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Abstract
Artificial Intelligence and new Platforms for an incoming Humanism
Artificial intelligence is a research field of computer science that since 1956, when the expression was coined, has produced countless devices capable of performing complex tasks, in some cases, comparable to human performativity. In 1983, Elaine Rich defined artificial intelligence as «the branch of computer science concerned with the possibility of building computers capable of performing tasks that humans currently perform better». Rich’s definition differs from McCarthy’s more challenging definition of AI as «a science and engineering branch aimed at building intelligent machines», because it avoids the hard problem of giving a definition of “intelligence”.
On the other hand, Roger Penrose, pointed out that «true intelligence cannot be presented without consciousness, and for this reason intelligence can never be produced by some algorithm implemented on a computer».
This consideration draws a new idea of artificial intelligence: no longer a mere transposition of human intelligence into a machine, but «a new form of capacity to act» (Luciano Floridi). Faced with the possibilities opened up by this new form of ability to act, «it is up to each one of us to decide how to use our latest invention and choose which future we want to contribute to realizing for the Homo faber in us» (Federico Cabitza).
This Dossier explores some lines of reflection raised by the developments of artificial intelligence that, more and more present in our daily lives and in a future that is just around the corner, announces unprecedented possibilities and new potential risks for sapiens. On the one hand, the moral issues raised by the possible emergence of a Superintelligence capable of self-assigning goals, not necessarily compatible with those of sapiens, on the other hand, the many applications related to social robotics that lead to a critical reconsideration of categories such as care and assistance, work, leisure, etc..
Will the digital era be dominated by robots? Is the utopia of a world freed from drudgery, built around an industry (5.0) that is able to realize the potential inherent in advanced digitization, Big data and artificial intelligence finally upon us? Are the once central distinctions between strong and weak AI still valid? What possibilities are opened up by sectors such as Agrifood, in which artificial intelligence is used in the food manufacturing process? Does the encounter between artificial intelligence and quantum mechanics open up new pathways capable of accelerating the emergence of a Superintelligence? Are we ready to govern a new model of intelligence that is not anthropocentric? What repercussions do the new lines of research of deep learning and machine learning have on the self-representation of sapiens? What new narrative and self-narrative scenarios are unfolding in front of sapiens?
Per parafrasare il vangelo di Giovanni, il Verbo si è fatto macchina, lo spirito soffia anche nell’inorganico e la ragione e il linguaggio, oggettivati in forma di algoritmo, abitano in corpi non umani, creando una «umanità aumentata».
Remo Bodei
Nessuno ne parla in questo modo, ma penso che l’intelligenza artificiale sia quasi una disciplina umanistica. È davvero un tentativo di comprendere l’intelligenza umana e la cognizione umana.
Sebastian Thrun
La cosa triste dell’intelligenza artificiale è che manca di artificio e quindi di intelligenza.
Jean Baudrillard
Prima di lavorare sull’intelligenza artificiale, perché non facciamo qualcosa per la stupidità naturale?
Steve Polyak
Di qualunque cosa si tratti, io sono contro.
Groucho Marx
L’intelligenza artificiale (AI) è un settore dell’informatica che si propone di realizzare sistemi hardware e software in grado di fornire all’elaboratore elettronico prestazioni che tenderemmo ad attribuire solo agli esseri umani. In realtà, già questa definizione appare fortemente problematica. Innanzitutto, pur essendo associata all’informatica, l’AI è «un campo molto vasto», dal momento che la disciplina comprende, al contempo, «la logica, la probabilità e la matematica del continuo; la percezione, il ragionamento, l’apprendimento e l’azione; l’equità, la fiducia, il bene sociale e la sicurezza, oltre ad applicazioni che spaziano dai dispositivi microelettronici ai robot per l’esplorazione planetaria, fino ai servizi online con miliardi di utenti»[1]. Inoltre, con l’acronimo AI (Artificial intelligence) indichiamo oggetti molto differenti, dal Machine learning, al Deep learning, dalla Computer Vision, alla Pattern Recognition, dall’Automated Reasoning, al Game theory, e poi ancora Logics, Multi-Agents, Fuzzy systems, Knowledge representation, Speech Recognition, Natural Language Processing, Cognitive Robotics e tanto altro[2].
In aggiunta a ciò, va evidenziato che anche il riferimento al comportamento umano è questione difficile da districare. Nel 1980 il filosofo inglese John Searle propose la nota distinzione tra una Weak AI e una Strong AI[3], la prima capace di agire come se fosse intelligente, la seconda capace di agire in maniera realmente intelligente. Servendosi, poi, in uno scritto di alcuni anni dopo, dell’argomento della stanza cinese[4], mise in evidenza che nessuna AI avrebbe potuto realmente eguagliare un essere umano, dal momento che quest’ultimo opera a un livello non solo sintattico ma anche semantico, non limitandosi a manipolare simboli, sulla base di un manuale di istruzioni, ma accedendo anche al loro significato. Nell’ottica di Searle, dunque, nessuna intelligenza artificiale potrebbe essere umana essendo nelle cosiddette macchine intelligenti assenti i qualia, cioè una visione della realtà in prima persona, un’interiorità.
