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Mappare una controversia del nostro tempo: L’Antropocene

Autore


Simone Belli

Universidad Complutense de Madrid

insegna presso il Dipartimento di Antropologia Sociale e Psicologia Sociale della Facoltà di Scienze Politiche e Sociologia - Universidad Complutense de Madrid

Indice


Il presente articolo è già comparso, ma in versione inglese, con il titolo Mapping a controversy of our time: The Anthropocene, in «Lo Sguardo», 22, III, 2016, pp. 33-49.

 

1. Introduzione

2. Metodo

3. Un primo approccio 

4. Discussione

 

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S&F_n. 21_2019

Abstract


Mapping a Controversy of our Time: The Anthropocene


We offer a bibliometric analysis of the literature and authors of the controversial Anthropocene discipline. Thanks to digital tools, we comprehend this complexity by drawing on existing literature and digital networks. In order to appreciate the interdisciplinary character of the controversy, we show clusters of co-cited publications, co-authors, and co-occurring terms in the fields of social science, agricultural and biological science, environmental science, and Earth and planetary science. The multidisciplinary character of Anthropocene research is reflected in the co-citation analysis and the term co-occurrence analysis. We found two clusters of co-occurring terms, representing agreement and disagreement with Anthropocene, and offer a comparison of the emblematic works presented in the network.

  1. Introduzione

Che cos’è una controversia al giorno d’oggi? Per Bruno Latour[1], la parola controversia descrive tutta quella scienza e quella tecnologia che non si sono ancora stabilizzate. La controversia è utile e “attesa” nella scienza e nella tecnologia perché genera dibattito, conflitto e condivisione di conoscenza tra ricercatori di diverse discipline. In condizioni normali (senza controversie) questo dialogo non viene dato.

Quando un ricercatore osserva una controversia, deve solo osservare dove i partecipanti sono posizionati rispetto alla controversia, senza alcun altro intervento. Spesso i partecipanti non sono posizionati solo su due lati, ma sono distribuiti in più posizioni, come su una mappa[2]. Le controversie sono dibattiti tra le discipline. Per questo motivo, l’Antropocene (di seguito indicata come A) è una controversia, ed è anche un’idea complessa.

Nella nostra università, si è aperto un dibattito a partire da una discussione tra colleghi di diverse discipline mentre cercavano di elaborare un programma per un corso di laurea riguardante gli studi della STS (Scienza, Tecnologia e Società) per i nostri studenti universitari. Il termine Antropocene è stato discusso dai membri di diversi dipartimenti, che hanno dibattuto su se potesse essere considerato un termine scientifico e se fosse valido o meno all’interno della comunità scientifica. I geologi chiedevano maggiori prove scientifiche, mentre gli scienziati sociali proponevano un’analisi del significato di A come idea. Questo dibattito non riguardava solo la definizione di questo concetto, era anche una lotta tra diversi studiosi su chi avesse il diritto di poter dare legittimità scientifica a questa presunta epoca.

Gli insegnanti di STS hanno discusso questo termine in dettaglio con gli studenti e, in seguito, con altri ricercatori della loro università. Grazie a questa particolare controversia, è stato possibile avviare un discorso interdisciplinare tra scienziati che di solito lavorano separatamente e senza tenere in considerazione le prospettive altrui.

Durante i pochi mesi trascorsi dalla discussione, abbiamo iniziato a creare un quadro della controversia:

Figura 1 La polemica di A (bozzetto dell’autore)

 

Osservando il bozzetto, possiamo iniziare a concentrarci su una delle molteplici posizioni prese nella controversia: abbiamo aperto il vaso di Pandora!

Per cercare di spostare il dibattito da un resoconto epistemologico a un territorio scientifico, ci proponiamo di fare un’analisi bibliometrica della disciplina e dei suoi autori. La mappatura bibliometrica è uno strumento interessante per descrivere l’orientamento scientifico di un campo di ricerca che attraversa diverse discipline.

Grazie agli strumenti digitali, possiamo metterci in condizione di comprendere questa idea complessa attingendo alla letteratura scientifica esistente.

Al fine di apprezzare il carattere interdisciplinare della controversia, mostreremo clusters di pubblicazioni, co-autori e termini concomitanti, citati nei campi delle scienze sociali, scienze agrarie e biologiche, scienze ambientali e scienze planetarie e terrestri.

È impossibile leggere A come un fatto oggettivo[3], non perché le suddette discipline stiano producendo prove che permettano di resistere alla controversia, ma perché A sovverte totalmente i fatti oggettivi.

 

  1. Metodo

Il primo passo nel disegnare una mappa è osservare il territorio[4]. Non limiteremo la nostra osservazione su A a nessuna singola teoria o metodologia, ma la esamineremo nella sua interezza e complessità, come una composizione di più teorie e attori. È per questo che un ricercatore deve ascoltare la voce di ciascun attore prima di disegnare una mappa. La cartografia delle controversie coinvolge una serie di tecniche utilizzate per indagare sulle controversie pubbliche in merito a questioni tecnico-scientifiche[5], ma quando l’osservazione nella mappatura scientifica diventa troppo complessa per essere gestita, come sostiene Venturini[6], esplorazione e rappresentazione si uniscono per aiutarci a osservare la cartografia. Di fronte a una controversia teorica derivante da testi e articoli che assumono posizioni multiple, la polemica esplode perché i testi scientifici diventano armi. Dobbiamo stare attenti, in questa “esposione”, a non danneggiare la scienza:

There are no definitions to learn; no premises to honor; no hypothesis to demonstrate; no procedure to follow; no correlations to establish. Researchers are not even asked to explain what they study, but only to observe a controversy and describe what they see[7].

 

Accettando ciò, abbiamo bisogno di adattare le nostre descrizioni in maniera ricorsiva durante l’osservazione del territorio, cercando di semplificare la complessità, attribuendo a ogni attore una visibilità proporzionale al loro peso e fornendo descrizioni adeguate, accurate e flessibili[8]. Gli strumenti digitali che abbiamo a disposizione, che presenteremo in questo articolo, ci serviranno a descrivere la complessità di questa controversia scientifica.

Lo scopo di una mappatura è quello di scoprire la struttura cognitiva di un campo di ricerca. Questo documento analizza le pubblicazioni scientifiche sul tema di A che sono state presentate da autori che studiano la controversia in diversi campi e valuta la preminenza delle pubblicazioni, l’evoluzione temporale della disputa, l’area e la disciplina coperte. Concentreremo la nostra ricerca sulle pubblicazioni scientifiche perché forniscono una panoramica della struttura e delle dinamiche delle controversie scientifiche; i risultati di questi sforzi permetteranno di visualizzare e analizzare le reti, insieme alle loro tendenze temporali e ai principali autori.

Suggeriamo questi passaggi per qualsiasi ricercatore che mappi una controversia attuale:

- Un’ampia rassegna bibliografica, incluso l’uso dell’analisi bibliometrica. Se nessun risultato è disponibile, significa che la controversia è nuova; in questo caso, consigliamo vivamente la mappatura;

- Definire il tipo di dati/pubblicazioni (documenti, libri, brevetti, ecc.), in cui viene presentata la controversia. Suggeriamo di focalizzare l’analisi su articoli scientifici perché questi implicano comunemente collaborazioni di area e disciplina;

- Definire le parole chiave e il glossario della mappa. Nel nostro caso, questo è relativamente facile perché A è un termine relativamente nuovo e piuttosto specifico;

- Una volta definiti i termini di ricerca, questi vengono inseriti in una base di dati scientifica come Scopus o Web of Science;

- Utilizzare strumenti digitali per mappare in modo bibliometrico i risultati. Questi strumenti aiuteranno a gestire tutte le informazioni generate;

Una volta fatto questo, inizia l’analisi di questa mappatura. Appare chiaro, tenendo presente i passaggi appena indicati, perché la cartografia delle controversie dipenda in larga misura da metodi digitali.

