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Sars-CoV-2: riflessioni e spunti di indagine su un evento epocale

Autore


Delio Salottolo, Mario Cosenza, Luca Lo Sapio

Università degli Studi di Napoli Federico II - Università degli Studi di Napoli L'Orientale

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Indice


 

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S&F_n. 25_2021

Abstract


Sars-CoV-2: riflessioni e spunti di indagine su un evento epocale

In December 2019, the city of Wuhan in Hubei became the epicenter of an unprecedented health crisis. SARS-CoV-2 is marking a watershed moment for sapiens. On the one hand, we are facing the most serious health emergency of the 21st century, on the other hand we are beginning to experience the negative effects of our development models that do not take into account the welfare of non-human animals and the systemic effect that our actions have on the balance of the biosphere. In the contributions hosted in this Dossier, the plurality of issues raised by SARS-CoV-2 comes to light clearly and distinctly. From bioethical questions to biopolitical issues, including an in-depth examination of the effects that the pandemic is having on society and on the capacity for self-perception of sapiens, we try to shed light on the countless consequences that this pandemic is bringing with it .


Ogni malattia può capitare in qualunque stagione, ma alcune sono più facili a verificarsi e ad aggravarsi in determinate stagioni.

Ippocrate di Cos

 

Gli uomini delle società più complesse spesso sperimentano sé stessi come creature il cui “io interno” è totalmente distaccato da questo mondo “esterno”.

N. Elias

 

L’idea insolita, per non dire illecita, di incontrare mia moglie e i miei figli in carne e ossa mi era venuta in mente tre mesi prima (…) A quel tempo né io né nessun altro avevamo mai pensato che fosse possibile incontrarsi di persona.

J. G. Ballard

 

Nel dicembre 2019 la città di Wuhan, nella provincia dello Hubei, è diventata l’epicentro di una crisi sanitaria senza precedenti negli ultimi cento anni. Vengono denunciati alcuni casi di “polmonite atipica”, forse collegati alla frequentazione di un wet-market. Dopo una prima fase in cui le autorità cinesi sembrano minimizzare l’accaduto, il 7 gennaio, proprio dalla Cina, arriva la notizia che un nuovo coronavirus (poi denominato SARS-CoV-2) era stato isolato. A partire da gennaio 2020 casi di infezione vengono registrati al di fuori della Cina, in Tailandia, Giappone, Corea del Sud, Stati Uniti, Vietnam e Singapore. Il 21 febbraio in Italia si registra il primo caso autoctono di infezione: Mattia, il paziente 1 di Codogno. Al momento si contano al mondo oltre 180.000.000 milioni di contagi (censiti) e quasi quattro milioni di decessi.

È sempre più chiaro che la pandemia di SARS-CoV-2 stia segnando un momento spartiacque per sapiens. Da un lato, ci troviamo di fronte alla più grave emergenza sanitaria del XXI secolo, dall’altro cominciamo a toccare con mano gli effetti negativi di modelli di sviluppo che non tengono nella giusta considerazione il benessere degli animali non umani e l’effetto sistemico che le nostre azioni hanno sugli equilibri della biosfera.

SARS-CoV-2 non è solo un evento sanitario. Gli svantaggi socio-economici che ha sollevato o acuito, le problematiche etiche di fronte alle quali ci ha posto sono il precipitato inevitabile di un evento che, nel tempo e nello spazio, ha coinvolto miliardi di persone.

Nei contributi ospitati in questo Dossier la pluralità di questioni sollevate da SARS-CoV-2 viene alla luce in modo chiaro e distinto.

Nelle parole del professor Telmo Pievani, che ha concesso alla Rivista un’intervista, c’è la consapevolezza di un momento di potenziale trasformazione per sapiens, un’occasione per rivedere in profondità modelli di sviluppo e soluzioni ai problemi sistemici che attanagliano il pianeta. L’idea di fondo è che siamo entrati in una nuova era pandemica, la quale esige un’etica della lungimiranza e della non prossimità, nonché di un’immaginazione capace di costruire nuovi modelli anche in vista della crisi ambientale che, volente o nolente, occorrerà affrontare.

Ed è proprio sulla questione dell’immaginario che si posiziona l’intervento di Mauro Van Aken. Centrale è quello che viene definito come una sorta di cortocircuito delle nostre strutture simboliche attraverso la polarizzazione dentro/fuori e il dualismo natura/cultura, quest’ultimo amplificato, nell’immaginario ambientale, dalla dissociazione tra cielo e terra. La necessità di una rinnovata prospettiva culturale della relazionalità, fondata su interdipendenza e co-vulnerabilità, diviene compito per il pensiero.

