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Una teoria in evoluzione: rileggere l’opera di Erasmus Darwin tra lamarckismo e darwinismo

Autore


Mauro Mandrioli

Università di Modena e Reggio Emilia

insegna Genetica all’Università di Modena e Reggio Emilia

Indice


  1. Erasmus Darwin e l’idea di una natura in cambiamento
  2. Erasmus Darwin e Lamarck: analogie e differenze
  3. Charles Darwin e la Zoonomia
  4. Conclusioni

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S&F_n. 29_2023

Abstract


An Evolving Theory: The Work of Erasmus Darwin Between Lamarckism and Darwinism

The work of the English physician, botanist and poet Erasmus Darwin has repeatedly described as anticipating both Lamarckism and Darwinism. The present analysis is aimed to the analysis of the true contribution of E. Darwin, in order to appreciate its value independently of what has been included in subsequent theories.

A partire dalla fine del Settecento le critiche al finalismo e all’idea della natura come catalogo di forme perfettamente create divennero sempre più ricorrenti[1]. La natura iniziava, infatti, a essere percepita come il risultato di un continuo flusso creativo, in cui le specie non erano fisse, ma erano andate modificandosi nel tempo. L’uomo stesso iniziava a essere visto come un prodotto della natura, non solo perché originatosi allo stesso modo degli altri animali, ma anche perché assimilabile a una sorta di macchina idraulica, il cui funzionamento poteva essere studiato. Tra fine Settecento e inizio Ottocento si inizia, quindi, a intravedere quella rottura con il concetto tradizionale di creazione, che andrà a completarsi con la formulazione delle teorie dell’evoluzione di Jean Baptiste Lamarck (1744-1829) e di Charles Darwin (1809-1882)[2].

Numerosi Autori hanno analizzato e discusso questa fase di cambiamento, focalizzando l’attenzione sull’opera dei tanti filosofi e naturalisti che si occuparono, in modo differente, di materialismo e di origine del pensiero evoluzionistico[3], ma poca attenzione è stata dedicata all’opera di Erasmus Darwin (1731-1801), i cui testi ben dimostrano quella fase di profondo cambiamento che si realizzò tra fine Settecento e inizio Ottocento[4]. Sul finire del Settecento, Erasmus Darwin, noto medico inglese nonché nonno di Charles Darwin, anticipava, nella sezione dedicata alla generazione degli organismi della sua opera Zoonomia, or the Laws of Organic Life (1794-1796), alcuni elementi che di lì a qualche anno sarebbero stati inclusi da Lamarck, in quella che rappresentò la prima proposta di teoria dell’evoluzione[5]. In parallelo, nella sua opera si trovano riferimenti a una rinnovata dimensione del tempo, intenso come età della Terra e antichità della vita sulla Terra, ad attestare come l’idea di evoluzione concretizzata nell’Ottocento avesse già solide basi alla fine del secolo precedente[6].

Rileggere oggi l’opera di Erasmus Darwin (1731-1802) è interessante perché in molti casi il medico inglese non fornisce dimostrazioni di quanto propone, non solo perché la sua opera risulta incentrata più su aspetti speculativi che non sperimentali, ma perché spesso E. Darwin pone all’attenzione del lettore dati e idee non proprie, ma che sono già consolidate e diffuse sul finire del Settecento. Analizzarne quindi oggi l’opera vuole essere un modo non tanto per suggerire l’idea che Erasmus Darwin abbia precorso i tempi, ma per mostrare come la sua opera incarni il desiderio di focalizzare l’attenzione dei suoi contemporanei su alcuni punti di discontinuità tra il sapere naturalistico settecentesco, frutto più della teologia naturale che non di una visione scientifica della natura, e l’idea di una natura in evoluzione che si sarebbe affermata nel secolo successivo[7].

Questa premessa è interessante anche da un punto di visa metodologico, poiché l’opera di Erasmus Darwin diviene una sorta di fotografia di quanto noto a fine Settecento, più che una storia di brillanti anticipazioni. Spesso molti Autori, in particolare nel corso del Novecento, hanno enfatizzato quella che Barsanti ha chiamato la «storiografia dei precorrimenti»[8] ovvero la ricerca di Autori che avrebbero anticipato parti di una teoria o semplici idee (anche solo come approssimazione), che solo nei decenni (o a volte secoli) successivi sono state completamente comprese. Questa visione della storia della scienza riflette l’idea che l’indagine scientifica sia da sempre una impresa razionale e lineare, la cui storia è cosparsa di brillanti scienziati che hanno anticipato elementi che i contemporanei non hanno avuto modo di comprendere.

Sebbene, come vedremo nelle sezioni successive di questo articolo, Erasmus Darwin abbia descritto alcuni elementi che tutti potranno facilmente riconoscere come anticipazione dell’opera di Lamarck, l’intenzione di questa opera non è suggerire che Erasmus Darwin abbia per la prima volta introdotto, ad esempio, l’idea dell’ereditarietà dei caratteri acquisiti, quanto mostrare la diffusione che tale idea aveva già prima di Lamarck. L’opera di Erasmus ci mostra quindi i tanti cambiamenti che erano in atto tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento e che sono stati fondamentali per portare alla formulazione della teoria dell’evoluzione di Lamarck prima e C. Darwin poi.

Erasmus Darwin minò sensibilmente la sensibilità cristiana suggerendo la naturalizzazione dell’essere umano e del suo mondo[9]. Questo processo, oggi concretizzato nello studio del cervello e nella neurobiologia, si propone di spiegare ogni aspetto della nostra vita a partire dagli aspetti naturali della nostra costituzione fisica. Con la proposta di E. Darwin, inizia quindi una transizione per cui quello che siamo è riconducibile al solo dato biologico o, se vogliamo, quello che siamo emerge dal biologico[10]. Questo emergere progressivo della dimensione umana non può che incidere in modo profondo su vari ambiti tipici della religione, tra cui il concetto stesso di anima. Nella proposta di E. Darwin funzioni normalmente attribuite all’anima vengono ridotte/emergono invece dalla sola dimensione corporea biologica[11].