Secondo Michel Callon[9], le tecniche digitali aiutano a riunire i vantaggi dell’analisi quantitativa (che consente la gestione di quantità significative di dati) e l’indagine qualitativa (che rimane aperta ai contributi e alle obiezioni degli attori studiati). Nell’ultimo decennio, le tecniche digitali hanno cambiato il modo in cui i ricercatori studiano una controversia, in particolare oggigiorno gli strumenti digitali sono utilizzati per quantificare le informazioni bibliografiche.

Per la nostra cartografia, abbiamo adottato le seguenti tecniche:

- Una linea temporale che mostra i documenti ordinati per anno (per sapere quando il termine è entrato in uso e quando è diventato popolare);

- Un grafico per identificare il numero di articoli per autore. Abbiamo identificato i quattro autori più prolifici analizzando le loro opere;

- Un grafico che mostra il numero di documenti per ogni anno e la loro fonte (per accertare se la controversia è specifica per una particolare disciplina o se è interdisciplinare);

- Una rete e una mappa di densità dell’accoppiamento bibliografico (per classificare le revisioni più transdisciplinari);

- Una mappa di densità delle opere più citate e co-citate;

- Una rete di citazioni di pubblicazioni distribuite lungo una linea temporale;

- Una mappa di rete e densità di co-autori per identificare le principali collaborazioni;

- Gruppi di clusters delle co-occorrenze di termini e la densità delle prospettive teoriche;

- Un confronto delle opere più rappresentative (come emergenti dalla rete precedente e dalle mappe dei cluster);

- Una mappa di densità degli elementi di co-occorrenza per gli autori più prolifici.

 

  1. Un primo approccio

Per Venturini l’evoluzione di una controversia non è uniforme[10]; le dispute possono a volte rimanere latenti per anni prima di emergere in un’improvvisa cascata di discussioni. L’argomento di A ha seguito questo schema. Come osservato nella figura 2, i documenti scientifici riguardanti A sono aumentati esponenzialmente dal 2009.

Figura 2 Documenti per anno (Fonte: Scopus)

 

Falkowski[11], Crutzen e Stoermer[12], e Codispoti[13] hanno coniato un nuovo termine per l’era attuale: A. Alcuni di questi ricercatori provengono dalle scienze ambientali e della Terra, e si sono concentrati sulla denitrificazione oceanica e sulla transizione climatica dall’Olocene all’A. Tuttavia, è nel 2009 che A è diventato un termine “popolare” nel panorama scientifico. Ci sono tre opere a alto impatto sull’A nell’ambito delle scienze ambientali e nelle scienze agrarie e biologiche. Due di questi lavori sono incentrati sulla pastorizia in Tibet. Gli autori di How old is pastoralism in Tibet?[14] hanno sostenuto che, negli ultimi due decenni, i sinantropi hanno sostituito le foreste e le praterie nei pascoli del Tibet. Hanno collegato gli attuali valori di indicatori ecologici delle piante usando l’analisi palinologica e pedologica. Un nuovo scenario per il Tibet è possibile grazie alla collaborazione di paleoecologia, biogeografia e pedologia. Schlutz e Lehmkuhl[15] hanno introdotto l’espressione “A nomade” per descrivere come l’allevamento del bestiame dei nomadi tibetani abbia influenzato il clima monsonico per 6000 anni; la vegetazione naturale simile a una steppa è stata trasformata in pascoli di Kobresia pygmaea. Lovbrand, Stripple e Wiman[16] hanno esaminato la scienza del sistema terrestre per trovare un nuovo modo di affrontare la ricerca sul cambiamento ambientale globale dal punto di vista del concetto di governamentalità di Michel Foucault. Lei e i suoi colleghi hanno identificato A come un sistema di pensiero centrale e ambiguo per la scienza del sistema terrestre che ospita diverse strategie per la sostenibilità. Sembra che il notevole interesse suscitato intorno a A sia iniziato con la domanda che Paul Crutzen e Will Steffen hanno formulato come commento editoriale nel 2003: Quanto tempo siamo stati nell’era A?[17]. Per questi autori l’inizio dell’A rimane arbitrario: è questo che genera l’attuale controversia.

Negli ultimi sei anni, abbiamo osservato come la produzione di letteratura in quest’area sia cresciuta esponenzialmente, fino a ora ci sono 1.036 documenti in Scopus che menzionano il termine “Antropocene”.

Figura 3 Documenti per autore (Fonte: Scopus)

 

Abbiamo trovato quattro autori con 16 o più pubblicazioni riguardo all’A. Nel mappare questi lavori di autori prolifici focalizzeremo la nostra analisi sulla descrizione delle loro traiettorie e contributi.

Figura 4 Numero di documenti per fonte (Fonte: Scopus)

 

Negli anni precedenti, molte riviste hanno pubblicato lavori sull’A, e nel 2013 è stato presentato un giornale ad hoc sull’A. Negli ultimi anni, l’A ha assunto una posizione di primo piano interdisciplinare nella ricerca scientifica, questa espressione comprende e racchiude tutte le interazioni che gli esseri umani hanno con i processi terrestri. La maggior parte dei documenti sull’A sono stati pubblicati in aree di studi ambientali (41,9%), studi terrestri e planetari (33,2%), scienze sociali e umanistiche (33%) e scienze agrarie e biologiche (21%). Questi documenti analizzano il significato delle attività umane nel modificare i paesaggi, gli oceani e gli ecosistemi della Terra su scala temporale e spaziale.

Proprio perché il numero di pubblicazioni sull’A è cresciuto in modo esponenziale, le opinioni e collaborazioni tra autori a livello internazionale si sono diversificate. Ciò suggerisce che, nel tempo e attraverso l’azione collettiva dei ricercatori stessi, più istituzioni e autori si uniranno alla rete di comunicazione internazionale che funziona come un sistema auto-organizzativo globale[18]. Tuttavia, a tal proposito, va tenuto presente che la maggior parte delle pubblicazioni sono in inglese e prodotte in istituzioni negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in Australia.

Un’ottima recensione per comprendere la complessità di questa controversia è il lavoro di Smith e Zeder[19] che riassume e confronta i vari approcci che gli studiosi di tutte le discipline hanno preso nell’ultimo decennio nel definire la transizione dall’Olocene all’A. Nonostante il proliferare della produzione scientifica su A non abbiamo ancora una mappa completa di questa controversia.

Grazie agli strumenti digitali, possiamo osservare come gli autori di diverse discipline collaborino per creare un paesaggio interessante e interconnesso. Uno dei software scelti per la creazione di questi paesaggi è VOSviewer, che consente la creazione di mappe bidimensionali.

Per Venturini la verifica di un grafico richiede lo spostamento dal grafico a una formula matematica, dalla formula matematica a una base di dati, dalla base di dati all’archivio che contiene le descrizioni, dalle descrizioni alla popolazione campionata e dal campione al fenomeno attuale[20]. Ogni fase comporta diversi dispositivi e richiede uno sforzo considerevole. Grazie a strumenti digitali come VOSviewer, la disaggregazione diventa molto più semplice, poiché tutti questi passaggi possono essere eseguiti senza allontanarsi dal computer[21].

Figura 5 Accoppiamento bibliografico (Elaborato con VOSviewer)

 

Grazie all’accoppiamento bibliografico (Figura 5), ​​possiamo osservare la correlazione degli elementi in base al numero di riferimenti che condividono. Due pubblicazioni sono accoppiate bibliograficamente se lo stesso articolo è citato in entrambe le pubblicazioni[22]; è la sovrapposizione delle liste di riferimento delle pubblicazioni[23]. I cluster sono interconnessi tra le quattro aree più rappresentative, quindi si conclude che A è una controversia interdisciplinare.

È interessante notare che gli autori più prolifici (Zalasiewicz, Williams, Steffen e Crutzen) si incontrano nel mezzo della rete. Ciò significa che le loro opere sono le più utili e significative per autori di diverse discipline, e questo rende i lavori sull’A più interdisciplinari.

