Autore
Indice
1.Il preindividuale
2. L’individuazione fisica
3. L’individuazione vitale
4. L’individuazione psichica
5. L’individuazione collettiva
6. Percezione ed emozione
S&F_n. 22_2019
Abstract
Living the threshold: Simondon and the living individuation
Describing the evolution of the individual from the physical to the vital individuation, from the psychic to the collective individuation, the article aims at reconstructing Simondon’s theory of the individual with which the philosopher shows how the subject is a never-ending process of individuation that emerges from a pre-individual field that makes individuation itself possible.
- Il preindividuale
Come scrive Muriel Combes nella prefazione a L’individuazione psichica e collettiva [1], «se dovessimo riassumere in una parola il tema che percorre tutta l’opera di Simondon […] sceglieremmo individuazione»[2]. Questo è senz’altro vero poiché, dai primissimi scritti fino alla fine, le ricerche del filosofo vertono sempre sul tema dell’identità. Ciononostante, è opportuno sottolineare che, in Simondon, la nozione di “individuo” emerge da un impianto metafisico che trova le sue radici nel concetto di preindividuale. Per il filosofo l’identità è il campo dove meglio si manifesta la carica di preindividuale presente in ogni essere vivente ma questo non toglie che essa sia strettamente connessa al preindividuale.
Nel definire l’identità, Simondon afferma che «l’individuo non è che se stesso, ma esiste come superiore a se stesso, perché porta con sé una realtà più completa, che l’individuazione non ha esaurito, una realtà ancora nuova e potenziale, animata da potenziali»[3]. Questa realtà potenziale non è altro che il preindividuale, ossia quell’archetipico luogo genetico che caratterizza ogni essere vivente come esistente e fatto della stessa natura, quella carica di “natura” a cui ogni individuo appartiene in quanto essere vivente.
Secondo Simondon vi sono più gradi di individuazione che rendono l’individuo sempre più indipendente ma nello stesso tempo anche più consapevole della propria appartenenza a una realtà comune a tutti gli esseri individuati. Il filosofo esordisce con una critica radicale all’idea di sostanza che ha di mira sia la tesi sostanzialista che quella ilomorfica. Entrambe ipotizzano infatti un principio di individuazione anteriore all’individuazione stessa misconoscendo così, agli occhi di Simondon, che l’individuo formato non è che la tappa (in)finita di un processo molto complesso che va osservato nella sua totalità. L’errore della tradizione sostanzialista, tanto quanto quello della tradizione ilomorfica, è pretendere di «connaître l’individu à travers l’individuation plutôt que l’individuation à partir de l’individu»[4]. Non è corretto ricercare il principio dell’individuazione nel risultato che essa genera, al contrario occorre esaminare il processo stesso dell’individuazione. L’individuo formato non è che una realtà relativa che deve fare i conti con la realtà preindividuale che non può essere ignorata.
L’ontogenesi per Simondon non è la semplice genesi dell’individuo ma è il divenire stesso dell’essere. Quando Simondon parla di essere preindividuale intende l’essere come totalità dell’esistere antecedente alla realtà costituita, da esso infatti non nasce solo l’individuo ma la coppia individuo-ambiente. L’individuo è quindi relativo poiché non è la totalità dell’essere ma deriva da una totalità senza forma e senza fasi dove non era né individuo né principio di individuazione. L’essere relativo è quell’essere che si fa sfasandosi rispetto all’essere preindividuale, il divenire non è più quindi cornice dell’essere ma sua dimensione. L’identità non è fine del divenire ma divenire stesso.