Questo è uno spostamento difficilmente gestibile dalla religione cattolica perché è un punto non mediabile: la naturalizzazione proposta da E. Darwin mette a rischio per alcuni versi la pensabilità stessa del sacro e del religioso. Come scrive Leonardo Paris «la più naturale reazione di fronte a quello che viene percepito come un attacco è la difesa. Si tratta in questo caso di salvare uno spazio per il sacro all’interno di un panorama culturale che a prima vista lo espunge»[12].

Non è quindi sorprendente la pubblicazione di tante confutazioni della Zoonomia, perché «l’istanza neuro-scientifica provoca il cristianesimo in quando fa perdere gli appigli tradizionali di innesto del sacro e del divino inducendolo a un atteggiamento difensivo volto a preservare gli spazi residuali dalla sua intelligibilità»[13]. È però interessante osservare che nel fare questo la religione cattolica ha optato da un lato per uno spostamento verso una marcata interiorità che trova appoggio nelle più svariate forme di spiritualità che l’ha portata talvolta a costruire indebite associazioni con tutto ciò che si oppone a tale riduzione dello spazio del sacro. In altri casi, la scelta è stata di negare la naturalizzazione non come risultato, ma come idea stessa che le capacità conoscitive siano in grado di spiegare processi così complessi, portando verso uno gnosticismo che nulla conosce.

Da E. Darwin a oggi indubbiamente la percezione della naturalizzazione dell’uomo è cambiata e la scienza ha permesso una precisa definizione del posto dell’uomo nella natura. Per assurdo però a essere oggi oggetto di critica di una parte della società è il fatto che la scienza possa essere una cornice unica e autosufficiente per ogni conoscenza e indagine, mostrando un continuo oscillare in ciò che è ritenuto più efficace per rispondere alle necessità della società.

 

  1. Erasmus Darwin e Lamarck: analogie e differenze

L’opera di Erasmus Darwin più rilevante da un punto di vista evoluzionistico è indubbiamente la Zoonomia, che, dopo una lunga fase di scrittura, fu pubblicata in inglese nel 1794, per poi essere successivamente tradotta in tedesco, francese e italiano, quest’ultima edizione venne stampata in sei volumi, curati da Giovanni Rasori tra il 1803 e il 1805[14].

Leggendo oggi questa opera si può osservare in primo luogo che Erasmus Darwin era nei fatti un epigenetista, nel senso che nella sua proposta ogni animale si formava da un filamento (una sorta di spermatozoo), prodotto per secrezione dal sangue del padre. Assorbendo particelle nutritizie, questo filamento aumentava di dimensioni e si differenziava acquisendo nuove e diversificate forme di irritabilità, oltre che di sensibilità, volontarietà e associabilità[15]. Queste proprietà, insieme con la varietà degli stimoli ambientali, producevano, nell’idea di Erasmus Darwin, la diversità delle forme animali[16]. Per altro, coll’acquisto di forme nuove, gli animali sviluppavano anche «nuove sensazioni, nuovi desideri e nuove potenzialità»[17] e saranno questi nuovi tratti a portare alla genesi di ulteriori nuove strutture[18].

Questo primo esempio è interessante da un punto di vista concettuale, perché ci mostra come Erasmus Darwin focalizzasse il proprio interesse non tanto sull’origine delle specie, quanto sul variare delle loro forme nel tempo, forme che andavano modificandosi in particolare nel corso dello sviluppo: «Dal primo loro embrione o rudimento sino al terminar della vita», scriveva Erasmus Darwin, «tutti gli animali vanno subendo perpetue trasformazioni, le quali sono in parte tradotte dai loro propri esercizi, in conseguenza dei loro desideri e delle loro avversioni, piaceri e dolori, irritazioni e associazioni e molte di tali forme e inclinazioni così acquisite sono trasmesse alla prole»[19]. Secondo Erasmus Darwin quindi le leggi di natura avevano dotato gli animali della «capacità d’acquistar nuove parti, accompagnate da nuove propensioni o appetiti, diretti da irritazioni, sensazioni, associazioni, volizioni; e in tal modo aventi la facoltà di continuare a perfezionarsi per attività loro propria e inerente e tramandare il loro perfezionamento di generazione in generazione»[20].

Secondo E. Darwin quindi l’evoluzione di basava sulla capacità di rispondere in modo differente a stimoli ambientali, con la possibilità di tramandare di generazione in generazione eventuali nuove strutture formatesi. A questo il medico inglese aggiungeva anche il fatto che l’anatomia rispecchiava anche regole di uso/disuso, per cui ciò che non serviva veniva perso: «Tutto ciò si vede accadere alla giornata nella metamorfosi del girino che acquista gambe e polmoni quando ne abbisogna e perde la cosa quando non è più utile per servirgli a alcun uso»[21].

Leggendo Erasmus possiamo quindi notare che vari elementi tipici del trasformismo di Lamarck erano in realtà già diffusi alla fine del Settecento sia in Inghilterra che in Francia. Serve, infatti, ricordare che l’opera di Erasmus Darwin venne tradotta in francese solamente nel 1810, ovvero dieci anni dopo la pubblicazione della “Prolusione” (Discours d’ouverture) al corso di Zoologia del 1800, in cui Lamarck anticipava gli elementi di base della propria teoria. E. Darwin non anticipava quindi Lamarck, ma ne condivideva l’interesse per l’idea che i caratteri acquisiti potessero essere trasmessi alla prole a fronte di una loro utilità e di un uso continuato[22].