Nel mezzo della mappa di accoppiamento bibliografica c’è un’opera di Todd Braje[24], pubblicata sul Journal of Archaeological Research, che ha esaminato il dibattito scientifico sulle implicazioni politiche, sociali e istituzionali dell’A. Grazie a questo testo, si possono mappare gli studiosi di tutte le discipline accademiche al fine di decodificare le complesse interrelazioni tra i sistemi naturali e culturali, e il loro effetto futuro sulla ricerca. Braje[25] ha aggiunto una nuova domanda a quella precedente di Steffer: Quanto durerà l’A?

Figura 6 Visualizzazione della densità dell’accoppiamento bibliografico (elaborato con VOSviewer)

La Figura 6 mostra lo stesso accoppiamento bibliografico della Figura 5, ma in questo caso non come rete, ma come visualizzazione della densità. Si tratta della stessa mappa, ma la visualizzazione della densità rivela la sua struttura generale, con il nucleo colorato di rosso e la periferia in blu. Il rosso (più scuro) rappresenta la densità più elevata e la dimensione del carattere è proporzionale al numero di occorrenze di un termine. La dimensione del carattere è anche proporzionale al numero di accoppiamenti bibliografici di un autore. Gli autori che occupano posizioni centrali meritano un’attenzione particolare perché hanno maggiori possibilità di plasmare la controversia[26]. Tuttavia, gli autori nella periferia sono anch’essi attrattivi perché offrono prospettive originali e mettono in discussione ciò che è spesso dato per scontato, come ad esempio Poschl e Shiraiwa[27], che nel loro lavoro si concentrano sulla revisione della chimica multifase dell’atmosfera nell’A. La loro conclusione è stata che

l’A non si limita a mitigare gli effetti collaterali negativi delle attività umane per astinenza, ma anche a utilizzare attivamente le conoscenze scientifiche e la tecnologia per proteggere e plasmare il pianeta Terra per uno sviluppo sostenibile e un futuro sano dell’umanità[28].

Figura 7 Densità delle opere più citate e co-citate (elaborate con VOSviewer)

Nella Figura 7, possiamo osservare la densità delle opere più citate e co-citate. La co-citazione è definita come la frequenza con cui due documenti sono entrambi citati in un terzo documento. Due pubblicazioni sono co-citate se c’è un terzo articolo che cita entrambe le pubblicazioni[29]. Maggiore è il numero di pubblicazioni in cui i testi sono co-citati, più forte è la relazione di co-citazione tra le due pubblicazioni[30]. L’uso dell’analisi di co-citazione è utile per lo studio delle relazioni tra ricercatori[31]. L’analisi della co-citazione si basa sull’idea che gli autori sono spesso citati perché simili. Un’alta frequenza di co-citazione tra due autori non significa necessariamente che condividano lo stesso punto di vista, ma indica che fanno parte dello stesso discorso[32].

In tali controversie non tutte le posizioni sono uguali e gli autori combattono per occupare importanti aree della controversia. Gli autori che occupano posizioni influenti meritano un’attenzione particolare nel dibattito perché hanno una migliore possibilità di modellarlo. Nella mappa troviamo Williams, Steffen e Crutzen nel nucleo rosso; collaborano su molti lavori e rappresentano gli autori primari che lavorano sull’A, con molti altri autori che li citano. Secondo Scopus, il lavoro di Crutzen del 2002[33] pubblicato su Nature è citato 257 volte, mentre il lavoro di Steffen, McNeill e Crutzen del 2007, pubblicato su Ambio, è citato 248 volte.

Il lavoro del premio Nobel Paul Crutzen del 2002 ha dato una definizione dell’A che ha generato un prima e un dopo nello studio dell’argomento. Successivamente, nel 2007, Steffen, Crutzen e McNeill hanno formulato una nuova domanda: Gli umani stanno ora travolgendo le grandi forze della natura?[34]

Le isole in verde sul lato sinistro di questa mappa sono occupate dalle opere di Zalasiewicz, la maggior parte delle quali cita opere dell’area delle scienze ambientali e della scienza terrestre e planetaria. Steffen, Williams, Haywood, Ellis e Zalasiewicz[35] hanno discusso di come varie attività influenzino il sistema terrestre e della necessità di cambiare la relazione umana con il pianeta. Questi autori hanno suggerito la creazione di un efficiente sistema di governance per la gestione planetaria, sistema che con tutta probabilità dovrebbe configurarsi come policentrico e multilivello piuttosto che centralizzato e gerarchico[36].

L’isola sul lato sinistro della mappa è composta da opere dell’area delle scienze terrestri e planetarie. Uno degli autori più citati è Bruce Wilkinson[37]; con 121 citazioni, il suo lavoro sulla prospettiva temporale degli umani come agenti geologici è emblematico nel suo campo e presenta concetti riguardanti l’attività antropogenica.

L’isola sulla destra è rappresentata da scienziati sociali e filosofi. Il lavoro di Bruno Latour[38] è uno dei testi più citati sull’A; anche se non menziona il termine nel testo, la sua riflessione riflette su qualcosa di assimilabile. Latour ha mescolato la natura e la società non come due opposte trascendenze attraverso un elemento di mediazione, che un decennio dopo è stato denominato A. Il suo lavoro rappresenta un precursore del termine.

Non importa quanto sia marginale un’isola sulla mappa, perché i punti di vista periferici e discordanti possono offrire prospettive e domande originali. Nella scienza, nessuna controversia è un’isola; ognuna è sempre composto da diverse sub-controversie, collegate a molte altre situate in altre isole o aree. In questo modo, le controversie non sono binarie (0 o 1), ma sistemi complessi con voci di molteplici autori.

Figura 8 Rete di citazioni di pubblicazioni (elaborate con CitNetExplorer)

 

Nella Figura 8 osserviamo una cronologia della rete di citazioni di pubblicazioni dal 1861 al 2016; da una prospettiva temporale, si può vedere come la polemica sia stata esplorata. La figura usa le stesse informazioni contenute nella Figura 7 ma, grazie al timeline, possiamo osservare come le opere principali sono state citate nel tempo. Come accennato in precedenza, l’A è diventato un argomento popolare per i ricercatori solo negli ultimi anni. Questo è evidente in questa linea temporale, poiché le citazioni cominciano a essere importanti solo negli ultimi 10 anni. Ogni cerchio della rete rappresenta una pubblicazione. Solo i 40 articoli più frequentemente citati sono inclusi in questa visualizzazione. Nella rete sono presenti sei cluster, che si riferiscono all’area scientifica.

La posizione orizzontale di ciascuna pubblicazione è determinata dalle sue relazioni di citazione con altre pubblicazioni; questo ci permette di osservare come gli autori selezionati siano venuti a occupare la parte centrale del flusso (Crutzen, Steffen, Zalasiewicz).

La posizione verticale di ciascuna pubblicazione è determinata per anno di pubblicazione. Questo ci consente di osservare la distribuzione delle quotazioni e generare un flusso di opere specifiche sulla base delle citazioni più rilevanti. A partire dal 2000, con le opere di Paul Crutzen, il termine A ha iniziato a raccogliere interesse nel mondo accademico.

L’analisi di questi dati dà visibilità a vari punti di vista in base all’area, all’argomento e al tempo.

Il principio base di una visualizzazione come questa è che ogni attore può essere classificato in una rete e che ogni rete può essere collegata abbastanza strettamente da diventare un singolo attore (come nella Figura 9).

Figura 9 Sottorete delle citazioni delle pubblicazioni di Ruddiman (elaborata con CitNetExplorer)

 

Abbiamo selezionato le pubblicazioni di un solo autore della Figura 8 per analizzarle nella Figura 9. Le linee curve rappresentano i rapporti di citazione. Concentrandosi sul lavoro di Ruddiman, possiamo osservare come è stato creato un flusso negli ultimi 10 anni, con pubblicazioni che generano sottoreti di citazioni diverse negli anni successivi. Ruddiman[39], come con Wilkinson, lavora con il concetto di attività antropogeniche, concentrandosi sull’effetto serra.

