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La teoria dell’evoluzione tra errori e fraintendimenti

Autore


Paolo Amodio - Fabiana Gambardella - Mauro Mandrioli - Vallori Rasini


 

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S&F_n. 28_2022

Abstract


The Theory of Evolution between Mistakes and Misunderstandings

In the late 19th and early 20th century, Charles Darwin’s theory of evolution was at the center of widespread international debate concerning the causes of evolution. The naturalist Julian Huxley called this phase the “eclipse of Darwinism” to indicate the fact that the evolution of living things had been widely accepted in scientific circles, but not all naturalists of the time believed that natural selection and random mutations were the main causes. Historian of science Peter J. Bowler used the same expression to refer to the period between about 1880 and 1920, when there was a stimulating proliferation of alternative explanations for natural selection as the cause of evolution. Although immediately branded as ideas to be rejected, many of the theories proposed at the time (neo-Lamarckism, orthogenesis, vitalism, mutationism) were not only important in consolidating the theory of evolution, but some elements of them later became constitutive of the very theory they were in fact intended to replace.

L’uomo nella sua arroganza si crede un’opera grande, meritevole di una creazione divina. Più umile, io credo sia più giusto considerarlo discendente degli animali.

Ch. Darwin

 

 

Una gran parte delle emozioni più complesse sono comuni agli animali più elevati e a noi.

Ognuno può aver veduto quanta gelosia dimostri il cane se il padrone prodiga il suo affetto a un’altra creatura; e io ho osservato lo stesso fatto nelle scimmie.

Ciò dimostra che non solo gli animali amano, ma sentono il desiderio di essere amati.

Ch. Darwin

 

 

 

 

Non v’è dubbio che tra le interrogazioni fondamentali della riflessione filosofica vi sia da sempre la posizione dell’uomo nel cosmo, e non v’è dubbio che la rivoluzione darwiniana abbia rappresentato il tassello fondamentale per il ri-posizionamento dell’uomo e dei suoi mirabili artefatti, nella natura. Un’intera tradizione che da Pico della Mirandola procede fino a Sartre vuole l’umano come l’ente privo di natura: non ti feci né celeste, né terrestre, né mortale né immortale, sussurra ad Adamo la divinità; e soprattutto non ti vincolai alle rigide leggi naturali cui le altre specie sono sottoposte. L’umano come provetto scultore può, attraverso il dono del libero arbitrio, procedere costantemente a forgiare la propria essenza. Ebbene questo dettato edificante e per molti versi consolatorio viene decostruito a partire dalla nuova impalcatura di pensiero darwiniana: l’umano si presenta a tutti gli effetti come prodotto della natura e la parola prodotto presenta tutti i tratti del perturbante: come il resto dei gradi dell’organico si tratta di materiale altamente plastico, di forme mai prestabilite ma mutevoli, modificabili, a tratti mostruose e dunque selezionabili.

Che la sua teoria avrebbe prodotto scandalo e fraintendimenti, Darwin ne era perfettamente consapevole. Al di là delle questioni di fede e religione, la consapevolezza di Darwin si spingeva sul terreno della scienza stessa. Non a caso, nell’ultima edizione del 1872 de L’origine della specie, lo scienziato sente il bisogno di esprimere le tensioni che da esterne si fanno interne alla sua opera: «Poiché in tempi recenti le mie conclusioni sono state molto travisate, e si è dichiarato che io attribuisco la modificazione delle specie esclusivamente alla selezione naturale, mi sia concesso rimarcare che nella prima edizione di quest’opera, e nelle successive, ho posto nella posizione più appariscente – e precisamente a chiusura dell’Introduzione – le seguenti parole: “Sono convinto che la selezione naturale è stata la causa principale, ma non l’unica, delle modificazioni”. Non è servito a nulla: grande è il potere del travisamento continuo».

Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento la teoria dell’evoluzione di Charles Darwin fu al centro di un diffuso dibattito internazionale sulle cause dell’evoluzione[1]. Il naturalista Julian Huxley definì questa fase “eclissi del darwinismo”[2] per indicare il fatto che l’evoluzione dei viventi era stata ampiamente accettata negli ambienti scientifici, ma non tutti i naturalisti dell’epoca ritenevano che la selezione naturale e le mutazioni casuali ne fossero le cause principali. Lo storico della scienza Peter J. Bowler[3] usò la stessa espressione per indicare il periodo compreso tra il 1880 e il 1920 circa, quando si assistette a uno stimolante proliferare di spiegazioni alternative alla selezione naturale come causa dell’evoluzione.