Leggendo però con maggiore attenzione l’opera del medico inglese si possono osservare alcuni elementi interessanti. Secondo Erasmus Darwin, ad esempio,

un gran bisogno di tutti gli animali consiste nei mezzi di procurarsi alimento; e questo bisogno ha diversificate le forme di tutte le specie degli animali. Per esso il naso del porco si indurì onde poter volgere sottosopra il terreno in cerca di insetti e radici. La tromba dell’elefante è un allungamento del naso oggetto di poter tirar giù i rami degli alberi di cui si ciba senz’aver da piegar le ginocchia. […] Tutte le forme sembrano essere state gradatamente prodotte dai perpetui sforzi degli animali stessi per provvedere al bisogno d’alimento e tramandate alla rispettiva progenie con quel costante perfezionamento che andarono acquisendo nel servire a quegli usi determinati[23].

Secondo E. Darwin quindi il cambiamento deriverebbe da una volontà (o comunque da una azione volontaria) volta a ottenere uno specifico vantaggio, per cui, ad esempio «il falcone e la rondine hanno acquistata gran velocità di volo per tenere dietro alla loro preda […]. E tutte queste parti sembrano essere state formate dal filamento originale stimolato ad agire dai vari bisogni di questi esseri che li hanno, e sui quali è basata la loro esistenza»[24].

Andando a leggere la proposta di Lamarck[25], si può osservare che secondo il naturalista francese, le funzioni proprie degli organismi rispondono sempre alle caratteristiche degli ambienti in cui essi vivono, per cui nuove necessità portano a nuove abitudini che portano alla trasformazione delle strutture. Le nuove abitudini, se mantenute a lungo, possono avere un effetto sull’organismo determinando una alterazione della sua morfologia e struttura. Successivamente i cambiamenti apportati alle nuove abitudini possono essere trasmessi direttamente ai discendenti grazie a una eredità diretta dei caratteri acquisiti. Nella Filosofia Zoologica, Lamarck scrive infatti che

non sono gli organi, o meglio la natura e la forma delle parti del corpo di un animale, che hanno dato origine alle sue particolari abitudini e capacità; ma al contrario sono le abitudini, le modalità di vita e l’ambiente che hanno, con il passare del tempo, regolato la forma del corpo, il numero e lo stato degli organi e, alla fine, le facoltà che l’animale possiede[26].

 

A differenza di Erasmus Darwin secondo cui l’eredità dei caratteri acquisiti riguardava tutti i tratti, inclusi eventi fortuiti come le mutilazioni, per Lamarck, solo se le nuove condizioni di vita che hanno indotto una variazione sono mantenute per un numero sufficientemente elevato di generazioni, si ha anche che eventuali nuove strutture sono ereditate: «se le nuove abitudini diventano permanenti, gli animali adottano le nuove abitudini che si mantengono tanto quanto le necessità che le hanno determinate»[27]. In Lamarck non si trova quindi l’effetto di una ineffabile volontà dell’animale, quanto un cambiamento indotto dall’ambiente, per cui «le variazioni dell’ambiente inducono cambiamenti nei bisogni, nelle abitudini e nel modo in cui vivono gli esseri viventi […] e queste trasformazioni danno origine a modificazioni o a cambiamenti nello sviluppo degli organi e nella forma delle loro parti»[28]. Per Lamarck quindi non la volontà, ma la funzione di una struttura ne determina la morfologia. Questo punto è interessante in quanto mostra chiaramente che la critica legata alla volontà di cambiamento, solitamente attribuita a Lamarck, è in realtà presente nell’idea di Erasmus Darwin e lo stesso Charles Darwin non percepì questa differenza, quando vide nell’opera del nonno una anticipazione della proposta Lamarckiana[29].

Un ulteriore elemento di interesse presente nell’opera di Erasmus Darwin è legato alla progressiva “scoperta” del tempo dell’evoluzione, nel senso che non solo la Terra, ma anche la vita sulla terra acquistano dimensioni temporali non più spiegabili in millenni, ma in «milioni di secoli»[30], così come iniziano a svilupparsi ipotesi legate alla medicina e alla psicologia, per cui ogni vivente diviene un sistema di organi il cui funzionamento è permeabile all’ambiente, così come l’uomo non è più progressivamente guidato da una anima incorporea, ma da interazioni tra il proprio cervello e una molteplicità di agenti naturali. L’opera di Erasmus Darwin si inserisce quindi in una idea, che iniziò a diffondersi alla fine del Settecento, che suggeriva una teoria federativa dell’organismo, concepito come una unità decentrata e aperta, sviluppata dai medici e fisiologi Xavier Bichat (1771-1802), Paul-Joseph Barthez (1734-1806) e Pierre Jean Georges Cabanis (1757-1808), oltre che da Antoine-Louis-Claude Destutt de Tracy (1754-1836) e Marie-François-Pierre Gonthier de Biran (1766-1824), che analizzarono il comportamento umano anche in termini di azioni istintive e inconsce. La Zoonomia contiene, infatti, numerosi riferimenti alla psicologia e, come scrisse anche Charles Darwin in La vita di Erasmus, Erasmus Darwin avrebbe meritato di essere menzionato come uno dei primi naturalisti, che tentò di stabilire le basi fisiologiche dei fenomeni mentali[31].