La sottorete di Ruddiman comprende 15 pubblicazioni, 12 delle quali si trovano in un’area interdisciplinare. Sebbene il suo lavoro sia centrato esclusivamente sulla scienza ambientale, genera un interesse al di fuori del suo campo.

Grazie all’interattività degli strumenti digitali, non solo è possibile mostrare la posizione degli attori in un determinato momento nel tempo, ma anche mostrare come questa posizione cambia nel tempo e attraverso l’area, e come questo ha influenzato la definizione stessa della controversia.

Figura 10 Rete e densità dei co-autori

Nella Figura 10 osserviamo la rete e la densità dei co-autori più produttivi sull’A che hanno più di due collaborazioni tra loro. La collaborazione è più frequente nelle scienze naturali che nelle scienze sociali, come si può osservare nella Figura 10. Gli autori collaborativi più prolifici si trovano nel mezzo di questa mappa. Come abbiamo visto prima, molti hanno collaborato nell’ultimo decennio. Steffen è l’autore con più collaborazioni (78 opere collaborative sull’A).

Fino a questo momento, abbiamo osservato le relazioni tra autori e discipline negli ultimi anni, ma non abbiamo ancora capito perché A è una controversia. Per questo motivo, abbiamo bisogno di analizzare le reti costruite attraverso il contenuto di queste opere. Discutendo di questo contenuto possiamo osservare che l’A è una polemica del nostro tempo.

Dobbiamo creare mappe basate sul corpus di questi testi. Questi tipi di mappe usano termini che appaiono nel titolo e nell’abstract di ogni opera. Per questa analisi, abbiamo deciso di definire una co-occorrenza comprendente almeno dieci ricorrenze di un termine.

Figura 11 Mappa della rete di co-occorrenza del termine

Il numero di co-occorrenze di due parole chiave è il numero di pubblicazioni in cui entrambe le parole chiave si verificano insieme nel titolo, nell’abstract o nell’elenco delle parole chiave[40]. In questa mappa, più importante è un termine, più grande è il cerchio. Anche se sappiamo che una controversia è qualcosa di complesso e non binario, nella Figura 11 osserviamo due cluster significativi, uno in rosso e l’altro in verde.

Prima di iniziare un’analisi di questi termini, pensiamo che sia importante osservare come i nodi di ciascun cluster si connettono per creare due grandi polarità.

Figura 12 Mappa della densità degli elementi di co-occorrenza dei termini (VOSviewer)

 

Infine, guardando la Figura 12, scopriamo l’esistenza di una grande controversia. Questa mappa mostra un’enorme polemica divisa in due nuclei, a seconda della co-occorrenza dei termini. La Figura 12 illustra due diversi territori dello stesso argomento, ovvero due modi per comprendere e spiegare l’A.

La mappa della densità del cluster mostra la co-occorrenza dei termini. Nel primo cluster, a sinistra della mappa e in verde, si trovano i termini più frequenti: acqua (70), risultato (69), dati (64), concentrazione (58), clima (54), oceano (52) periodo (48), aumento (37), Olocene (35), biodiversità (34), sedimento (24), rivoluzione industriale (14) e attività antropogenica (13). Abbiamo collegato questi termini alle opere analizzate al fine di accertare quale gruppo detiene le opere di ciascun autore. Grazie al software Wordcounter, abbiamo classificato le parole più usate in questi lavori. Confrontando la mappa in Figura 12 con i 25 termini più frequentemente usati (escludendo le parole generiche e usando solo le radici delle parole), abbiamo osservato che questi termini sono usati da autori che non hanno menzionato A nel loro lavoro, ma menzionavano qualcosa di simile alle attività antropogeniche[41]. Questi autori preferiscono usare termini tratti da scienze ambientali per mostrare i cambiamenti, causati da attività umane, che hanno trasformato la terra e l’ecosistema.

Sul lato destro della mappa, abbiamo il secondo cluster (rosso), dove i termini più frequenti sono umani (141), scienza (115), futuro (98), sfida (83), concetto (69), futuro (64), ambiente (40), geologico (36), governance (35), azione (34), epoca (25), resilienza (21), uomo (21) e opportunità (18). Utilizzando lo stesso metodo di confronto utilizzato con l’altro cluster, sembra che molti autori che abbiamo precedentemente citato[42] utilizzano termini trovati nel primo o nel secondo cluster. Nessuna ambiguità esiste nelle opere degli autori più citati o prolifici. Tutti gli autori che appaiono nelle mappe precedenti e che sono importanti per l’A per diversi motivi, sono divisi nel primo o nel secondo cluster. Combinare la mappa degli articoli di co-occorrenza di termini con il contatore di parole per ogni testo, ci fornisce un risultato chiaro: la controversia sull’A esiste. Questi due elenchi di termini sono molto diversi e possiamo capire perché i termini “era geologica” o “umano” non compaiono mai nel primo cluster. Nel secondo cluster, i termini “Olocene” e “clima” non appaiono mai. In un’analisi preliminare, possiamo supporre che la prima mappa sia composta da lavori che non sono d’accordo con considerare l’A come una nuova era geologica, credendo nella continuazione dell’Olocene, o almeno che siamo nell’era tarda dell’Olocene. Il secondo cluster sembra contenere opere che sono d’accordo con l’idea che A sia una nuova era geologica e individuano nell’attività antropica il nucleo di questa nuova era.

Gli articoli scientifici pubblicati sull’A sono in un cluster o nell’altro, ma difficilmente hanno connessioni tra di loro.

Figura 13 Mappa della densità degli elementi di co-occorrenza dei termini per gli autori più produttivi (VOSviewer)

 

Nella Figura 13, abbiamo analizzato la co-occorrenza dei termini per gli autori più prolifici. Ricordando che la co-occorrenza di termini è definita da una coincidenza di più di cinque parole, la maggior parte dei termini utilizzati dagli autori può essere identificata nel secondo cluster di Figura 12.

Gli autori più produttivi e influenti sull’A sono posizionati nel secondo cluster, in accordo con il concetto di A. Secondo la cartografia delle controversie, Venturini[43] ha sostenuto che quando sono costantemente impegnati a legare e sciogliere le relazioni, discutendo categorie e identità, rivelando il tessuto dell’esistenza collettiva da molteplici punti di vista e prospettive, nozioni contrastanti e metodologie, e esplorando dove le cose si complicano di più, gli studiosi sono presto sommersi dalla complessità.

 

  1. Discussione

La crescita del numero di pubblicazioni relative all’A nell’ultimo decennio ha accresciuto la controversia sul fatto che l’A esista e rappresenti una nuova era, poiché non tutti gli autori concordano pienamente. Abbiamo applicato diverse tecniche digitali per mappare questo dibattito.

In primo luogo, abbiamo osservato un aumento sostanziale delle pubblicazioni scientifiche.

Il carattere multidisciplinare di una ricerca si riflette nell’analisi delle co-citazioni e nell’analisi di co-occorrenza dei termini. Abbiamo trovato due gruppi di termini concomitanti, che rappresentano accordo e disaccordo con l’A, e offrono un confronto tra le opere emblematiche presentate nelle reti.

Abbiamo offerto alcuni paesaggi scientifici che rendono le controversie interessanti da investigare, in particolare laddove le cartografie e gli strumenti digitali possono aiutarci a capirle. Il miglior vantaggio offerto dalle reti e dalle mappe è che facilitano la lettura delle informazioni bibliometriche.

È importante sottolineare che l’esplorazione e la rappresentazione si uniscono sempre in una cartografia.

Gli studiosi sono presto sommersi dalla complessità in quanto sono incoraggiati a assumere molteplici punti di vista e prospettive, a mettere a confronto le nozioni e le metodologie e a esplorare i concetti più complicati.

Queste domande e questo contesto hanno permesso l’esplorazione delle relazioni tra discipline scientifiche, tra scienza e società, e tra scienza e politica, oltre a questioni relative al pensiero e alla comprensione delle relazioni odierne tra umanità, tecnologia e pianeta Terra. Abbiamo testato la fruttuosità dei metodi bibliometrici digitali per la mappatura dell’A in base al suo status di enorme controversia contemporanea.


