni verso valori altissimi di energia, purtroppo troviamo che non si incontrano in un punto, ma si incrociano in punti diversi. Questo significa che il Modello Standard non prevede che le tre forze si unifichino a grande energia.

Tale risultato ci lascia un po` delusi e insoddisfatti. Di conseguenza, circa venti anni fa, si è provato a fare la stessa estrapolazione ma in presenza della supersimmetria. Con sorpresa, si è trovato che in tal caso le tre forze si “unificano” ad alti valori d’energia. Questo risultato, che va sottolineato non è una predizione teorica rigorosa, fa pensare che si sia in presenza della teoria corretta in grado di estendere il Modello Standard verso nuovi fenomeni ancora da scoprire. Ciò dà più fiducia ai fan della SUSY e ancora più impeto alle nostre ricerche.

 

  1. Alla disperata ricerca del neutralino

Uno dei risultati più importanti della scienza contemporanea è la connessione tra il mondo delle particelle elementari e la cosmologia. Gli enormi recenti progressi nel campo della cosmologia sono avvenuti grazie all’invio nello spazio di strumenti scientifici sempre più raffinati. Negli ultimi 20 anni, una serie di esperimenti (tra cui COBE, WMAP e il recente PLANCK) hanno fornito dati sempre più precisi sulla composizione del nostro universo. Il risultato è a dir poco sconvolgente. Troviamo che la materia che vediamo e di cui siamo a conoscenza (stelle, pianeti, nubi interstellari) dà conto solo del 5% circa di quello che compone l’universo. Il resto è mistero. E questo mistero è solo in minima parte diradato dai dati già in nostro possesso che ci dicono che il restante è composto per il 27% da materia e per il 68% da energia. Questo ignoto 95%, noi lo chiamiamo “oscuro”: materia oscura ed energia oscura.

È incredibilmente stimolante sapere che il Modello Standard, questo sublime costrutto teorico che spiega tutte le nostre osservazioni di laboratorio, non rappresenta che un misero 5% del nostro universo. Infatti, questo significa che abbiamo tutte le ragioni per cercare una teoria al di là del Modello Standard, che ci permetta di descrivere e capire l’ignoto.

Sebbene non ci aspettiamo che l’LHC sia in grado di illuminarci sulla energia oscura, questa energia misteriosa che fa accelerare l’espansione dell’universo, abbiamo fondate speranze che il nostro acceleratore possa aiutarci a risolvere il mistero della materia oscura.

Solo due tra le varie ipotesi formulate per spiegare la presenza della materia oscura sono sopravvissute al rigoroso scrutinio degli ultimi 20 anni. La prima ipotesi è che ci siano una gran quantità di buchi neri formatisi quando il nostro universo era molto giovane. La seconda è che ci sia una particella a noi ancora sconosciuta. Una particella pesante (in modo da spiegare la grande massa mancante), stabile (altrimenti non sarebbe presente in così grande quantità poiché già decaduta) e neutra (altrimenti emetterebbe luce). La buona notizia per l’LHC è che la supersimmetria prevede proprio una particella con tutte queste caratteristiche, il neutralino, che dovrebbe avere una massa alla portata dell’acceleratore. Inutile dire che al CERN siamo alla disperata ricerca del neutralino. Abbiamo cercato con tutte le nostre forze le sue tracce e quelle della supersimmetria nei dati acquisiti finora. Aspettiamo con grande ansia il 2015, quando i protoni dei fasci dell’LHC avranno una energia quasi doppia rispetto a quella passata e pertanto nuove e più pesanti particelle potrebbero essere generate dalle collisioni.

 

  1. Spazio-tempo in 11 dimensioni

La fertile fantasia dei fisici teorici ha formulato molte ipotesi per superare i limiti del Modello Standard. Ipotesi che vanno vagliate con l’LHC. Torniamo per un attimo al problema della gerarchia tra le forze e consideriamo le conseguenze dell’ipotesi che ci siano altre dimensioni spaziali oltre alle tre che percepiamo.

Sebbene sia pressoché impossibile da visualizzare, questa estensione dello spazio oltre la nostra percezione sensoriale è piuttosto semplice da descrivere matematicamente. Quello che abbiamo imparato dalle nostre equazioni è che, poiché si propagherebbe anche nelle extra-dimensioni, la forza gravitazionale diminuirebbe molto più velocemente al crescere della distanza di come noi la misuriamo in 3D, così come aumenterebbe molto più rapidamente al diminuire della distanza. Alle piccolissime distanze che possiamo studiare con l’LHC, la gravità diventerebbe quindi della stessa intensità della forza debole, risolvendo così il problema della gerarchia.

I colleghi teorici ci dicono che queste extra-dimensioni spaziali dovrebbero essere compatte, cioè non infinite come quelle che conosciamo, ma arrotolate su se stesse. In esse potrebbe essere immagazzinata gran parte della gravità e forse anche dell’energia oscura[3]. Seppure bizzarra, una tale ipotesi non deve affatto sorprenderci visto che Einstein quasi un secolo fa ci meravigliò con l’introduzione di uno spazio che può curvarsi, piegarsi e proprio in base a queste caratteristiche concepì una formulazione più completa della gravità. Orbene, le più recenti misure ci dicono che queste extra-dimensioni sono inferiori a qualche decina di micron, e quindi potrebbero essere alla portata dell’LHC.