Un elemento che, invece, non ha ricevuto grande attenzione è legato al rapporto che emerge nell’opera di E. Darwin tra la biologia di fine Settecento e il cristianesimo. Con la fine del Settecento non solo la Terra e la vita sulla Terra iniziano a discostarsi dalle presunte verità riportate nel libro della Genesi, ma le stesse aspirazioni dell’uomo di essere stato creato a immagine di Dio iniziano a vacillare. L’uomo, solitamente rappresentato nei gradini più elevati della scalae naturae, non ha più né un passato divino, né un futuro radioso. Sebbene Erasmus Darwin venga spesso descritto come ateo, in realtà in più occasioni fa riferimento in diverse sue opere a un Dio creatore. Come ben suggerisce Ursillo[32], in una lettera a Richard Gifford del 4 settembre 1768, Erasmus Darwin scrive che «il Signore dovrebbe compiacersi nel vedere gli uomini esercitare le facoltà che gli sono state donate per indagare le meraviglie delle sue opere». Qui è presente un evidente richiamo alle pagine del libro della Sapienza[33] ad attestare l’assenza di una volontà diretta di Erasmus Darwin di attaccare la religione.

In modo analogo nella sua Prefazione al volume I della Zoonomia, Erasmus Darwin scrive che «il gran Creatore dell’Universo ha diversificate all’infinito le opere della sua mano, ma nello stesso tempo ha impressi in ognuna certi tratti di somiglianza da cui siano avvertiti che tutto il creato è una sola famiglia opera di un solo padre»[34]. Nell’idea del medico inglese quindi il «grande creatore dell’Universo» aveva dotato gli animali «della capacità d’acquistar nuove parti e tramandare il loro perfezionamento di generazione in generazione senza fine»[35].

Un allontanamento da queste visioni religiose si osserva invece in The Temple of Nature[36], opera pubblicata postuma, in cui il medico inglese suggerisce che la vita si sarebbe originata per generazione spontanea portando alla comparsa di animali piccoli e microscopici che si sarebbero poi andati modificando per successive generazioni in un incalcolabile serie di ere.

Lo stesso uomo si sarebbe originato da altri viventi, tanto che E. Darwin non esita a riproporre l’idea secondo cui

la razza umana è stata in precedenza tanto quadrupede quanto ermafrodita e che alcune parti del nostro corpo non sono effettivamente così convenienti per uno stato eretto. Questi filosofi […] sembrano immaginare che la razza umana sia apparsa da una sola famiglia di scimmie. Queste scimmie devono poi aver accidentalmente imparato a usare gli adduttori del pollice, o quel forte muscolo che costituisce la sua sfera, tendendo la punta del dito fino a toccare la punta di tutte le altre dita, una cosa che le scimmie comuni non fanno. In questo modo, nelle successive generazioni, il muscolo deve aver gradualmente incrementato la sua taglia, la sua forza e attività; ed è da un simile perfezionamento nell'uso del senso del tatto che le scimmie hanno acquisito idee chiare diventando, gradualmente, uomini[37].

 

Forse per un compromesso con le proprie idee originali o semplicemente per tentare di arginare la censura, Erasmus Darwin accetta l’idea che l’uomo ospiti un principio vitale di origine divina, ma suggerisce che il medesimo spirito di animazione che caratterizza le funzioni organiche dell’uomo sia presente anche negli animali, così come nelle piante e che da questo derivi la base comune a tutti i viventi attorno al quale il medico inglese costruisce una idea di legge unificante che regola tutti i fenomeni della vito organica[38]. Erasmus, quindi, non solo suggeriva la presenza di capacità intellettive anche negli animali, ma riteneva che esse fossero necessarie per offrire loro quella possibilità di sviluppare e apprendere nuove azioni utili per rispondere in maniera conforme alle proprie necessità: «Qualcuno si potrebbe sentire meravigliato nell’ascoltare la disputa a favore della presenza della ragione negli animali, ma è solo il nostro orgoglio e pregiudizio che non gli concede l’uso di quella facoltà»[39].

 

  1. Charles Darwin e la Zoonomia

Numerosi studi e pubblicazioni sull’evoluzionismo riportano l’indicazione che l’opera di Erasmus Darwin sarebbe stata di ispirazione per il nipote Charles, di cui avrebbe anticipato molte idee nella Zoonomia[40]. Sebbene sia indubbiamente vero che la pubblicazione di E. Darwin contenga svariati suggerimenti legati, ad esempio, al fatto che le specie non sono fisse nel tempo e che l’età della terra deve essere più ampia di quanto molti pensavano a fine Settecento[41], può essere interessante verificare quanto la Zoonomia abbia realmente ispirato l’opera di Charles Darwin partendo dai suoi stessi scritti.

Leggendo quanto scritto da Charles Darwin colpisce che la Zoonomia non sia sostanzialmente citata nella parte introduttiva, intitolata «Compendio storico del progresso delle idee sull’origine delle specie», de L’Origine delle specie, in cui Charles Darwin cita numerosi naturalisti che anticiparono l’idea dell’evoluzione delle specie, tra cui Lamarck, Geoffroy Saint-Hilare, Spencer, Huxley e Wallace. L’opera di Erasmus Darwin non è analizzata in questo contesto, ma è citata semplicemente in una nota, in cui si riporta: «Mio nonno Erasmus Darwin, nella sua Zoonomia (vol I, pp. 500-510) ha anticipato le opinioni di Lamarck con gli stessi errori di impostazione. Quest’opera vide la luce nel 1794»[42]. In questa nota, quindi, Darwin vede le proposte della Zoonomia più in continuità con la teoria dell’evoluzione proposta da Lamarck che non con la propria.