Sebbene immediatamente bollate come idee da rigettare, numerose teorie allora proposte (neolamarckismo, ortogenesi, vitalismo, mutazionismo) non solo sono state importanti per consolidare la teoria dell’evoluzione, ma alcuni elementi di esse sono poi divenuti costitutivi di quella stessa teoria che volevano in realtà sostituire[4]. Rileggendo oggi queste proposte ci si accorge per un verso che la teoria dell’evoluzione proposta da Darwin è spesso stata oggetto di fraintendimenti e semplificazioni; per l’altro appare particolarmente interessante riconsiderare queste proposte per ricostruirne la genesi e verificarne l’attualità. L’eredità epigenetica, ad esempio, viene spesso indicata come eredità lamarckiana[5], così come nella cladogenesi[6] troviamo elementi tipici della teoria dell’ologenesi.

Lo stesso caso Gould indica precisamente le coordinate nelle quali ogni discorso su Darwin si fa sempre problema. Stephen Jay Gould oppone al metodo, tanto per citare gli esempi più importanti, di John Maynard Smith, Richard Dawkins e Daniel Dennett un approccio pluralista e complesso al fenomeno della vita, pur rimanendo nei laici canoni scientifici e neodarwiniani. Anzi, la sua proposta è quella di tornare  al “vecchio” Darwin, che quanto a pluralità di cause nelle leggi dell’evoluzione avrebbe capito qualcosa in più dei nuovi “tifosi” darwiniani, prima ancora che genetica e biologia cercassero di “totalizzare” il discorso neodarwinista. L’insistenza di Gould sull’exaptation indica precisamente questa strada. E sicuramente vale la pena riportare le sue parole conclusive del testo: «Quindi, i due fenomeni evolutivi che potrebbero essere stati i più decisivi per lo sviluppo di una forma di complessità dotata di coscienza sul nostro pianeta (i lettori perdoneranno una punta di antropocentrismo per un momento ) – cioè il processo iniziale di creare ridondanza genetica e la successiva miriade di conseguenze ineludibili del costruire uno strumento di calcolo tanto complesso quanto il cervello umano – potrebbero essere entrambi esempi di exaptations cominciati come non-aptations, cioè del concetto che finora mancava nella nostra terminologia evoluzionistica. Con esempi come questi, l'argomento non può certo essere considerato poco rilevante! In breve, la codifica dell'exaptation non solo identifica un difetto comune in molti ragionamenti evoluzionistici – l'inferenza automatica della genesi storica dall'utilità attuale – ma focalizza anche l'attenzione sul ruolo negato, ma fondamentale, dei caratteri non-attativi sia nel vincolare sia nel facilitare il percorso dell'evoluzione. Questa argomentazione non è affatto anti-selezionista e vogliamo intendere questo saggio come un contributo al darwinismo, non come una schermaglia in una faida distruttiva. Il tema principale, dopo tutto, è la cooptabilità per la sopravvivenza e per la riproduzione. Gli exaptations sono componenti vitali del successo di ogni organismo»[7].

Il presente Dossier vuole promuovere una rilettura della cosiddetta “eclissi del darwinismo”, per mostrare anzitutto come questo dibattito abbia rappresentato di fatto una fase essenziale per il consolidamento della linea teorica proposta da Darwin; ma anche per sottolineare come, al contempo, quella fase abbia favorito l’insorgere di malintesi e bias interpretativi che hanno limitato a lungo la possibilità di comprendere adeguatamente l’evoluzione dei viventi. Questo Dossier vuole inoltre essere una occasione per riflettere sul modo in cui la teoria dell’evoluzione si è a sua volta trasformata nel tempo, mostrandosi come un ottimo esempio per capire l’importanza del dibattito e del confronto tra posizioni discordanti, anche nell’ambito di settori differenti, per il processo di formazione del sapere scientifico, nonché la rilevanza della ricerca multidisciplinare in ambiti complessi come quello delle scienze della vita.

P.A., F.G., M.M., V.R.


[1] Cfr. E. Mayr, Storia del pensiero biologico (1982), Bollati Boringhieri, Milano 2011.

[2] J. Huxley, Evoluzione. La sintesi moderna (1942), tr. it. Astrolabio Ubaldini, Roma 1966.

[3] Cfr. P.J. Bowler, Charles Darwin: the man and his influence, Cambridge 1996.

[4] Cfr. G. Barsanti, Una lunga pazienza cieca, Einaudi, Torino 2005.

[5] Cfr. O. Rieppel, Atomism, Epigenesis, preformation and pre-existence: a clarification of terms and consequences, in «Biological Journal of Linnean Society», 28, 1986, pp. 331-341

[6] Cfr. V. Savolainen, S.B. Heard et al., Is cladogenesis heritable?, in «Systematic biology», 51, 2002, pp. 835-843.

[7] Stephen J. Gould - Elisabeth S. Vrba, Exaptation. Il bricolage dell'evoluzione, a cura di Telmo Pievani, Bollati Boringhieri, Torino 2008, pp. 48-49.

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