[1] B. Latour, Science in Action (1987), Harvard University Press, London 1987.

[2] Id., Why has critique run out of steam? From matters of fact to matters of concern, in «Critical inquiry», 2, 2004, pp. 225-248.

[3] B. Latour, Agency at the Time of the Anthropocene, in «New literary history», 45, 2014, pp. 1-18.

[4] Id., Why has critique run out of steam? From matters of fact to matters of concern, cit.

[5] T. Venturini, Building on faults: how to represent controversies with digital methods, in «Public Understanding of Science», 7, 2012, pp. 796-812.

[6] Ibid.

[7] Id., Diving in magma: How to explore controversies with actor-network theory, in «Public understanding of science», 3, 2010, p. 260.

[8] Id., Building on faults: how to represent controversies with digital methods, cit.

[9] M. Callon, Can methods for analysing large numbers organize a productive dialogue with the actors they study?, in «European Management Review», 1, 2006, pp. 7-16.

[10] T. Venturini, Building on faults: how to represent controversies with digital methods, cit.

[11] P. Falkowski, R. Scholes, E. Boyle, J. Canadell, D. Canfield, J. Elser, F. Mackenzie, The global carbon cycle: a test of our knowledge of earth as a system, in «Science», 290, 2000, pp. 291-296.

[12] P. Crutzen, E. Stoermer, Global change newsletter, in «The Anthropocene», 41, 2000, pp. 17-18.

[13] L. Codispoti, J. Brandes, J. Christensen, A. Devol, S. Naqvi, H. Paerl, T. Yoshinari, The oceanic fixed nitrogen and nitrous oxide budgets: moving targets as we enter the anthropocene?, in «Scientia Marina», 65, 2001, pp. 85-105.

[14] G. Miehe, S. Miehe, K. Kaiser, C. Reudenbach, L. Behrendes, L. Duo, F. Schlütz, How old is pastoralism in Tibet? An ecological approach to the making of a Tibetan landscape, in «Palaeogeography, Palaeoclimatology, Palaeoecology», 1, 2009, pp. 130-147.

[15] F. Schlütz, F. Lehmkuhl, Holocene climatic change and the nomadic Anthropocene in Eastern Tibet: palynological and geomorphological results from the Nianbaoyeze Mountains, in «Quaternary Science Reviews», 28, 2009, pp. 1449-1471.

[16] E. Lövbrand, J. Stripple, B. Wiman, Earth System governmentality: Reflections on science in the Anthropocene, in «Global Environmental Change», 19, 2009, pp. 7-13.

[17] P. Crutzen, W. Steffen, How long have we been in the Anthropocene era?, in «Climatic Change», 3, 2003, pp. 251-257.

[18] L. Leydesdorff, C. Wagner, International collaboration in science and the formation of a core group, in «Journal of Informetrics», 2, 2008, pp. 317-325.

[19] B. Smith, M. Zeder, The onset of the Anthropocene, in «Anthropocene», 4, 2013, pp. 8-13.

[20] T. Venturini, Building on faults: how to represent controversies with digital methods, cit.

[21] Ibid.

[22] M. Kessler, Bibliographic coupling between scientific papers, in «American Documentation», 1, 1963, pp. 10–25.

[23] N. Van Eck, L. Waltman, Visualizing bibliometric networks, in Y. Ding, R. Rousseau, D. Wolfram (a cura di), Measuring scholarly impact: Methods and practice, Springer, London 2014, pp. 285–320.

[24] T. Braje, Earth Systems, Human Agency, and the Anthropocene: Planet Earth in the Human Age, in «Journal of Archaeological Research», 23, 2015, pp. 369-396.

[25] Ibid.

[26] T. Venturini, Building on faults: how to represent controversies with digital methods, cit.

[27] U. Poschl, M. Shiraiwa, Multiphase Chemistry at the Atmosphere-Biosphere Interface Influencing Climate and Public Health in the Anthropocene, in «Chemical Review», 115, 2015, pp. 4440-4475.

[28] Ibid.

[29] I. Marshakova, Bibliographic coupling system based on references, in «Nauchno-Tekhnicheskaya Informatsiya Seriya», 2, 1973, pp. 3-8; e H. Small, Cocitation in the scientific literature: A new measure of the relationship between two documents, in «Journal of the American Society for information Science», 4, 1973, pp. 265-269.

[30] N. Van Eck, L. Waltman, Visualizing bibliometric networks, cit.

[31] K. McCain, Mapping economics through the journal literature: An experiment in journal cocitation analysis, in «Journal of the American Society for Information Science», 4, 1991, pp. 290-294; H. White, B. Griffith, Authors as markers of intellectual space: Co-citation in studies of science, technology and society, in «Journal of Documentation», 4, 1982, pp. 255-272.

[32] P. Ahlgren, P. Pagin, O. Persson, M. Svedberg, Bibliometric analysis of two subdomains in philosophy: free will and sorites, in «Scientometrics», 103, 2015, pp. 47-73.

[33] P. Crutzen, Geology of mankind, in «Nature», 415, 2002, p. 23.

[34] W. Steffen, P. Crutzen, J. McNeill, The Anthropocene: are humans now overwhelming the great forces of nature, in «AMBIO», 8, 2007, pp. 614-621.

[35] J. Zalasiewicz, M. Williams, A. Haywood, M. Ellis, The Anthropocene: a new epoch of geological time?, in «Philosophical Transactions of the Royal Society of London A: Mathematical, Physical and Engineering Sciences», 369, 2011, pp. 835-841.

[36] Ibid.

[37] B. Wilkinson, Humans as geologic agents: A deep-time perspective, in «Geology», 3, 2005, pp. 161-164.

[38] B. Latour, We Have Never Been Modern (1991), Harvard University Press, Cambridge 1993.

[39] W. Ruddiman, The anthropogenic greenhouse era began thousands of years ago, in «Climatic change», 3, 2003, pp. 261-293.

[40] N. Van Eck, L. Waltman, Visualizing bibliometric networks, cit.

[41] E. Ellis, D. Fuller, J. Kaplan, W. Lutters, Dating the Anthropocene: Towards an empirical global history of human transformation of the terrestrial biosphere, in «Elementa: Science of the Anthropocene», 1, 2013, pp. 1-8; W. Ruddiman, The anthropogenic greenhouse era began thousands of years ago, cit.; B. Wilkinson, Humans as geologic agents: A deep-time perspective, cit.

[42] T. Braje, Earth Systems, Human Agency, and the Anthropocene: Planet Earth in the Human Age, cit.; P. Crutzen, Geology of mankind, cit.; P. Crutzen, W. Steffen, How long have we been in the Anthropocene era?, cit.; P. Crutzen, E. Stoermer, Global change newsletter, cit.; E. Lövbrand, J. Stripple, B. Wiman, Earth System governmentality: Reflections on science in the Anthropocene, cit.; U. Poschl, M. Shiraiwa, Multiphase Chemistry at the Atmosphere-Biosphere Interface Influencing Climate and Public Health in the Anthropocene, cit.; W. Steffen, P. Crutzen, J. McNeill, The Anthropocene: are humans now overwhelming the great forces of nature, cit.; J. Zalasiewicz, M. Williams, A. Haywood, M. Ellis, The Anthropocene: a new epoch of geological time?, cit.

[43] T. Venturini, Building on faults: how to represent controversies with digital methods, cit.

  1. Introduzione

Che cos’è una controversia al giorno d’oggi? Per Bruno Latour[1], la parola controversia descrive tutta quella scienza e quella tecnologia che non si sono ancora stabilizzate. La controversia è utile e “attesa” nella scienza e nella tecnologia perché genera dibattito, conflitto e condivisione di conoscenza tra ricercatori di diverse discipline. In condizioni normali (senza controversie) questo dialogo non viene dato.

