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Abstract
Form and Philosophy: A Dialogue between Science, Technology and Aesthetics
In this paper, I explore the evolution of the concept of organic form and morphology in the scientific and philosophical context, with a focus on its reemergence in the 21st century. After initially being excluded from neo-Darwinian evolutionary theory, morphology has regained centrality through clusters of excellence in Germany that reinterpret and expand Johann Wolfgang von Goethe’s definition of form. During the 20th century, morphologists redefined their field, abandoning historical and phylogenetic explanations and adopting engineering approaches. Morphology is now conceived as an interstitial and transdisciplinary enterprise between biology, engineering, and literature. This has led to a redefinition of the internal structure of morphology and its relationships with other disciplines. Philosophy rediscovers the concept of form, seeking theoretical bases for understanding the dynamics of organic, technical, and aesthetic forms. The article emphasizes that morphology should be regarded as a common, transdisciplinary effort, a point of contact between different disciplines, and raises key questions about the philosophy of form in the context of the new techno-scientific challenges of the 21st century.
Negli ultimi decenni, le nozioni di forma organica e morfologia – un campo d’indagine storicamente associato allo scrittore, scienziato e filosofo settecentesco Johann Wolfgang von Goethe (1749-1832) – hanno furtivamente riassunto un ruolo centrale in diverse discipline scientifiche[1]. Sebbene lo studio della forma organica sia stato apparentemente escluso dal palcoscenico principale della teoria evolutiva e delle scienze biologiche durante la seconda metà del XX secolo, poiché la morfologia era considerata una scienza descrittiva e accessoria incapace di contribuire alla sintesi neodarwiniana dell’evoluzione[2], i concetti e gli approcci morfologici sono stati ora riportati sul palcoscenico centrale della scienza del XXI secolo.
Ad esempio, in Germania sono stati istituiti diversi cluster di eccellenza interdisciplinari per indagare l’enigma e il potere delle trasformazioni formali. Questi cluster richiamano ed espandono la definizione di forma di Goethe e dei romantici.
Seguendo le idee di Goethe, alla fine del XIX secolo la morfologia era considerata dalla maggior parte dei biologi come «la prima scienza evolutiva»[3] per il suo ruolo fondamentale nell’analisi e nella comprensione dei cambiamenti evolutivi nel tempo[4]. Nel corso del XX secolo, spinti dall’esclusione della morfologia dalla cosiddetta sintesi moderna dell’evoluzione, diversi morfologi e morfologhe divennero sempre meno interessati a fornire spiegazioni storiche e filogenetiche. Persero l’interesse a disegnare alberi filogenetici o serie di forme, pur continuando a elevare Goethe a loro patrono. Nel ridefinire ed espandere il loro spazio disciplinare di conoscenza, questi scienziati e scienziate hanno iniziato ad adottare nuove tecnologie e a sviluppare i cosiddetti approcci ingegneristici allo studio dell’evoluzione.
La maggior parte dei morfologi e delle morfologhe del XX secolo ha così sottoscritto l’appello goethiano a fondare la morfologia. Questo appello, però, si è trasformato negli ultimi cinquant’anni. Ciò che i biologi e le biologhe hanno accettato e difeso con fermezza non è più l’idea di Goethe di fondare la morfologia come scienza indipendente. Piuttosto, la morfologia è stata re-immaginata come una metodologia transdisciplinare al confine tra biologia, ingegneria e letteratura. Nel corso del XX secolo, gli scienziati e le scienziate hanno smesso di concepire la morfologia come un campo di indagine distinto, collocandola invece all’intersezione di spazi di produzione della conoscenza diversi e talvolta in conflitto tra loro. La morfologia è penetrata in diversi campi disciplinari, ponendo così una serie di domande transdisciplinari su quali «forme sono teoricamente immaginabili»[5], come D’Arcy Thompson scrisse facendo eco a Goethe quasi un secolo dopo. In breve, lo studio della forma si colloca tra i confini disciplinari stabiliti, non al loro interno. È un esempio di quella che ho definito «impresa interstiziale»[6].
Questo punto ha due implicazioni principali. In primo luogo, la morfologia dovrebbe essere considerata uno sforzo comune, interstiziale nella sua costituzione. La scienza della forma diventa un punto di contatto concreto e pratico tra diverse discipline, piuttosto che una nozione metafisica. In secondo luogo, l’idea che le indagini morfologiche siano un’impresa comune che si colloca tra i confini disciplinari stabiliti implica anche un rimescolamento della struttura interna della morfologia e di come essa si rapporti alle altre discipline.