Nel Teeteto Socrate accenna all’incapacità e alla mancanza di lessico che hanno i “filosofi del divenire”, infatti, secondo la tradizione sostanzialista, se ogni cosa diviene è per sua stessa natura inconoscibile, poiché ogni informazione sulla cosa va cadendo essendo la cosa assoluta, ossia sciolta da ogni vincolo che la conservi uguale a se stessa. Per questo il filosofo afferma che, «se tutto si muove, ogni risposta, su qualunque cosa uno risponda, è ugualmente giusta, sia che si dica che la cosa “sta così” sia che “non sta così”»[5]. Per Simondon l’errore che hanno commesso filosofi come Platone o Aristotele, ma anche Leucippo, Democrito, Epicuro, è quello di non aver compreso la struttura “metastabile” ovvero l’instabilità intrinseca all’essere preindividuale che è necessaria per ogni tipo di individuazione[6].
Simondon si concentra sull’operazione stessa e non sul risultato di quest’ultima, egli vuole sottolineare il carattere mobile e instabile che sostiene ogni processo di individuazione. L’individuazione è sostanzialmente un’attività perpetua e in divenire, e va considerata in ogni sua fase, dalla più piccola particella fino al rapporto relazionale, che pone l’individuo in una continua individuazione senza fine. L’individuo completo e definito non esiste ed è quindi una fallacia del pensiero sostanzialista partire da esso per scoprire l’individuazione; è al contrario l’individuazione come processo da considerarsi per intero che ci fa comprendere cosa l’individuo realmente sia e in cosa consista la sua identità personale.
- L’individuazione fisica
Il processo di individuazione è diviso in più fasi strettamente collegate fra loro. Simondon identifica dapprima un’individuazione fisica poi vivente e infine psichica e collettiva. L’individuazione fisica ha origine quando nell’ambiente preindividuale, che è retto da un “equilibrio metastabile”[7], avviene uno sfasamento e cominciano a crearsi delle fasi. Simondon prende come esempio la formazione dei cristalli. Quest’ultima è un fenomeno complesso, legato al fatto che l'acqua in natura può essere contemporaneamente presente nei tre stati di solido (ghiaccio), liquido (acqua) e aeriforme (vapore). Ci troviamo all’interno di un “campo”[8] quando l’equilibrio tra le parti entra in crisi a causa di un “germe strutturale”[9], le molecole quindi si liberano fino a saturare il sistema formando una singolarità che continua a propagarsi finché non raggiunge i limiti della superficie stessa che lo ha prodotto (campo). «Il limite del suddetto individuo risiede nel suo confine»[10]. Solo grazie alle superfici esterne e alla struttura metastabile dell’essere preindividuale, il cristallo, fungendo da germe, può raggiungere la propria individuazione.
Il punto nodale per comprendere l’individuazione fisica consiste nel fatto che l’individualità che si è venuta a creare è sprovvista di potenziale proprio in grado di formare un’ulteriore individuazione interna a se stessa: ciò significa che ci troviamo di fronte all’individuazione fisica, cioè a livello base dell’individuazione. Da questo momento in poi l’individuazione non avrà mai fine poiché diverrà vitale, poi psichica e infine, nell’individuazione collettiva, presenterà uno scambio senza mai fine con le altre individualizzazioni. In qualche modo essa è ora generata, ed è in cammino per divenire ciò che è, o per divenire ciò che diviene.
- L’individuazione vitale
Nonostante l’individualità appena formatasi non possa creare da sé un’ulteriore individualità interna, non vuol dire che essa non possa utilizzare l’energia che ancora le proviene dal preindividuale per approfondire e perfezionare la propria individuazione, ed è qui che entra in scena l’individuazione vitale.
Il preindividuale ha subito uno sfasamento grazie al germe strutturale, la forza liberatasi si è espansa fino a toccare le pareti del campo e lì si è esaurita, formando la singolarità. In sostanza esistono due forme di energia: quella che appartiene all’essere preindividuale che è eterna e con la quale l’essere individuato sarà costantemente in rapporto, e quella liberatasi dallo sfasamento dell’essere preindividuale grazie al germe strutturale che si esaurisce nel limite/confine delle pareti del campo.