L’impiego di dispositivi di bio-potere, attraverso i quali controllare la diffusione del virus sono, poi, oggetto di alcuni contributi, da quello di Marcello Boerio che mette a fuoco il tema della sovranità in Giorgio Agamben a quello di Valeria Gammella che ragiona su alcuni aspetti della pandemia a partire dalla lente di ingrandimento del romanzo di Curzio Malaparte La pelle, passando per l’analisi di Mario Cosenza fino ad arrivare all’intervista al professor Andrea Zhok. Questi due ultimi interventi sono accumunati da una “preoccupazione” rispetto agli scenari politici e geopolitici aperti dalla pandemia: sono ancora possibili una mobilitazione e un’organizzazione strategica? Quale la differenza o l’identità tra elaborazione teorica e tentativo di creare una catena di lotte sociali? E cosa ci mostrano in controluce gli accadimenti pandemici riguardo la ragione neoliberale e il suo pieno dispiegarsi?

D’altro canto, Viola Carofalo e Delio Salottolo, nel loro contributo, partono da una domanda volutamente provocatoria, se il neoliberismo possa volere davvero la pandemia. La lettura del presente come una fondamentale “impotenza del politico” (connessa a un’invisibilizzazione dell’economico nella sua forma strutturale) è analizzata a partire dai processi di costruzione dell’identità che si determinano sempre più, in maniera ideal-tipica, intorno ai paradigmi della “resilienza” e della “vittimizzazione”.

Luigi Pellizzoni, invece, cerca di delineare una genealogia del dibattito sul Covid-19 a partire dalle due posizioni dominanti, quella che considera le misure eccezionali come legalmente fondate e quella che vede in esse un processo di normalizzazione dello stato d’eccezione. Prendendo le distanze da entrambe le posizioni, l’idea è che a essere in gioco sia un’ontologia e una politica anticipatorie. Centrale diviene l’analisi della specifica politica del tempo del tardo capitalismo. 

Demetrio Neri, Maurizio Mori e Ben Bramble si occupano, poi, di alcune questioni bioetiche sollevate dalla pandemia. Neri si sofferma sull’atteggiamento delle gerarchie cattoliche rispetto all’uso di vaccini che utilizzano linee cellulari di feti abortiti, mentre Mori esamina l’impatto che il cosiddetto Green Pass avrà nella costruzione di un nuovo modello di salute e del ruolo sociale che la scienza avanzerà per i prossimi anni.

Ben Bramble, infine, nell’intervista che ha concesso alla Rivista, ha evidenziato che SARS-CoV- 2 è stata il detonatore delle criticità che attraversano le nostre società e che, auspicabilmente, potrebbe rappresentare l’occasione per ripensare a fondo categorie e modelli di sviluppo che per troppo tempo abbiamo accettato acriticamente.

Ad arricchire la discussione – soprattutto per quanto concerne la dimensione della comunicazione e della cosiddetta infodemia – è l’intervento di Liliana Cori, che ragiona a partire dalle dinamiche di disinformazione sulle auspicabili pratiche di partecipazione e condivisione democratica.

Considerando quanto sono comuni le malattie, quale tremendo cambiamento spirituale implicano, quanto sorprendenti, una volta che si spengono le luci della salute, siano i paesi sconosciuti che allora si scoprono, quali desolazioni e deserti dell’anima un leggero attacco di influenza porta alla luce, quali precipizi e prati cosparsi di fiori colorati svela un minimo aumento di temperatura quali querce antiche, tenaci si sradichino dentro di noi nella malattia, come sprofondiamo giù, nel pozzo della morte, con le acque dell’annichilimento che si richiudono sulle nostre teste e come al risveglio crediamo di trovarci in presenza di angeli e arpisti quando ci estraggono un dente e ritorniamo alla superficie nella sedia del dentista e confondiamo il suo «si sciacqui la bocca – si sciacqui la bocca» con il saluto della divinità che dal pavimento del cielo si inchina per darci il benvenuto – quando pensiamo a tutto questo e a molto altro ancora, e siamo frequentemente costretti a farlo, allora diventa davvero strano che la malattia non abbia preso lo stesso posto dell’amore, della guerra, della gelosia tra i più grandi temi della letteratura. 

V. Woolf

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

D.S., M.C., L.L.S.

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