Quindi, all’interno delle discipline biologiche, sono stati proposti nuovi programmi di ricerca per indagare esplicitamente ciò che negli ultimi decenni è stato squalificato in biologia: il concetto stesso di forma organica. Ad esempio, secondo il biologo evoluzionista austriaco Gerhard Müller, «la biologia evolutiva dello sviluppo (evo-devo) è emersa come campo di ricerca distinto all’inizio degli anni ‘80 per affrontare la profonda negazione dello sviluppo nel quadro della sintesi moderna standard della teoria evolutiva, una carenza che aveva causato difficoltà nello spiegare le origini della forma organismica in termini meccanicistici»[7]. Inoltre, i biologi sintetici e i nanoscienziati stanno producendo e manipolando una moltitudine di forme per progettare e controllare la loro possibile genesi[8].
Commentando questi recenti sviluppi in un articolo emblematicamente intitolato Morfogenesi digitale, l’architetto e teorico britannico Neil Leach ha osservato che «l’architettura [...] non è più così preoccupata dello stile e dell’aspetto. È come se fosse emerso un nuovo paradigma [...] gli architetti più contemporanei che operano all’interno del nuovo paradigma morfogenetico possono essere visti più come controllori di processi, che facilitano l’emergere di processi di ricerca della forma dal basso verso l’alto che generano formazioni strutturali»[9].
Inoltre, oltre a favorire la produzione di costruzioni bio-ispirate, la nozione biologica di forma organica sta plasmando l’attuale progresso del design computazionale. Oggi, architetti e designer propongono un passaggio da una nozione modernista di analisi della forma, che enfatizzava la progettazione di forme ben adattate, alla ricerca computazionale, che cerca di stabilire le regole organizzative responsabili della generazione della forma. Infatti, grazie agli strumenti computazionali, gli architetti progettano il codice che guida lo sviluppo delle forme. All’interno di questa prospettiva computazionale, «la forma [diventa] una componente secondaria dell’ambiente e l’ambiente... una complessa rete di influenze»[10]. Questa mossa, come hanno notato gli architetti Achim Menges e Sean Ahlquist, «rappresenta un accumulo di concetti multistrato che vanno dalla teoria dei sistemi e dalla cibernetica, alla morfogenesi e alla biologia dello sviluppo»[11].
Non da ultimo, nel campo della filosofia, si assiste a un ritorno dell’interesse per il concetto di forma. Da un lato, ci sono tentativi di ridefinire l’approccio formalistico kantiano, dall’altro lato, c’è un impegno a comprendere e attuare il ritorno alle cose stesse della fenomenologia[12].
Le domande che guidano questo volume sono quindi incentrate su una filosofia della forma che, da un lato, possa essere utile per comprendere i recenti sviluppi tecno-scientifici e, dall’altro, possa aiutare a ridefinire alcuni aspetti essenziali della filosofia nel XXI secolo: Quali sono le basi teoriche essenziali e qual è la nozione di forma necessaria per generare conoscenza morfologica o tecnica? Quali sono le principali caratteristiche e le radici storico-filosofiche della filosofia delle forme a partire dal XI secolo? Come si sviluppa l’immagine della filosofia quando si considera seriamente la dinamica delle forme organiche, tecniche ed estetiche?
Nel suo testo, Maddalena Mazzocut-Mis discute il cambiamento concettuale nella morfologia come una scienza autonoma e indipendente, in cui la forma non è più solo un involucro, ma una protagonista. Marco Tamborini riflette sulla definizione di forma come costruzione emersa dal dibattito filosofico della prima metà del XX secolo. Simona Chiodo si interroga su quale destino attende la forma artistica quando l’intelligenza artificiale diventa l’artefice di prodotti artistici. Valeria Maggiore analizza il concetto di plasticità, cruciale per l’estetica delle forme e il legame tra forma e informe, sostanza e accidente, necessità e libertà dell’essere. Salvatore Tedesco esamine la prospettiva morfologica di Inger Christensen. Christensen esplora l’indifferenza tra esistenza e non-esistenza, cogliendo l’essenza della forma vivente attraverso una profonda riflessione sulla relazione tra necessità sistematica e libertà poetica. Guido Cusinato, infine, si interroga sul rapporto tra il desiderio di forma inerente all’essere umano che tuttavia è privo di forma esistenziale, ovvero di identità personale.
[1] Si veda M. Tamborini, Entgrenzung. Die Biologisierung der Technik und die Technisierung der Biologie, Meiner, Hamburg 2022; M. Tamborini, The Architecture of Evolution: The Science of Form in Twentieth-Century Evolutionary Biology, University of Pittsburgh Press, Pittsburgh 2022; F. Vercellone, S. Tedesco (a cura di), Glossary of Morphology, Springer, Heidelberg 2020; A. Pinotti, S. Tedesco (a cura di), Estetica e scienze della vita. Morfologia, biologia teoretica, evo-devo, Raffaello Cortina, Milano 2013.