Quando un ricercatore osserva una controversia, deve solo osservare dove i partecipanti sono posizionati rispetto alla controversia, senza alcun altro intervento. Spesso i partecipanti non sono posizionati solo su due lati, ma sono distribuiti in più posizioni, come su una mappa[2]. Le controversie sono dibattiti tra le discipline. Per questo motivo, l’Antropocene (di seguito indicata come A) è una controversia, ed è anche un’idea complessa.

Nella nostra università, si è aperto un dibattito a partire da una discussione tra colleghi di diverse discipline mentre cercavano di elaborare un programma per un corso di laurea riguardante gli studi della STS (Scienza, Tecnologia e Società) per i nostri studenti universitari. Il termine Antropocene è stato discusso dai membri di diversi dipartimenti, che hanno dibattuto su se potesse essere considerato un termine scientifico e se fosse valido o meno all’interno della comunità scientifica. I geologi chiedevano maggiori prove scientifiche, mentre gli scienziati sociali proponevano un’analisi del significato di A come idea. Questo dibattito non riguardava solo la definizione di questo concetto, era anche una lotta tra diversi studiosi su chi avesse il diritto di poter dare legittimità scientifica a questa presunta epoca.

Gli insegnanti di STS hanno discusso questo termine in dettaglio con gli studenti e, in seguito, con altri ricercatori della loro università. Grazie a questa particolare controversia, è stato possibile avviare un discorso interdisciplinare tra scienziati che di solito lavorano separatamente e senza tenere in considerazione le prospettive altrui.

Durante i pochi mesi trascorsi dalla discussione, abbiamo iniziato a creare un quadro della controversia:

 

Figura 1 La polemica di A (bozzetto dell’autore)

 

 

Osservando il bozzetto, possiamo iniziare a concentrarci su una delle molteplici posizioni prese nella controversia: abbiamo aperto il vaso di Pandora!

Per cercare di spostare il dibattito da un resoconto epistemologico a un territorio scientifico, ci proponiamo di fare un’analisi bibliometrica della disciplina e dei suoi autori. La mappatura bibliometrica è uno strumento interessante per descrivere l’orientamento scientifico di un campo di ricerca che attraversa diverse discipline.

Grazie agli strumenti digitali, possiamo metterci in condizione di comprendere questa idea complessa attingendo alla letteratura scientifica esistente.

Al fine di apprezzare il carattere interdisciplinare della controversia, mostreremo clusters di pubblicazioni, co-autori e termini concomitanti, citati nei campi delle scienze sociali, scienze agrarie e biologiche, scienze ambientali e scienze planetarie e terrestri.

È impossibile leggere A come un fatto oggettivo[3], non perché le suddette discipline stiano producendo prove che permettano di resistere alla controversia, ma perché A sovverte totalmente i fatti oggettivi.

 

  1. Metodo

Il primo passo nel disegnare una mappa è osservare il territorio[4]. Non limiteremo la nostra osservazione su A a nessuna singola teoria o metodologia, ma la esamineremo nella sua interezza e complessità, come una composizione di più teorie e attori. È per questo che un ricercatore deve ascoltare la voce di ciascun attore prima di disegnare una mappa. La cartografia delle controversie coinvolge una serie di tecniche utilizzate per indagare sulle controversie pubbliche in merito a questioni tecnico-scientifiche[5], ma quando l’osservazione nella mappatura scientifica diventa troppo complessa per essere gestita, come sostiene Venturini[6], esplorazione e rappresentazione si uniscono per aiutarci a osservare la cartografia. Di fronte a una controversia teorica derivante da testi e articoli che assumono posizioni multiple, la polemica esplode perché i testi scientifici diventano armi. Dobbiamo stare attenti, in questa “esposione”, a non danneggiare la scienza:

There are no definitions to learn; no premises to honor; no hypothesis to demonstrate; no procedure to follow; no correlations to establish. Researchers are not even asked to explain what they study, but only to observe a controversy and describe what they see[7].

 

Accettando ciò, abbiamo bisogno di adattare le nostre descrizioni in maniera ricorsiva durante l’osservazione del territorio, cercando di semplificare la complessità, attribuendo a ogni attore una visibilità proporzionale al loro peso e fornendo descrizioni adeguate, accurate e flessibili[8]. Gli strumenti digitali che abbiamo a disposizione, che presenteremo in questo articolo, ci serviranno a descrivere la complessità di questa controversia scientifica.

Lo scopo di una mappatura è quello di scoprire la struttura cognitiva di un campo di ricerca. Questo documento analizza le pubblicazioni scientifiche sul tema di A che sono state presentate da autori che studiano la controversia in diversi campi e valuta la preminenza delle pubblicazioni, l’evoluzione temporale della disputa, l’area e la disciplina coperte. Concentreremo la nostra ricerca sulle pubblicazioni scientifiche perché forniscono una panoramica della struttura e delle dinamiche delle controversie scientifiche; i risultati di questi sforzi permetteranno di visualizzare e analizzare le reti, insieme alle loro tendenze temporali e ai principali autori.

Suggeriamo questi passaggi per qualsiasi ricercatore che mappi una controversia attuale:

- Un’ampia rassegna bibliografica, incluso l’uso dell’analisi bibliometrica. Se nessun risultato è disponibile, significa che la controversia è nuova; in questo caso, consigliamo vivamente la mappatura;

- Definire il tipo di dati/pubblicazioni (documenti, libri, brevetti, ecc.), in cui viene presentata la controversia. Suggeriamo di focalizzare l’analisi su articoli scientifici perché questi implicano comunemente collaborazioni di area e disciplina;

- Definire le parole chiave e il glossario della mappa. Nel nostro caso, questo è relativamente facile perché A è un termine relativamente nuovo e piuttosto specifico;

- Una volta definiti i termini di ricerca, questi vengono inseriti in una base di dati scientifica come Scopus o Web of Science;

- Utilizzare strumenti digitali per mappare in modo bibliometrico i risultati. Questi strumenti aiuteranno a gestire tutte le informazioni generate;

Una volta fatto questo, inizia l’analisi di questa mappatura. Appare chiaro, tenendo presente i passaggi appena indicati, perché la cartografia delle controversie dipenda in larga misura da metodi digitali.

Secondo Michel Callon[9], le tecniche digitali aiutano a riunire i vantaggi dell’analisi quantitativa (che consente la gestione di quantità significative di dati) e l’indagine qualitativa (che rimane aperta ai contributi e alle obiezioni degli attori studiati). Nell’ultimo decennio, le tecniche digitali hanno cambiato il modo in cui i ricercatori studiano una controversia, in particolare oggigiorno gli strumenti digitali sono utilizzati per quantificare le informazioni bibliografiche.

Per la nostra cartografia, abbiamo adottato le seguenti tecniche:

- Una linea temporale che mostra i documenti ordinati per anno (per sapere quando il termine è entrato in uso e quando è diventato popolare);

- Un grafico per identificare il numero di articoli per autore. Abbiamo identificato i quattro autori più prolifici analizzando le loro opere;

- Un grafico che mostra il numero di documenti per ogni anno e la loro fonte (per accertare se la controversia è specifica per una particolare disciplina o se è interdisciplinare);

- Una rete e una mappa di densità dell’accoppiamento bibliografico (per classificare le revisioni più transdisciplinari);

- Una mappa di densità delle opere più citate e co-citate;

- Una rete di citazioni di pubblicazioni distribuite lungo una linea temporale;

- Una mappa di rete e densità di co-autori per identificare le principali collaborazioni;

- Gruppi di clusters delle co-occorrenze di termini e la densità delle prospettive teoriche;

- Un confronto delle opere più rappresentative (come emergenti dalla rete precedente e dalle mappe dei cluster);

- Una mappa di densità degli elementi di co-occorrenza per gli autori più prolifici.

 

  1. Un primo approccio

Per Venturini l’evoluzione di una controversia non è uniforme[10]; le dispute possono a volte rimanere latenti per anni prima di emergere in un’improvvisa cascata di discussioni. L’argomento di A ha seguito questo schema. Come osservato nella figura 2, i documenti scientifici riguardanti A sono aumentati esponenzialmente dal 2009.