L’individualità creatasi dall’individuazione fisica può ora utilizzare l’energia che ancora le proviene dal preindividuale per strutturarsi. Il passaggio dall’individuazione fisica a quella vitale consiste sostanzialmente nell’organizzazione interna della struttura che si è composta, «il germe archetipico, dopo aver modulato una zona con cui è in immediato contatto, utilizza questa zona come nuovo germe archetipico per andare avanti, specializzandosi»[11] e strutturandosi internamente.
Dall’individuazione fisica e vitale scaturiscono varie forme di individualità e quindi di complessità differente. In primo luogo quelle che, esaurita la propria energia nei limiti del campo, si equilibrano con l’ambiente e quelle che, al contrario, dopo l’individuazione fisica e vitale restano instabili. Chiamiamo questa categoria individualità complessa. In esse la materia che si è costituita mira ora solo a espandersi con continue integrazioni e differenziazioni; si pensi ad esempio alla riproduzione e al nutrimento. L’esistenza dell’organismo che si è creato consisterà d’ora in poi in una continua relazione con l’ambiente circostante, ossia con una continua resistenza alle forze che a lui si opporranno. Lo schema è molto semplice: tensione-di-stato/risoluzione-della-tensione.
- L’individuazione psichica
Lo psichismo nasce quindi solo nelle individualità complesse che, come abbiamo visto, rimangono instabili e necessitano di riequilibrarsi con l’ambiente[12], cioè la totalità “dell’essere meno ciò che si è individuato”[13]. Lo psichismo consiste proprio in questo equilibrio, o tensione che dir si voglia, tra l’inesauribile energia preindividuale che ancora le proviene e le resistenze dell’ambiente circostante. «L’ambiente esercita un’influenza destrutturante sull’individuo biologico [complesso], ne mina la coerenza interna, la sua armonia»[14]. L’individuo quindi utilizza stratagemmi di adattamento per contrastare l’ambiente grazie all’energia che gli proviene dal preindividuale, ad esempio assimilando strutture esterne (alimentazione) o adattando le proprie strutture all’ambiente circostante (vista, udito).
Lo psichismo è quello stato che viene assunto dall’individuo fisico nel momento in cui cessa di essere solo fisicità, divenendo al contrario una realtà metastabile, cioè instabile, relazionale; infatti afferma Simondon «se la comparsa dell’individuo abroga lo stato metastabile, diminuendo le tensioni del sistema in cui esso compare, l’individuo nel suo insieme diventa una struttura spaziale immobile e inevolutiva: è l’individuo fisico»[15]. L’individuo è una “realtà trasduttiva”[16], cioè è in equilibrio continuo con l’ambiente e mantiene la sua metastabilità grazie a continue strutturazioni. L’individuo è ciò che mantiene intorno a sé una continua relazione con l’ambiente, relazione di tensione necessaria alla sua individuazione continua. «L’individuo non è mai completamente individualizzato; per esistere, deve poter continuare a individualizzarsi, risolvendo i problemi dell’ambiente che lo circonda e al quale appartiene. Il vivente è un essere che si perpetua esercitando un’azione risolutrice sull’ambiente»[17].
L’individuo psichico è in divenire proprio perché mantiene con l’ambiente una continua relazione grazie alle informazioni che da esso gli giungono; il mondo è complementare all’individuo rispetto a un’originaria comunanza. Se l’individuo non fosse fatto della “stessa carne del mondo” – per usare un’ espressione cara a Merleau-Ponty[18] – non potrebbe intrattenere con esso nessuna forma di relazione e quindi non potrebbe continuare a individuarsi; «la realtà individuale esiste solo in un qualcosa di misto»[19]. L’informazione non arriva all’individuo per quantità o qualità ma per intensità, essa “presuppone un soggetto orientato da un dinamismo vitale: l’informazione [che le giunge dall’ambiente] è ciò che premette a un soggetto di collocarsi nel mondo»[20].