[2] W. Colemann, Morphology in the Evolutionary Synthesis, in The Evolutionary Synthesis: Perspectives on the Unification of Biology, a cura di E. Mayr, W.B. Provine, Harvard University Press, Cambridge 1980; M. Ghiselin, The failure of morphology to contribute to the modern synthesis, in «Theory in Biosciences», 124, 2006, pp. 309–316; M. Tamborini, The Twentieth-Century Desire for Morphology, in «Journal of the History of Biology», 53, 2, 2020, pp. 211–216.
[3] P.J. Bowler, Life’s Splendid Drama: Evolutionary Biology and the Reconstruction of Life’s Ancestry, 1860–1940, The University of Chicago Press, Chicago 1996, p. 17. Se non esplicitamente indicato, tutte le traduzioni sono mie.
[4] O. Rieppel, Phylogenetic systematics: Haeckel to Hennig, CRC Press, New York 2016; M. Tamborini, Series of forms, visual techniques, and quantitative devices: Ordering the world between the end of the 19th and early 20th centuries, in «History and philosophy of the life sciences», 41, 49, 2019, pp. 1–20.
[5] D.W. Thompson, On Growth and Form, Cambridge University Press, Cambridge 1942.
[6] M. Tamborini, The Architecture of Evolution: The Science of Form in Twentieth-Century Evolutionary Biology, cit.
[7] G. Müller, Evo–devo: extending the evolutionary synthesis, in «Nature reviews genetics» 8, 12, 2007, p. 943.
[8] G. Gramelsberger, Synthetic Morphology: A Vision of Engineering Biological Form, in «Journal of the history of biology», 53, 2, 2020, pp. 295–309; M. Tamborini, The Material Turn in The Study of Form: From Bio-Inspired Robots to Robotics-Inspired Morphology, in «Perspectives on Science», 29, 5, 2021, pp. 643–65; M. Tamborini, E. Datteri, Is biorobotics science? Some theoretical reflections, in «Bioinspiration & Biomimetics», 18, 1, 2023, p. 015005; H. Dicks, The Biomimicry Revolution: Learning from Nature How to Inhabit the Earth, Columbia University Press, New York 2023.
[9] N. Loach, Digital Morphogenesis, in «Archtectural Design», 79, 1, 2009, p. 34.
[10] A. Menges, S. Ahlquist, Computational design thinking: computation design thinking, John Wiley & Sons, New York 2011, p. 10.
[11] Ibid.
[12] Rimando a M. Gutmann, Leben und Form: zur technischen Form des Wissens vom Lebendigen, Springer, Wiesbaden 2017; M. Gutmann, M. Tamborini, Schwerpunkt: Technische und organische Form –ein altes neues Problem?, in «Deutsche Zeitschrift für Philosophie», 68, 5, 2020, pp. 705–711; M. Tamborini, Philosophie der Bionik: Das Komponieren von bio-robotischen Formen, in «Deutsche Zeitschrift für Philosophie», 71, 1, 2023, pp. 30-51; K. Liggieri, M. Tamborini, O. Del Fabbro, Technikphilosophie. Neue Perspektiven für das 21. Jahrhundert, Wbg, Darmstadt 2023; M. Tamborini, Technische Form und Konstruktion, in «Deutsche Zeitschrift für Philosophie», 68, 5, 2020, pp. 712–733; G. Gramelsberger, Synthetic Morphology: A Vision of Engineering Biological Form, in «Journal of the History of Biology», 53, 2020, pp. 295-309; E. Franzini, Filosofia per il presente: Simboli e dissidi della modernità, Morcelliana, Brescia 2022; F. Vercellone, Sistemi dinamici. Morfologia come concetto storico, in «Cosmo», 18, 2021, pp. 45–54; F. Vercellone, Le ragioni della forma, Mimesis, Milano 2019; F. Vercellone, S. Tedesco (a cura di), Glossary of Morphology, cit.; S. Tedesco, La costruzione del concetto di omologia e i vincoli materiali della forma, in «Rivista di estetica», 62, 2016, pp. 27–39; M. Tamborini, The Material Turn in The Study of Form: From Bio-Inspired Robots to Robotics-Inspired Morphology, in «Perspectives in science», 29, 5, 2021, pp. 643-655; A. Nordmann, BioTechnology as BioParody–Strategies for Salience, in «Perspectives on Science», 29, 5, 2021, pp. 568–582.