Figura 2 Documenti per anno (Fonte: Scopus)

 

Falkowski[11], Crutzen e Stoermer[12], e Codispoti[13] hanno coniato un nuovo termine per l’era attuale: A. Alcuni di questi ricercatori provengono dalle scienze ambientali e della Terra, e si sono concentrati sulla denitrificazione oceanica e sulla transizione climatica dall’Olocene all’A. Tuttavia, è nel 2009 che A è diventato un termine “popolare” nel panorama scientifico. Ci sono tre opere a alto impatto sull’A nell’ambito delle scienze ambientali e nelle scienze agrarie e biologiche. Due di questi lavori sono incentrati sulla pastorizia in Tibet. Gli autori di How old is pastoralism in Tibet?[14] hanno sostenuto che, negli ultimi due decenni, i sinantropi hanno sostituito le foreste e le praterie nei pascoli del Tibet. Hanno collegato gli attuali valori di indicatori ecologici delle piante usando l’analisi palinologica e pedologica. Un nuovo scenario per il Tibet è possibile grazie alla collaborazione di paleoecologia, biogeografia e pedologia. Schlutz e Lehmkuhl[15] hanno introdotto l’espressione “A nomade” per descrivere come l’allevamento del bestiame dei nomadi tibetani abbia influenzato il clima monsonico per 6000 anni; la vegetazione naturale simile a una steppa è stata trasformata in pascoli di Kobresia pygmaea. Lovbrand, Stripple e Wiman[16] hanno esaminato la scienza del sistema terrestre per trovare un nuovo modo di affrontare la ricerca sul cambiamento ambientale globale dal punto di vista del concetto di governamentalità di Michel Foucault. Lei e i suoi colleghi hanno identificato A come un sistema di pensiero centrale e ambiguo per la scienza del sistema terrestre che ospita diverse strategie per la sostenibilità. Sembra che il notevole interesse suscitato intorno a A sia iniziato con la domanda che Paul Crutzen e Will Steffen hanno formulato come commento editoriale nel 2003: Quanto tempo siamo stati nell’era A?[17]. Per questi autori l’inizio dell’A rimane arbitrario: è questo che genera l’attuale controversia.

Negli ultimi sei anni, abbiamo osservato come la produzione di letteratura in quest’area sia cresciuta esponenzialmente, fino a ora ci sono 1.036 documenti in Scopus che menzionano il termine “Antropocene”.

 

Figura 3 Documenti per autore (Fonte: Scopus)

 

Abbiamo trovato quattro autori con 16 o più pubblicazioni riguardo all’A. Nel mappare questi lavori di autori prolifici focalizzeremo la nostra analisi sulla descrizione delle loro traiettorie e contributi.

Figura 4 Numero di documenti per fonte (Fonte: Scopus)

 

Negli anni precedenti, molte riviste hanno pubblicato lavori sull’A, e nel 2013 è stato presentato un giornale ad hoc sull’A. Negli ultimi anni, l’A ha assunto una posizione di primo piano interdisciplinare nella ricerca scientifica, questa espressione comprende e racchiude tutte le interazioni che gli esseri umani hanno con i processi terrestri. La maggior parte dei documenti sull’A sono stati pubblicati in aree di studi ambientali (41,9%), studi terrestri e planetari (33,2%), scienze sociali e umanistiche (33%) e scienze agrarie e biologiche (21%). Questi documenti analizzano il significato delle attività umane nel modificare i paesaggi, gli oceani e gli ecosistemi della Terra su scala temporale e spaziale.

Proprio perché il numero di pubblicazioni sull’A è cresciuto in modo esponenziale, le opinioni e collaborazioni tra autori a livello internazionale si sono diversificate. Ciò suggerisce che, nel tempo e attraverso l’azione collettiva dei ricercatori stessi, più istituzioni e autori si uniranno alla rete di comunicazione internazionale che funziona come un sistema auto-organizzativo globale[18]. Tuttavia, a tal proposito, va tenuto presente che la maggior parte delle pubblicazioni sono in inglese e prodotte in istituzioni negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in Australia.

Un’ottima recensione per comprendere la complessità di questa controversia è il lavoro di Smith e Zeder[19] che riassume e confronta i vari approcci che gli studiosi di tutte le discipline hanno preso nell’ultimo decennio nel definire la transizione dall’Olocene all’A. Nonostante il proliferare della produzione scientifica su A non abbiamo ancora una mappa completa di questa controversia.

Grazie agli strumenti digitali, possiamo osservare come gli autori di diverse discipline collaborino per creare un paesaggio interessante e interconnesso. Uno dei software scelti per la creazione di questi paesaggi è VOSviewer, che consente la creazione di mappe bidimensionali.

Per Venturini la verifica di un grafico richiede lo spostamento dal grafico a una formula matematica, dalla formula matematica a una base di dati, dalla base di dati all’archivio che contiene le descrizioni, dalle descrizioni alla popolazione campionata e dal campione al fenomeno attuale[20]. Ogni fase comporta diversi dispositivi e richiede uno sforzo considerevole. Grazie a strumenti digitali come VOSviewer, la disaggregazione diventa molto più semplice, poiché tutti questi passaggi possono essere eseguiti senza allontanarsi dal computer[21].

 

Figura 5 Accoppiamento bibliografico (Elaborato con VOSviewer)

 

Grazie all’accoppiamento bibliografico (Figura 5), ​​possiamo osservare la correlazione degli elementi in base al numero di riferimenti che condividono. Due pubblicazioni sono accoppiate bibliograficamente se lo stesso articolo è citato in entrambe le pubblicazioni[22]; è la sovrapposizione delle liste di riferimento delle pubblicazioni[23]. I cluster sono interconnessi tra le quattro aree più rappresentative, quindi si conclude che A è una controversia interdisciplinare.

È interessante notare che gli autori più prolifici (Zalasiewicz, Williams, Steffen e Crutzen) si incontrano nel mezzo della rete. Ciò significa che le loro opere sono le più utili e significative per autori di diverse discipline, e questo rende i lavori sull’A più interdisciplinari.

Nel mezzo della mappa di accoppiamento bibliografica c’è un’opera di Todd Braje[24], pubblicata sul Journal of Archaeological Research, che ha esaminato il dibattito scientifico sulle implicazioni politiche, sociali e istituzionali dell’A. Grazie a questo testo, si possono mappare gli studiosi di tutte le discipline accademiche al fine di decodificare le complesse interrelazioni tra i sistemi naturali e culturali, e il loro effetto futuro sulla ricerca. Braje[25] ha aggiunto una nuova domanda a quella precedente di Steffer: Quanto durerà l’A?

Figura 6 Visualizzazione della densità dell’accoppiamento bibliografico (elaborato con VOSviewer)

 

La Figura 6 mostra lo stesso accoppiamento bibliografico della Figura 5, ma in questo caso non come rete, ma come visualizzazione della densità. Si tratta della stessa mappa, ma la visualizzazione della densità rivela la sua struttura generale, con il nucleo colorato di rosso e la periferia in blu. Il rosso (più scuro) rappresenta la densità più elevata e la dimensione del carattere è proporzionale al numero di occorrenze di un termine. La dimensione del carattere è anche proporzionale al numero di accoppiamenti bibliografici di un autore. Gli autori che occupano posizioni centrali meritano un’attenzione particolare perché hanno maggiori possibilità di plasmare la controversia[26]. Tuttavia, gli autori nella periferia sono anch’essi attrattivi perché offrono prospettive originali e mettono in discussione ciò che è spesso dato per scontato, come ad esempio Poschl e Shiraiwa[27], che nel loro lavoro si concentrano sulla revisione della chimica multifase dell’atmosfera nell’A. La loro conclusione è stata che

l’A non si limita a mitigare gli effetti collaterali negativi delle attività umane per astinenza, ma anche a utilizzare attivamente le conoscenze scientifiche e la tecnologia per proteggere e plasmare il pianeta Terra per uno sviluppo sostenibile e un futuro sano dell’umanità[28].