Sebbene non lo citi direttamente, l’avversario polemico di Simondon è senza dubbio Kant. Per Simondon non ci sono forme a priori della sensibilità, altrimenti sarebbe inspiegabile «la congruenza con i rozzi dati di fatto provenienti dal mondo attraverso la sensazione; […] l’essere come soggetto e l’essere come oggetto provengono dalla stessa realtà originaria, […] il pensiero che ora sembra istituire una inspiegabile relazione tra soggetto e oggetto, si limita in realtà a prolungare quella individuazione iniziale»[21]. La conoscenza è universale non perché ci siano forme trascendentali[22] del soggetto ma perché l’infinita individuazione è il fondamento della relazione soggetto/oggetto.
È importante sottolineare che per Simondon l’individuazione psichica non è un’esclusiva dell’animale uomo. Non è infatti da escludere la possibilità di un’individuazione psichica anche all’interno del mondo animale. «Il est probable que les animaux se trouvent parfois en situation psychique. […] Seulement l’animal est mieux équipé pour vivre que pour penser, et l’homme pour penser que pour vivre»[23]. Simondon si scaglia spesso contro la dottrina cartesiana del “animale-macchina”[24] e la teoria del dolore di Malebranche[25]. Ne Le due lezioni sull’animale e l’uomo, il filosofo sottolinea l’estrema superficialità di coloro i quali non comprendono le profonde caratteristiche psicosomatiche uguali nell’uomo e nell’animale. «C’est pourquoi on peut découper des chiens et le mettre contre les portes de granges pour voir la circulation du sang, c’est la conséquence que tiraient le gens de Port-Royal, les messieurs de Port-Royal, se permettent la vivisection parce que les animaux ne peuvent pas souffrir»[26]. La verve corrosiva con cui il filosofo attacca “les messieurs de Port-Royal” è un chiaro esempio del rispetto e della sensibilità che Simondon dimostra nei confronti del mondo animale.
Col fine di porre una distinzione tra l’individuazione vitale e quella psichica[27], Simondon pone una distinzione tra individuazione e individualizzazione, dove l’essere individuato risulta essere l’essere empirico mentre l’essere individualizzato risulta essere quello trascendentale. L’essere individuato (individuazione vitale), come abbiamo visto, si forma e specifica in se stesso, mentre l’essere individualizzato (individuazione psichica) è quello che proprio per individualizzarsi deve relazionarsi con gli altri esseri. L’accoppiamento sessuale inerisce all’individuazione vitale, mentre una comunicazione, intesa come scambio di qualcosa che è compreso da entrambe le parti, è una relazione di tipo psichico, un misto tra le due, è ciò che inerisce alla personalità[28].
- L’individuazione collettiva
Cosa intendiamo quando parliamo di personalità? Come può la personalità strutturarsi e mantenersi distinta dalle altre individualità e nello stesso tempo essere in continuo divenire? Tutto ciò è spiegato dall’individuazione collettiva ossia dal transindividuale.
Il transindividuale è spiegato da Simondon con il termine Natura inteso alla maniera dei presocratici, vale a dire quel nesso concettuale da cui hanno origine tutti i modi dell’essere. La Natura è una sorta di apeiron da cui tutto nasce e tutto diviene e a cui tutto torna, come sosteneva il filosofo Anassimandro. Da esso sorge la prima fase dell’individuazione, là dove la seconda è il rapporto/tensione tra l’individuo e l’ambiente. La Natura però non si esaurisce nell’individuazione, al contrario rimane come spinta e condizione necessaria per ogni rapporto transindividuale.
Come il cristallo serba in sé la propria acquamarina, l’individuo porta dentro di sé una carica di apeiron che non perderà mai perché è ciò da cui proviene e ciò che lo spinge nel proprio identificarsi. Gli individui, portatori di apeiron, scoprono nel collettivo la propria condizione di significato poiché il collettivo funge da luogo ove gli individui scambiano la propria Natura; questa non appartiene solo agli individui individuati ma ha una radice comune che è anche quella che consente loro di comunicare.