Nella descrizione di questi spazi multi-dimensionali che sfuggono alle nostre capacità sensoriali, la matematica spesso ci precede e ci fa da guida. Per esempio, è stata formulata una congettura secondo la quale la gravità formulata in uno spazio-tempo a 5 dimensioni può essere del tutto equivalente a uno spazio-tempo a 4 dimensioni in cui le simmetrie di gauge locali descrivono il comportamento delle particelle e delle forze. Quest’ultimo è proprio il nostro mondo, la nostra realtà.

A questo punto è importante notare che, così come ai primi del Novecento fu assodato il dualismo onda-corpuscolo per mezzo della meccanica quantistica e in questi decenni, con il meccanismo di Higgs, è stato portato a compimento quello tra massa ed energia d’interazione, questa congettura propone l’equivalenza tra extra-dimensioni e forze in quanto manifestazioni diverse della stessa realtà fisica. Tali astrazioni, che la matematica più dei nostri sensi ci consente, fanno emergere connessioni complesse che ci restituiscono nuove e più complete descrizioni della realtà. Tutte da verificare con l’LHC e con altri programmi scientifici d’avanguardia.

Nell’introdurre il concetto di massa della fisica moderna, abbiamo detto che il 99% dell’energia di un protone è dovuto all’energia di attrazione tra i suoi componenti elementari, i quarks. Dovremmo però chiederci che cosa sono i quarks e porci la stessa domanda per tutte le altre particelle che oggigiorno chiamiamo elementari e a cui il meccanismo di Higgs si applica. La teoria delle stringhe, che purtroppo non abbiamo qui lo spazio per discutere, risponde a questo quesito considerando uno spazio-tempo con 11 dimensioni.

 

  1. Due conclusioni

L’energia di funzionamento e l’intensità delle collisioni dei fasci dell’LHC sono stati progettati non solo per scoprire la particella di Higgs, ma anche e soprattutto per esplorare domini energetici che possano aprire alla nostra conoscenza nuovi mondi. Mondi supersimmetrici. Mondi contenenti extra-dimensioni spaziali. O forse qualcosa di non ancora ipotizzato. L’esplorazione con l’LHC di queste possibilità è appena iniziata. L’acceleratore e i suoi esperimenti sono al momento in pausa tecnica per la messa in opera di piccole modifiche che permetteranno di produrre e di studiare nei dettagli e con grande efficienza collisioni di energia doppia rispetto a quelle già ottenute.

Da questi nuovi dati, disponibili a partire dal 2015, ci aspettiamo non solo di completare e raffinare lo studio del bosone di Higgs ma anche di avere accesso per la prima volta a questi nuovi mondi. Ciò significherà rimettere in discussione il concetto di spazio-tempo e il presente paradigma delle forze e delle simmetrie di gauge che governano i principi fondamentali della natura e che sono descritte dal Modello Standard.

Vorrei terminare questo lungo discorso con due riflessioni.

L’LHC è costato circa 6 miliardi di Euro. Quali saranno le conseguenze di queste ricerche nella vita di tutti i giorni e quando saremo in grado di trarne vantaggio?

Sinceramente, non ne ho idea. Sono però fermamente convinto che l’umanità non possa fare investimenti migliori della ricerca scientifica di base, in tutti i campi, non solo in fisica.

Quando, venti anni dopo la predizione di Maxwell, H. Herz (un genio assoluto della sua epoca) riuscì a produrre e rivelare le onde elettromagnetiche, gli fu chiesto cosa queste nuove onde significassero e quali applicazioni potessero avere. Rispose che non avevano una grande importanza e che non prevedeva alcuna applicazione pratica.

Infine, confinati nelle nostre tre dimensioni spaziali e in quella temporale, noi viviamo nella necessità di visualizzare le cose nello spazio e posizionarle nel tempo. La percezione dei fenomeni viene dalle nostre capacità sensoriali e, sebbene tali capacità siano sempre più rivoluzionate e aiutate dalla tecnologia, la fisica delle particelle è oramai arrivata a un livello di astrazione matematica e cerebrale che forse pone nuovi problemi nell’inquadramento del progresso e dei concetti di questa scienza nelle altre discipline che storicamente l’hanno seguita e discussa. È divenuto difficilissimo per pochi uomini organizzare e mettere ordine nella conoscenza avanzata: infatti, non c’è un fisico delle particelle che domina tutta la fisica delle particelle, un biologo la biologia, un elettronico l’elettronica. Le intere comunità sono le depositarie del sapere.

Di fronte a un livello di conoscenza della civiltà moderna così vasto e in rapida estensione, la filosofia — e non solo la filosofia della scienza — è anch’essa di fronte a una sfida.

 


[1] In assenza del condensato di Higgs tutte le particelle si muoverebbero alla velocità della luce.

[2] Un caso a parte è quello dell’altra forza fondamentale, la gravità, che non si è riuscito ancora a conciliare con la meccanica quantistica. Nonostante ciò, anche per la gravità le simmetrie sono essenziali. Esse sono state applicate allo spazio-tempo, e non alle interazioni, per ottenere la descrizione einsteiniana della gravità.

[3] La connessione tra extra-dimensioni ed energia oscura è stata oggetto di molti studi teorici che finora non hanno dato risultati positivi.

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