Più spazio trova, invece, l’opera di E. Darwin nel Taccuino B, compilato da Charles Darwin a partire dal mese di luglio del 1837, che inizia con un ampio richiamo alla Zoonomia[43], tanto che il termine “zoonomia” è ben evidente come titolo nella prima pagina del taccuino. In modo diverso da quanto ci si potrebbe aspettare, Charles Darwin usò però l'opera del nonno Erasmus essenzialmente come una sorta di mappa per disporre in modo ordinato le domande cruciali a cui lui stesso riteneva di dover rispondere per formulare una propria teoria evoluzionistica. In queste pagine Charles Darwin prese, quindi, spunto da alcune frasi presenti nella Zoonomia per ragionare sull'isolamento riproduttivo di tipo geografico e sul ruolo che esso poteva avere nell'evoluzione dei viventi, oltre che per interrogarsi su cosa sono le specie e riflettere sul fatto che la perdita di fertilità degli ibridi potrebbe essere la prova dirimente della separazione tra specie. È quindi interessante osservare che Darwin, pur apprezzando quella che potremmo definire la mentalità da filosofo del nonno, usò la Zoonomia come strumento per mettere in ordine le proprie idee più che come punto di partenza del proprio lavoro.

Un rapporto simile con i contenuti della Zoonomia emerge anche nella autobiografia di Charles Darwin in cui il naturalista inglese scrive:

Non ricordo come conobbi il Dottor Grant [il riferimento è a Robert Edmund Grant, n.d.a.], più anziano di me di diversi anni. […] Una volta mentre passeggiavamo insieme, dichiarò la sua entusiastica ammirazione per Lamarck e per le sue idee dell'evoluzione. Meravigliato lo ascoltai in silenzio, ma a quanto oggi posso giudicare, non ne fui molto colpito. Avevo già letto la Zoonomia di mio nonno, ma anche questa non aveva avuto alcun effetto sul mio pensiero. È probabile che l'aver sentito sostenere e lodare quella teoria quando ero molto giovane, abbia preparato il terreno favorevole a quella dottrina che più tardi, in forma diversa, ho sviluppato nell'Origine delle specie. Allora ammiravo molto la Zoonomia, ma quando la rilessi, dopo un intervallo di dieci o quindici anni, rimasti molto deluso, per la grande sproporzione fra l'ampio sviluppo della parte speculativa e l'esiguità dei fatti citati ad esempio[44].

 

Alcuni rimandi alla Zoonomia sono inoltre presenti nella biografia che Charles Darwin scrisse di Erasmus Darwin[45], ma al di là del riferimento a una vaga ispirazione, neppure in questa occasione emerge che la Zoonomia o altre opere de Erasmus abbiano avuto un ruolo importante nell’ispirare l’opera del naturalista inglese.

In una lettera inviata il 29 dicembre 1879[46], Darwin ringrazia C.H. Tindal per avergli inviato un manoscritto (di cui oggi non abbiamo copia), da cui emerge che le idee pubblicate nella Zoonomia risalgono ad almeno 20 anni prima, ad attestare la lunga fase di stesura che questa opera ebbe. Questa lettera è interessante perché attesta che al di là della lettura dell’opera del nonno, Darwin ne rimase poco impressionato tanto da non cercare neppure di capire l’origine delle proposte che Erasmus Darwin formulava nella propria opera.

In modo del tutto analogo, in una lettera invita al medico Thomas Lauder Brunton il 25 aprile 1879, Darwin scrive:

intendo scrivere una nota preliminare per la biografia di mio nonno Erasmus e vorrei includere la sua attività di medico. […] Potrebbe inviarmi qualche informazione su questo tema? […] Ho alcune evidenze del fatto che eminenti medici a lui contemporanei lo stimassero, ma questo non è durato per molto tempo. La Zoonomia è certo che sia stata ampiamente discussa[47].

 

Nella risposta che Brunton invia a Darwin il 26 aprile 1879[48], emerge che Brunton non ha prestato particolare attenzione alla Zoonomia, ma riporta il fatto che, seppure in modo non molto chiaro, Erasmus Darwin aveva anticipato la dilatazione dei vasi sanguigni periferici con conseguente ristagno di sangue a seguito di un colpo di calore e che la loro funzionalità non sarebbe stata recuperata immediatamente dopo l’abbassamento della temperatura. Secondo Erasmus Darwin il calore avrebbe esaurito il potere di irritazione dei capillari cutanei, rendendo quindi impossibili ulteriori risposte[49]. Charles Darwin presenta questo dato come una anticipazione delle scoperte realizzate dal fisiologo Isidor Rosenthal sulla termoregolazione negli animali a sangue caldo[50], ma nuovamente non lo collega ad aspetti biologici legati alla teoria dell’evoluzione.

Una delle lettere più significative sul rapporto tra la teoria di Charles Darwin e la Zoonomia è quella inviata dallo zoologo inglese William Sweetland Dallas a Darwin il 9 maggio 1879. In questa lettera, Dallas (che ben conosceva l’opera di Darwin tanto da aver curato l’indice dell’opera La variazione degli animali e delle piante allo stato domestico pubblicata nel 1868) scrive:

Avete visto quel breve saggio appena pubblicato da Hardwicke & Bogue, intitolato Evolution, old & new di Samuel Butler[51]? Ne ho letto solamente una parte, ma sembra che l'Autore stia scrivendo il panegirico del Dr. Erasmus Darwin e della sua filosofia. Il saggio presenta oltre 20 pagine dedicate alla vita del Dr. Darwin e 40 di esposizione delle sue opinioni e citazioni dalla Zoonomia. Questo non toglie piuttosto vento alle nostre vele?[52]

 

Come si evince da questa lettera, né Darwin né gli altri naturalisti a lui vicini vedevano una continuità tra i contenuti della Zoonomia e quelli dell’Origine delle specie, a ribadire ulteriormente che l’opera di Erasmus influenzò più i suoi contemporanei che non quelli del nipote. Non è da escludere che proprio questi elementi comuni tra la proposta di E. Darwin e quella di Lamarck abbiano portato Darwin a perdere di interesse per l’opera del nonno oppure a evitarne volutamente qualsiasi continuità con il proprio lavoro così da non fornire alcun supporto indiretto alla teoria di Lamarck.