L’identità di un individuo è in sostanza il frutto dell’unione tra un essere individuato e la Natura che porta dentro e che scambia con gli altri esseri – individuazione collettiva:
mediante questo resto di natura, [l’individuo] comunica con il mondo e con gli altri esseri individuati, scoprendo significati che non sa se sono a priori o a posteriori. La scoperta di questi significati è a posteriori, giacché occorre una operazione di individuazione per farli comparire, e l’essere individuato non può compierla da solo; è necessaria la compresenza con qualche altro essere affinché l’individuazione, principio e ambiente di significato, possa manifestarsi. Ma tale manifestazione di un significato presuppone anche un reale a priori: l’inerenza al soggetto di quella carica di Natura, residuo della fase originaria, preindividuale, dell’essere[29].
Per questo, l’individuazione collettiva è il luogo dove avviene la scoperta dell’identità personale ossia del significato del proprio essere individuo, cui l’individuo partecipa mediante l’apporto della propria Natura; Il significato che l’individuo scopre nel collettivo come condizione di senso del proprio essere individuo, è dunque la corrispondenza tra l’a priori della Natura comune agli esseri individuali e l’a posteriori della scoperta di consanguineità con gli altri esseri e con il mondo.
Cogliere il significato è quindi cogliere il collettivo inteso come scambio di sensi che dà autoconsapevolezza ontogenetica poiché «il significato non è dell’essere ma tra gli esseri, o piuttosto attraverso gli esseri: è transindividuale»[30]. Non dobbiamo però farci trarre in inganno: a trasmettere il significato non è la conversazione poiché il linguaggio è semplicemente il tramite attraverso cui avviene lo scambio di informazioni; queste di per sé non hanno significato, ma lo acquisiscono solo se si imbattono e si intrecciano in quella Natura propria di ogni individuo[31].
L’individuazione psichica che dà vita all’individuo si stabilisce nel collettivo transindividuale, luogo che, come abbiamo visto, funge da teatro in cui i vari individui non partecipano più come semplici individui ma, scambiando la propria natura, comprendono il significato divenendo soggetti. Il collettivo non è la Natura ma è il luogo dove questa ritrova varie parti di sé presenti nei vari soggetti e si riconosce.
Il collettivo dunque è l’ultimo e definitivo, sebbene infinito, stato in cui l’identità nasce nella sua essenza più propria. Definitivo perché è lo stato più complesso che l’individuazione possa raggiungere e infinito poiché stato di continua e mai finita tensione dei soggetti fra loro e con l’ambiente. Il collettivo è il luogo che ci rivela la verità e la profonda discrepanza tra ciò che noi chiamiamo identità e ciò che essa è in realtà.
L’identità non è infatti semplicemente ciò che è sempre uguale a se stesso, indipendente e assoluto, l’identità è un flusso in continuo divenire che ha il suo svolgersi nel collettivo, o meglio, ha la sua condicio sine qua non nel collettivo ossia nel continuo relazionarsi con gli altri. Solo attraverso, e per mezzo degli altri, noi possiamo affermare la nostra unicità, solo riconoscendo negli altri uomini la stessa Natura possiamo orientarci nel mondo e affermarci come entità individuali, poiché l’identità nasce là dove c’è uno scambio di significato, là dove “l’individuo muore in quanto individuo”[32]; comprendiamo ora cosa vuol dire dualità: morte del concetto di identità intesa come assoluta e unica e indipendente sostanza.