Che si accettino o meno le conclusioni di Searle, va sottolineato che, dopo una prima fase in cui la Strong AI sembrava essere, per gli addetti aI lavori, l’obiettivo primario della ricerca, si è passati a una diversa tendenza, in cui l’AI task oriented, di carattere ingegneristico-riproduttivo si è imposta rispetto all’AI cognitivo-produttiva[5].
Tale apparente novità può essere letta nei termini, esplicitati da Luciano Floridi, di un divorzio tra intelligere e agere. L’AI sarebbe, in questa prospettiva, una nuova forma dell’agire più che una riproduzione delle capacità cognitive umane[6].
Partendo da questa idea, in apparenza paradossale, di una AI intelligence-free, si avvia la strutturazione di una piattaforma di comprensione attraverso la quale l’AI non viene né sovradimensionata né sottodimensionata nelle sue prerogative.
Sono molti gli ambiti di applicazione dell’AI, così tanti che ormai si farebbe prima a elencare dove non sia presente.
Essendo ubiqua l’AI solleva numerose questioni, via via che si interseca con ambiti più o meno articolati dell’agere umano, costringendo sapiens a fare i conti con un prodotto del proprio ingenium che retroagendo su di lui, lo ridetermina nelle proprie prerogative e nella costruzione del proprio ubi consistam.
Veicoli a guida autonoma, smart-fridges, armi letali autonome, Big Data e Data mining, nuovi scenari per la privacy, la sorveglianza di massa e la sicurezza, il futuro delle democrazie liberali e le nuove possibilità offerte ai regimi autoritari, i diritti dei robot, la sicurezza dell’AI e il suo impiego in contesti di cura e assistenza, il futuro del lavoro, sono soltanto alcuni degli items intorno ai quali si sviluppano i pluristratificati sentieri dell’Intelligenza artificiale.
In gioco tante questioni, come già profeticamente Alan Turing aveva intravisto nel suo articolo del 1950 Computing machinery and intelligence[7].
Tuttavia, a noi sembra siano due i temi-caldi intorno ai quali le altre questioni si addensano, fino a formare un nuovo “sistema planetario”: “quale etica per l’intelligenza artificiale?” e “quale ruolo anthropos riuscirà a ritagliarsi all’interno del loop che lo vede co-protagonista insieme ai frutti del proprio ingegno?”[8].
In merito al primo punto, si tratta di andare oltre la semplice (e per certi versi semplicistica) dicotomia “consequenzialismo/deontologismo” (con una timida possibilità di apertura all’etica della cura), che pur essendo efficace a fornire coordinate per comprendere alcuni aspetti della Rivoluzione in atto, ci impedisce di coglierne altri. Si tratta, dunque, di recuperare il senso più autentico di Etica, non come applicazione astratta di principi e regole alle fattispecie particolari ma come spazio dell’abitare in cui, sempre più, le alterità non umane, e ora anche le agentività artificiali (come qualcuno ama definirle) sono co-presenti.
A partire da qui, la seconda questione. Al di là delle distopie di autori come Nick Bostrom[9] o Stephen Hawking[10], il ruolo che sapiens saprà ritagliarsi entro il nuovo spazio dell’abitare, risulterà cruciale. L’allineamento dei valori delle nuove macchine intelligenti agli scopi di sapiens sarà, dunque, la questione decisiva intorno alla quale, nei prossimi anni, verosimilmente si struttureranno molti dei dibattiti sull’intelligenza artificiale, sia nella forma task oriented sia nella forma, di cui alcuni autori preconizzano la diffusione urbi et orbi, dell’AGI (Artificial general intelligence), ossia una intelligenza artificiale non solo in grado di apprendere dall’esperienza (come avviene oggi con i sistemi di machine learning) ma radicalmente task-free.
P.A., L.L.S.
[1] S. Russell, P. Norvig, Intelligenza artificiale. Un approccio moderno (2020), tr. it. Pearson, Milano-Torino 2022, p. XVII.
[2] Cfr. infra G. Giannini, A. Pescapè, L. Lo Sapio, AI e futuro di sapiens tra nuovi orizzonti e antichi timori, in «S&F_scienzaefilosofia.it», 27, 2022.
[3] Cfr. S. Russell, P. Norvig, op. cit., p. 341.
[4] J. Searle, Consciousness, explanatory inversion and cognitive science, in «Behavioral and Brain Sciences», 13, 1, 1990, pp. 585-642.
[5] Cfr. L. Floridi, Etica dell’intelligenza artificiale. Sviluppi, opportunità, sfide, Raffaello Cortina, Milano 2022.
[6] L. Floridi, F. Cabitza, Intelligenza artificiale. L’uso delle nuove macchine, Bompiani, Milano 2021.
[7] A. Turing, Computing machinery and intelligence, in «Mind», LIX, 236, 1950.
[8] Il tema risuona anche nel testo di G. Lissa, Morte e/o trasfigurazione dell’umano, Giannini Editore, Napoli 2019.
[9] N. Bostrom, Superintelligenza. Tendenze, pericoli, strategie (2014), Bollati Boringhieri, Torino 2018.
[10] Autore quest’ultimo, nel 2015, insieme ad altri studiosi di una Open letter on artificial intelligence.