Secondo quanto proposto da altri Autori, Charles Darwin sarebbe, invece, stato principalmente colpito da quanto esposto dal nonno nel suo The Temple of Nature[53]. A seguito di un esame fisico della copia di Charles Darwin di The Temple of Nature, sono emerse 25 annotazioni che Darwin fece nel libro come prova del suo interesse e della sua familiarità con le idee di Erasmus Darwin sul cambiamento delle specie nel corso del tempo. Le annotazioni di Charles Darwin mostrano però un interesse condiviso con il nonno per la selezione sessuale, aspetto che suggerisce una eventuale somiglianza più tra The Temple of Nature di Erasmus Darwin e L'origine dell'uomo di Charles Darwin (1871) piuttosto che richiamare L'origine delle specie, a cui le idee di Erasmus sono più spesso paragonate[54].

Proseguendo l’analisi delle annotazioni, la copia della Zoonomia che C. Darwin ereditò dal padre presenta più volte l’annotazione “Lamarck!” posta dal naturalista inglese, che rimase sorpreso da questi riferimenti, tanto che in una lettera a Thomas H. Huxley del 9 gennaio 1860 scriveva: «È curioso osservare quanto mio nonno (in Zoonomia vol. I, p. 504) abbia dato in maniera accurata ed esatta alla teoria di Lamarck»[55].

Andando invece a esaminare altre opere riferite a Darwin, colpisce il fatto che non vi sia alcun accenno a Erasmus Darwin nella monumentale opera La struttura della teoria dell'evoluzione, pubblicata dal naturalista ed evoluzionista Stephen Jay Gould[56], così come in moltissimi altri libri dedicati alla storia della biologia evoluzionistica[57]. Includere E. Darwin vorrebbe dire dover dare spazio a tantissimi altri Autori, tra cui ad esempio Bernard-Germain-Etienne Lacépède (1756-1825), che hanno rilanciato, con più o meno originalità, aspetti che poi sono diventati parte di una teoria compiuta con Lamarck prima e con C. Darwin dopo. Come suggerisce Barsanti,

alla storia dell’evoluzionismo è pur lecito realizzare un approccio di tipo tradizionale, quello per cui all’edificazione della scienza […] ogni singolo ricercatore è visto portare il suo pur modesto contributo in mattoni. Ma per tale via si giunge spesso a compilare solo un elenco di nomi e di opere, che mancando però della dimensione problematica si inseriscono in una cronaca senza storia […]. Una cronaca magari completa in cui però non sarebbe più possibile tentar di capire perché nella storia della biologia è solo con Lamarck [e con C. Darwin poi n.d.a.] che la teoria dell’evoluzione diviene una ipotesi scientifica controllabile[58].

 

Nel complesso, si può sicuramente affermare che Charles Darwin lesse in più occasioni l’opera del nonno, ma la prima volta quando era probabilmente troppo giovane per esserne seriamente influenzato, e successivamente, in età avanzata, rimanendone deluso per la grande sproporzione fra l’ampio sviluppo della parte speculativa e l’esiguità dei fatti citati come esempi. In realtà, come ben descrive La Vergata,

non solo tali precorrimenti si rivelano poco convincenti, ma la stessa concezione generale della natura che emerge in Erasmus è diversa da quella del nipote. Il suo tentativo di spiegare i fenomeni della vita in termini di un sistema di materia in movimento e la trasformazione degli organismi nei termini di un perpetuo perfezionamento prodotto da leggi impresse negli atomi stessi della materia e il fatto che il suo evoluzionismo consista più che altro in una generalizzazione della sua teoria sulla generazione sono aspetti di una visione della natura che sembra essere piuttosto uno degli ultimi e suggestivi frutti del materialismo illuminista[59].

 

  1. Conclusioni

Leggere oggi Erasmus Darwin ci permette di osservare in primo luogo che alcune idee attribuite a Lamarck non sono in realtà per nulla lamarckiane. Come sostenuto in più opere da Giulio Barsanti[60], Lamarck ha in realtà più volte insistito nel sottolineare il carattere inconscio del processo di modifica. Certamente parte di questa interpretazione può essere estesa anche all’opera di Erasmus Darwin che, come sottolinea Leonardo Ursillo[61], difficilmente pensò che il naso del maiale fosse divenuto più duro a fronte del desiderio dell’animale di avere un naso rigiro, quando dal reiterato uso del naso per scavare il terreno alla ricerca di cibo. Non quindi la volontà di avere il naso indurito, ma la volontà di trovare alimenti, non quindi un atto di volontà coscientemente indirizzato al conseguimento di una qualche trasformazione, ma il desiderio che spinge l’animale a una azione necessaria per la propria esistenza (la ricerca/il desiderio di cibo).

A Erasmus Darwin possiamo quindi riconoscere di avere fatto proprie numerose idee diffuse al suo tempo e di averle organizzate così che fossero più facilmente comprensibili. Come scrisse Charles Darwin nel suo La vita di Erasmus: «Secondo mio padre, Erasmus possedeva un grande talento nello spiegare con facilità qualsiasi argomento difficile, lui stesso attribuiva questo potere alla sua abitudine di parlare sempre di qualsiasi cosa stesse studiando, modificando e modulando l’argomento in accordo con le capacità dei suoi ascoltatori»[62].

Ripensare l’opera di Erasmus Darwin in quest’ultima ottica rende anche meno sorprendente l’eterogeneità degli argomenti trattati dal medico inglese, che spaziano dalla botanica (fondò tra l’altro la Lichfield Botanical Society che curò la traduzione in inglese di alcune opere in latino di Linneo) alla medicina, passando per chimica e fisica, ambito in cui alcuni Autori videro una anticipazione della legge sull’espansione adiabatica dei gas.