L’identità in senso stretto non esiste, esiste al contrario una dividualità ovvero un rapporto continuo tra individui che li porta a essere un “io”. L’identità è rapporto, scambio, creazione di un significato che supera l’individuo singolo e che donato al collettivo sopravvive anche alla morte dell’individuo fisico, infatti, l’individuazione collettiva «dà luogo a significati transindividuali che non muoiono con gli individui tramite i quali si sono costituiti, quel che vi è di natura preindividuale nel soggetto può sopravvivere come insieme di significati all’individuo che ha vissuto»[33]. In questo senso Simondon può affermare che «l’essere è relazione, giacchè la relazione è la risonanza interna dell’essere rispetto a se stesso, il modo in cui esso si auto condiziona al proprio interno. […] La relazione, mai concepibile come relazione tra due termini preesistenti, è scambio reciproco tra informazioni e casualità in un sistema che si individua»[34]. Solo all’interno della relazione l’identità muore come fallace sostanza e nasce come dividualità, come scambio tra esseri appartenenti alla stessa radice preindividuale[35]. «La relazione esiste fisicamente, biologicamente, psicologicamente, collettivamente come risonanza interna dell’essere individuato: essa esprime l’individuazione e sta al centro di essa»[36].
- Percezione ed emozione
In questo senso percepire non è semplicemente raccogliere dati o cogliere la forma di certi oggetti, né cogliere la quantità o la qualità degli oggetti, ma è «trattenere la più grande quantità possibile di segnali nelle forme che sono più profondamente radicate nel soggetto»[37], è insomma comprendere l’intensità del rapporto mondo/soggetto. Percepire non è cogliere la forma poiché essa è solo la momentanea espressione del divenire; se il soggetto non fosse interno al sistema di cui si pone il problema percettivo, la percezione non sarebbe possibile. Solo cogliendo la relazione necessaria che vige tra il soggetto e il mondo, l’individuo può oggettivare il mondo ponendosi come soggetto[38].
L’individualizzazione è per così dire l’individuazione dell’individuazione, non c’è unità psicosomatica ma unità funzionale e relazionale, il somatico e lo psichico sono caratteristiche che l’individuo crea in se stesso individualizzandosi progressivamente.
La relazione che l’individuo intesse con l’ambiente a livello dell’individuazione è l’emozione, mentre quella che esso intreccia con l’ambiente a livello dell’individualizzazione sono le relazioni interpersonali. Gioia, dolore, tristezza, piacere non sono quindi semplici stati emotivi ma scambi emotivi.
La percezione dunque, e l’affettività di conseguenza, sono il punto nodale che fa dell’individuo un soggetto; esse sono infatti la «principale forma trasduttiva della vita psichica, il tramite tra la coscienza trasparente e il subconscio, il nesso permanente dell’individuo con sé e con il mondo, o meglio, il nesso tra la relazione dell’individuo con se stesso e la relazione dell’individuo con il mondo»[39]. L’individuo non è quindi una sostanzialità assoluta, non è semplicemente ciò che rimane di un’analisi che lo vede come unità indivisibile, ma è una continua relazione con il mondo, «l’individuo si individua nella misura in cui percepisce altri esseri, agisce o fabbrica, è parte del sistema che comprende la sua realtà individuale e gli oggetti che percepisce o costruisce»[40]. Simondon prende le distanze quindi non solo dalla tradizione sostanzialista e atomista, ma anche della psicanalisi che aveva fatto dell’inconscio una realtà individuale e a sé stante.
L’emotività ha inoltre una funzione attiva nell’armonizzare il rapporto tra individuale e preindividuale. L’emozione è il significato dell’affettività come l’azione della percezione. La percezione è più chiara dell’emozione poiché regola i rapporti tra individuo e mondo mentre l’emozione regola quelli tra individuale e preindividuale. Il mondo dell’azione ha senso poiché è orientato dalle emozioni, l’emozione si dà nel mondo in forma di azione mentre l’azione si prolunga nel soggetto in forma di emozione.
L’emozione è ciò che, più di qualsiasi cosa, manifesta la presenza del preindividuale nell’essere individuato. La psicologia non comprende l’essenza delle emozioni poiché guarda all’individuo come essere completamente individuato in se stesso, infatti «l’emozione è incomprensibile in base all’individuo, perché non ha radici nelle strutture o nelle funzioni dell’individuo in quanto individuo, […] se si studia l’emozione volendo limitare il campo alle strutture dell’essere individuato, si colgono soltanto comportamenti che non hanno in sé la propria spiegazione»[41]. L’emozione si manifesta solo nella situazione collettiva, l’emozione è il momento più puro in cui avviene lo scambio tra esseri o tra l’essere e l’ambiente, «essa è lo scambio, all’interno del soggetto, tra la carica di natura e le strutture stabili dell’essere individuato; […] (l’emozione) è la scoperta del collettivo»[42].
L’emozione è un potenziale che si sviluppa solo nel collettivo, ma non è la forza del sociale che si impone sull’individuo né uno slancio di questo nel sociale, l’emozione è il significato che nasce nel momento in cui gli uomini si incontrano e si scontrato, si mischiano e si separano, si rincorrono e si abbandono, in una parola si vivono. In conclusione, non può esistere identità, e quindi «non può esistere emozione, al di fuori del collettivo»[43]. Il centro dell’individuazione non è l’individuo formato ma la relazione. Non esistono individui formati, la sostanza è solo un’illusione che ci aiuta a non perderci nel caos magmatico dell’esistenza.
Alla luce di quanto detto finora, l’individuazione appare come il rapporto costante che vige tra l’individuo e l’essere, dove l’essere è il primigenio preindividuale e l’individuazione è lo scisma di una particella che si forma in sé e trova il proprio significato nel riconoscersi con le altre particelle che, dal preindividuale, si sono staccate a loro volta. Gli individui trovano, mischiandosi all’interno di relazioni, il senso del proprio esserci. Attraverso «l’informazione, (che) è lo scambio, la modalità di risonanza interna, secondo cui questa individuazione avviene»[44], essi raccontano di sé, e si affermano al mondo, lasciando negli affetti di chi resta, il ricordo della loro singola identità.
[1] G. Simondon, L’individuazione psichica e collettiva, tr. it. DeriveApprodi, Roma 2006.
[2] Ibid., p. 6.
[3] Ibid., p. 188, corsivo mio.
[4] G. Simondon, L’individuation à la lumière des notions de forme et d’information, Éditions Jérôme Millon, Grenoble 2005, p. 24.
[5] Platone, Teeteto, Laterza, Bari 2006, p. 115.
[6] «L’être originel n’est pas stable […]; il n’est pas un, il est capable d’expansion à partir de lui même; l’être ne subsiste pas par rapport à lui même; il est contenu, tendu, surposé à lui même, et non pas un», G. Simondon, L’individu et sa genèse physico-biologique, PUF, Paris 1964, p. 284.
[7] Per “equilibrio metastabile” Simondon intende la condizione di possibilità di divenire connaturata al preindividuale ossia la condizione necessaria affinché tutto divenga, condizione che è parte propria e inalienabile dell’essere originario (preindividuale) e che rende possibile l’individuazione.
[8] Ricordiamo che in fisica per campo intendiamo la funzione che assegna una quantità fisica a ogni punto dello spazio, Simondon definisce campo «ciò che esiste in seno a un archetipo, cioè alle strutture pressoché paradossali che […] sono servite da germe per l’individuo; un campo è la tensione di forma», G. Simondon, L’individuazione psichica e collettiva, cit., p. 73.
[9] L’essere preindividuale è in un continuo stato di «sovrasaturazione, [ossia] quello in cui un evento è sul punto di accadere, in cui una struttura è sul punto di erompere; basta che si manifesti il germe strutturale, e talvolta è il caso a produrre ciò che svolge il ruolo di germe strutturale», ibid. p. 72.
[10] G. Carrozzini, Gilbert Simondon: per un’assiomatica dei saperi, Manni, Lecce 2005, p. 61.
[11] G. Simondon, L’individuazione psichica e collettiva, cit., p. 12.