In modo analogo, rileggendo quanto Charles ed Erasmus Darwin scrissero anche il legame che li unisce appare meno evidente di quanto spesso suggerito. Questo aspetto non vuole essere ovviamente un modo per ridimensionare l’opera del medico inglese quanto una occasione per renderle merito, attestandole una rilevante importanza indipendentemente dal fatto di essere stata o meno alla base del lavoro di Charles Darwin.

Un aspetto finale è invece metodologico ed è relativo al modo in cui la scienza procede e di conseguenza al modo in cui anche la storia della scienza spesso ne ricostruisce l’operato. Come ben suggeriva La Vergata:

Fare storia della scienza, e in particolare dell’idea di evoluzione, non vuol dire semplicemente disporre in ordine cronologico le tappe che hanno portato alle nostre attuali conoscenze. Non si tratta cioè di fare la biografia dell’attuale biologia evoluzionistica andando a caccia dei precursori di Darwin […]. Non si tratta di montare con cura tanti pezzettini fino a ricostruire un’immagine che conosciamo già nella sua forma definitiva e che ci serve da guida nella ricostruzione. […] Le intricate e complesse linee di sviluppo intellettuale e scientifiche che conducono a quella che è chiamata la sintesi darwiniana non si prestano a una ricostruzione lineare e logica. Che la storia delle dottrine evoluzionistiche si sia svolta secondo vie regie e ben definite è solo una illusione retrospettiva. A causa di questa illusione i motivi evoluzionistici presenti nei naturalisti e nei filosofi del Settecento sembrano come tentativi sbandati e immaturi, intuizioni isolate e imperfette di una idea che, dapprima percepita confusamente, si venne imponendo lentamente, fu formulata compiutamente per la prima volta da Lamarck, ma trionfò solo con Darwin. Ma questa ricostruzione è falsa. La storia dell’evoluzionismo è così complessa che si può ben dubitare che si tratti della storia di una idea. Quello che a noi oggi sembra un concetto relativamente unificato e ben definito […], non è una verità che fu scoperta poco a poco, ma è il risultato di una lunga evoluzione culturale e scientifica che interessò anche campi del sapere che divennero evoluzionistici solo in seguito. […] La storia dell’evoluzionismo è la storia del progressivo sgretolarsi di una secolare immagine del mondo, della concezione secondo cui la natura è una realtà statica e inalterabile. Stabilire in quale campo della cultura questa concezione cominciò a incrinarsi è impossibile, sia perché, a man mano che si va indietro nel tempo, le nostre distinzioni tra questi campi del sapere sfumano, sia perché il movimento che portò all’affermazione di una concezione dinamica della natura fu effettivamente lento e policentrico[63].


[1] G. Barsanti, Teorie dell’evoluzione nell’Ottocento, Le Monnier, Firenze 1980, pp. 3-7.

[2] A. La Vergata, L’evoluzione biologica da Linneo a Darwin, Loescher Editore, Torino 1979, pp. 28-34.

[3] Si veda a questo proposito G. Barsanti, Dalla storia naturale alla storia della natura, Feltrinelli, Milano 1979.

[4] M. Mandrioli, All’origine dell’eredità dei caratteri acquisiti: rileggere Erasmus Darwin e Jean-Baptiste de Lamarck per ricordarne la vera identità, in «S&F_scienzaefilosofia.it», 28, 2022, pp. 26-38.

[5] E.G. Hernández-Avilez, R. Ruiz-Gutiérrez, From one Darwin to another: Charles Darwin’s annotations to Erasmus Darwin’s ‘The Temple of Nature’, in «Humanities & Social Sciences Communications», 10, 2023, p. 143.

[6] Ibid., pp. 28-32.

[7] A. La Vergata, op. cit., pp. 187-199.

[8] G. Barsanti, op. cit., p. 5.

[9] Id., Dalla storia naturale alla storia della natura, cit., pp. 243-247.

[10] N. Garfinkle, Science and Religion in England, 1790-1800: the critical response to the work of Erasmus Darwin, in «Journal of the History of the Ideas», 16, 1955, pp. 376–388.

[11] J. List, Erasmus Darwin's beautification of the sublime: materialism, religion and the reception of The Economy of Vegetation in the early 1790s, in «Journal of Eighteenth-Century Studies», 32, 2009, pp. 389-405.

[12] L. Paris, Le tentazioni del sacro in dialogo con le neuroscienze, in A. Aguti, G. Sandrini, W. Minella, A. Loffi, A. Mazzarello, Quel che resta del sacro, Mimesis, Milano 2022, p. 37.

[13] Ibid., p. 45.

[14] E. Darwin, Zoonomia, ovvero leggi della vita organica (1794-1796), tr. it. Pirotta Editore, Milano 1803-1805.

[15] Ibid., sez. XXXIX, p. 127.

[16] Ibid., sez. XXXIX, p. 139.

[17] Ibid., sez. XXXIX, p. 152.

[18] Ibid., sez. XXXIX, p. 144.

[19] Ibid., sez. XXXIX, p. 152.

[20] Ibid., sez. XXXIX, p. 151.

[21] Ibid., sez. XXXIX, p. 152.

[22] C. Zirkle, The Early History of the Idea of the Inheritance of Acquired Characters and of Pangenesis, in «Transactions of the American Philosophical Society», 35, 1946, pp. 91-151.

[23] E. Darwin, Zoonomia, ovvero leggi della vita organica, cit., sez XXXIX, p. 153.

[24] Ibid., sez. XXXIX, p. 155.

[25] J.B. Lamarck, Filosofia zoologica (1809), tr. it. La Nuova Italia, Firenze 1976.

[26] Ibid., p. 107.

[27] Ibid., p. 126.