[12] Vogliamo ricordare che quando Simondon parla di ambiente usa il termine milieu che, in italiano è appunto tradotto con ambiente. La traduzione italiana però perde inevitabilmente l’ambiguità di cui Simondon si serve, infatti il termine milieu nonostante significhi ambiente possiede anche una sfumatura che possiamo rendere con “terreno di mezzo”, “zona mediana”, “qualcosa che sta tra due o più cose”; è necessario che si tenga conto di questa ambiguità semantica per comprendere soprattutto il significato di “dividualità” che spiegherò con l’individuazione collettiva.
[13] Ibid., p. 218.
[14] G. Carrozzini, op. cit., p. 68.
[15] G. Simondon, L’individuazione psichica e collettiva, cit., p. 87.
[16] «La vita psichica non è pura interiorità né pura esteriorità, ma permanente differenziazione e integrazione, secondo un regime in cui coesistono causalità e finalità, per il quale useremo il termine tasduzione», G. Simondon, L’individuazione psichica e collettiva, cit., pp. 101-102.
[17] Ibid., p. 126.
[18] «Il corpo è fatto della stessa carne del mondo» (Cfr. M. Merleau-Ponty, Il visibile e l'invisibile, Bompiani, Milano 2007).
[19] G. Simondon, L’individuazione psichica e collettiva, cit., p. 87.
[20] Ibid., p. 95.
[21] Ibid., p. 127.
[22] «Chiamo trascendentale ogni conoscenza che si occupi, in generale, non tanto degli oggetti quanto del nostro modo di conoscere gli oggetti nella misura in cui questo deve essere possibile a priori», I. Kant, Critica della ragione pura (1781), tr. it. Utet, Torino 2005, p. 90.
[23] G. Simondon, L’individu et sa genèse phsysico-biologique, cit., p. 79.
[24] Secondo Descartes l’animale è solo una macchina e quando viene picchiato non guaisce per dolore ma come riflesso automatico. Si veda R. Descartes, Discorso sul metodo, Laterza, Milano 1998, in particolare la V parte.
[25] Malebranche sostiene che il dolore sia una condizione che appartiene solo all’uomo poiché è frutto del peccato originale; per questo gli animale non possono soffrire. Si veda N. Malebranche, De la recherche de la verité, Vrin, Parigi 2006, in particolare il libro secondo.
[26] G. Simondon, Deux leçons sur l’animale et l’homme, Ellypses, Paris 2004, pp. 79-80.
[27] Vogliamo ricordare che, nonostante Simondon ponga delle fasi nell’ontogenesi dell’individuo, non afferma che tra una fase e l’altra c’è un salto o un’opposizione, le fasi sono semplicemente sequenziali. Il modello non è dunque quello dialettico hegeliano, ossia non c’è una sintesi che supera un’opposizione, al contrario c’è uno sviluppo molto più simile allo schema evoluzionistico darwiniano.
[28] Si veda R. Zrehen, Gilbert Simondon ou l'invention du futur, Klincksieck, Parigi 2016.
[29] G. Simondon, L’individuazione psichica e collettiva, cit., pp. 190-191.
[30] Ibid., p. 192.
[31] Si veda X. Guchet, Pour un humanisme technologique. Culture, technique et société dans la philosophie de Gilbert Simondon, Presses Universitaires de France, Paris 2010.
[32] G. Simondon, L’individuazione psichica e collettiva, cit., p. 199.
[33] Ibid.
[34] Ibid., p. 202, corsivo mio.
[35] Si veda L. Pinzolo Relazione e ontologia. Verso la transindividualità a partire da Emmanuel Lévinas e Gilbert Simondon, Mimesis, Milano 2017.
[36] G. Simondon, L’individuazione psichica e collettiva, cit., p. 202.
[37] Ibid., p. 96.
[38] Si veda B. Morizot, Pour une théorie de la rencontre: Hasard et individuation chez Gilbert Simondon, Vrin, Parigi 2016.
[39] G. Simondon, L’individuazione psichica e collettiva, cit., p. 102.
[40] Ibid.
[41] Ibid., p. 204.
[42] Ibid., p. 203.
[43] Ibid., p. 204.
[44] Ibid., p. 223.