[28] Ibid., p. 45.

[29] C. Darwin, Autobiografia (1809-1882) (1887), tr. it. Einaudi, Torino 1962, pp. 30-31.

[30] E.G. Hernández-Avilez, R. Ruiz-Gutiérrez, From one Darwin to another: Charles Darwin’s annotations to Erasmus Darwin’s ‘The Temple of Nature’, cit., pp. 2-3.

[31] C. Darwin, La vita di Erasmus Darwin (1879), tr. it. Mimesis, Milano 2018, p. 159.

[32] Ibid., p. 193.

[33] Sapienza, VII, 17-21: «(17) Egli mi ha concesso la conoscenza infallibile delle cose, per comprender la struttura del mondo e la forza degli elementi, (18) il principio, la fine e il mezzo dei tempi, l'alternarsi dei solstizi e il susseguirsi delle stagioni, (19) il ciclo degli anni e la posizione degli astri, (20) la natura degli animali e l'istinto delle fiere, i poteri degli spiriti e i ragionamenti degli uomini, la varietà delle piante e le proprietà delle radici. (21) Tutto ciò che è nascosto e ciò che è palese io lo so, poiché mi ha istruito la sapienza, artefice di tutte le cose».

[34] Si veda la nota 12 di Leonardo Ursillo presente in C. Darwin, La vita di Erasmus Darwin, cit., p. 156.

[35] E. Darwin, Zoonomia, ovvero leggi della vita organica, cit., sez. XXXIX, pp. 154-155.

[36] E. Darwin, The Temple of Nature, Joseph Johnson, London 1803.

[37] Traduzione dell’Autore da E. Darwin, The Temple of Nature, Joseph Johnson, London 1803, pp. 68-69.

[38] E. Darwin, Zoonomia, ovvero leggi della vita organica, cit., sez. XXXIX, pp. 211-213.

[39] Ibid., sez. XXXIX p 175.

[40] Si vedano ad esempio: E. Loren, Il secolo di Darwin: l’evoluzione e gli uomini che la scoprirono (1958), Feltrinelli, Milano 1975; M.T. Ghiselin Two Darwins: history versus criticism, in «Journal of the History of Biology», 9, 1976, pp. 121-132; R.J. Richards, The meaning of evolution: the morphological construction and ideological reconstruction of Darwin’s theory, University of Chicago Press, Chicago 1992.

[41] G. Barsanti, Teorie dell’evoluzione nell’Ottocento, cit.

[42] C. Darwin, L’origine delle specie (1859), tr. it. Bollati Boringhieri, Torino 1967, p. 76.

[43] C.R. Darwin, Notebook B: [Transmutation of species] 1837-1838, in «Darwin Online», Documento CUL-DAR121, Link: http://darwin-online.org.uk/content/frameset?itemID=CUL-DAR121.-&pageseq=38&viewtype=side, (ultimo accesso: 19/06/2023).

[44] C. Darwin, Autobiografia (1809-1882), cit., pp. 30-31.

[45] Id., The life of Erasmus Darwin, cit.

[46] C. Darwin, Letter no. 12375, in «Darwin Correspondence Project», https://www.darwinproject.ac.uk/letter/?docId=letters/DCP-LETT-12375F.xml (ultimo accesso: 19/06/2023).

[47] Id., Letter no. 12011, in «Darwin Correspondence Project», https://www.darwinproject.ac.uk/letter/?docId=letters/DCP-LETT-2011.xml&query=DCP-LETT-12011 (ultimo accesso: 19/06/2023, trad. mia).

[48] Id., Letter no. 12014, in «Darwin Correspondence Project», https://www.darwinproject.ac.uk/letter/?docId=letters/DCP-LETT-12014.xml (ultimo accesso: 19/06/2023, trad. mia).

[49] E. Darwin, Zoonomia, cit., vol. II, p. 570.

[50] Il riferimento è all’opera di I. Rosenthal, Zur Kenntniss der Wärmeregulirung bei den warmblütigen Thieren, Eduard Besold, Erlangen 1872.

[51] Il riferimento è all’opera di S. Butler, Evolution, old and new: or, the theories of Buffon, Dr. Erasmus Darwin, and Lamarck, as compared with that of Mr. Charles Darwin, Hardwicke and Bogue, London 1879.

[52] W. S. Dallas, Letter no. 12045, in «Darwin Correspondence Project» https://www.darwinproject.ac.uk/letter/?docId=letters/DCP-LETT-12045.xml (ultimo accesso: 19/06/2023, trad. mia).

[53] E.G. Hernández-Avilez, R. Ruiz-Gutiérrez, From one Darwin to another: Charles Darwin’s annotations to Erasmus Darwin’s ‘The Temple of Nature’, cit., p.4.

[54] Ibid., pp. 6-7.

[55] C. Darwin, Letter n. DCP-LETT-2646, in «Darwin Correspondence Project», https://www.darwinproject.ac.uk/letter/?docId=letters/DCP-LETT-2646.xml (ultimo accesso: 19/06/2023, trad. mia).

[56] S.J. Gould, La struttura della teoria dell'evoluzione (2002), tr. it. Codice, Milano 2003.

[57] Si veda ad esempio G. Barsanti, Dalla storia naturale alla storia della natura, cit.

[58] Ibid., p. 246.

[59] A. La Vergata, op. cit., p. 187.

[60] G. Barsanti, Dalla storia naturale alla storia della natura. Saggio su Lamarck, cit.; Id., Una lunga pazienza cieca. Storia dell’evoluzionismo, Einaudi, Torino 2005.

[61] Note all’opera di C. Darwin, La vita di Erasmus Darwin, cit., p. 107.

[62] Ibid., p. 190.

[63] A. La Vergata, op. cit., pp. 13-14.

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