 

Figura 7 Densità delle opere più citate e co-citate (elaborate con VOSviewer)

 

Nella Figura 7, possiamo osservare la densità delle opere più citate e co-citate. La co-citazione è definita come la frequenza con cui due documenti sono entrambi citati in un terzo documento. Due pubblicazioni sono co-citate se c’è un terzo articolo che cita entrambe le pubblicazioni[29]. Maggiore è il numero di pubblicazioni in cui i testi sono co-citati, più forte è la relazione di co-citazione tra le due pubblicazioni[30]. L’uso dell’analisi di co-citazione è utile per lo studio delle relazioni tra ricercatori[31]. L’analisi della co-citazione si basa sull’idea che gli autori sono spesso citati perché simili. Un’alta frequenza di co-citazione tra due autori non significa necessariamente che condividano lo stesso punto di vista, ma indica che fanno parte dello stesso discorso[32].

In tali controversie non tutte le posizioni sono uguali e gli autori combattono per occupare importanti aree della controversia. Gli autori che occupano posizioni influenti meritano un’attenzione particolare nel dibattito perché hanno una migliore possibilità di modellarlo. Nella mappa troviamo Williams, Steffen e Crutzen nel nucleo rosso; collaborano su molti lavori e rappresentano gli autori primari che lavorano sull’A, con molti altri autori che li citano. Secondo Scopus, il lavoro di Crutzen del 2002[33] pubblicato su Nature è citato 257 volte, mentre il lavoro di Steffen, McNeill e Crutzen del 2007, pubblicato su Ambio, è citato 248 volte.

Il lavoro del premio Nobel Paul Crutzen del 2002 ha dato una definizione dell’A che ha generato un prima e un dopo nello studio dell’argomento. Successivamente, nel 2007, Steffen, Crutzen e McNeill hanno formulato una nuova domanda: Gli umani stanno ora travolgendo le grandi forze della natura?[34]

Le isole in verde sul lato sinistro di questa mappa sono occupate dalle opere di Zalasiewicz, la maggior parte delle quali cita opere dell’area delle scienze ambientali e della scienza terrestre e planetaria. Steffen, Williams, Haywood, Ellis e Zalasiewicz[35] hanno discusso di come varie attività influenzino il sistema terrestre e della necessità di cambiare la relazione umana con il pianeta. Questi autori hanno suggerito la creazione di un efficiente sistema di governance per la gestione planetaria, sistema che con tutta probabilità dovrebbe configurarsi come policentrico e multilivello piuttosto che centralizzato e gerarchico[36].

L’isola sul lato sinistro della mappa è composta da opere dell’area delle scienze terrestri e planetarie. Uno degli autori più citati è Bruce Wilkinson[37]; con 121 citazioni, il suo lavoro sulla prospettiva temporale degli umani come agenti geologici è emblematico nel suo campo e presenta concetti riguardanti l’attività antropogenica.

L’isola sulla destra è rappresentata da scienziati sociali e filosofi. Il lavoro di Bruno Latour[38] è uno dei testi più citati sull’A; anche se non menziona il termine nel testo, la sua riflessione riflette su qualcosa di assimilabile. Latour ha mescolato la natura e la società non come due opposte trascendenze attraverso un elemento di mediazione, che un decennio dopo è stato denominato A. Il suo lavoro rappresenta un precursore del termine.

Non importa quanto sia marginale un’isola sulla mappa, perché i punti di vista periferici e discordanti possono offrire prospettive e domande originali. Nella scienza, nessuna controversia è un’isola; ognuna è sempre composto da diverse sub-controversie, collegate a molte altre situate in altre isole o aree. In questo modo, le controversie non sono binarie (0 o 1), ma sistemi complessi con voci di molteplici autori.

 

Figura 8 Rete di citazioni di pubblicazioni (elaborate con CitNetExplorer)

 

Nella Figura 8 osserviamo una cronologia della rete di citazioni di pubblicazioni dal 1861 al 2016; da una prospettiva temporale, si può vedere come la polemica sia stata esplorata. La figura usa le stesse informazioni contenute nella Figura 7 ma, grazie al timeline, possiamo osservare come le opere principali sono state citate nel tempo. Come accennato in precedenza, l’A è diventato un argomento popolare per i ricercatori solo negli ultimi anni. Questo è evidente in questa linea temporale, poiché le citazioni cominciano a essere importanti solo negli ultimi 10 anni. Ogni cerchio della rete rappresenta una pubblicazione. Solo i 40 articoli più frequentemente citati sono inclusi in questa visualizzazione. Nella rete sono presenti sei cluster, che si riferiscono all’area scientifica.

La posizione orizzontale di ciascuna pubblicazione è determinata dalle sue relazioni di citazione con altre pubblicazioni; questo ci permette di osservare come gli autori selezionati siano venuti a occupare la parte centrale del flusso (Crutzen, Steffen, Zalasiewicz).

La posizione verticale di ciascuna pubblicazione è determinata per anno di pubblicazione. Questo ci consente di osservare la distribuzione delle quotazioni e generare un flusso di opere specifiche sulla base delle citazioni più rilevanti. A partire dal 2000, con le opere di Paul Crutzen, il termine A ha iniziato a raccogliere interesse nel mondo accademico.

L’analisi di questi dati dà visibilità a vari punti di vista in base all’area, all’argomento e al tempo.

Il principio base di una visualizzazione come questa è che ogni attore può essere classificato in una rete e che ogni rete può essere collegata abbastanza strettamente da diventare un singolo attore (come nella Figura 9).

Figura 9 Sottorete delle citazioni delle pubblicazioni di Ruddiman

(elaborata con CitNetExplorer)

 

Abbiamo selezionato le pubblicazioni di un solo autore della Figura 8 per analizzarle nella Figura 9. Le linee curve rappresentano i rapporti di citazione. Concentrandosi sul lavoro di Ruddiman, possiamo osservare come è stato creato un flusso negli ultimi 10 anni, con pubblicazioni che generano sottoreti di citazioni diverse negli anni successivi. Ruddiman[39], come con Wilkinson, lavora con il concetto di attività antropogeniche, concentrandosi sull’effetto serra.

La sottorete di Ruddiman comprende 15 pubblicazioni, 12 delle quali si trovano in un’area interdisciplinare. Sebbene il suo lavoro sia centrato esclusivamente sulla scienza ambientale, genera un interesse al di fuori del suo campo.

Grazie all’interattività degli strumenti digitali, non solo è possibile mostrare la posizione degli attori in un determinato momento nel tempo, ma anche mostrare come questa posizione cambia nel tempo e attraverso l’area, e come questo ha influenzato la definizione stessa della controversia.

 

Figura 10 Rete e densità dei co-autori

 

Nella Figura 10 osserviamo la rete e la densità dei co-autori più produttivi sull’A che hanno più di due collaborazioni tra loro. La collaborazione è più frequente nelle scienze naturali che nelle scienze sociali, come si può osservare nella Figura 10. Gli autori collaborativi più prolifici si trovano nel mezzo di questa mappa. Come abbiamo visto prima, molti hanno collaborato nell’ultimo decennio. Steffen è l’autore con più collaborazioni (78 opere collaborative sull’A).

Fino a questo momento, abbiamo osservato le relazioni tra autori e discipline negli ultimi anni, ma non abbiamo ancora capito perché A è una controversia. Per questo motivo, abbiamo bisogno di analizzare le reti costruite attraverso il contenuto di queste opere. Discutendo di questo contenuto possiamo osservare che l’A è una polemica del nostro tempo.

Dobbiamo creare mappe basate sul corpus di questi testi. Questi tipi di mappe usano termini che appaiono nel titolo e nell’abstract di ogni opera. Per questa analisi, abbiamo deciso di definire una co-occorrenza comprendente almeno dieci ricorrenze di un termine.

 

Figura 11 Mappa della rete di co-occorrenza del termine

 

Il numero di co-occorrenze di due parole chiave è il numero di pubblicazioni in cui entrambe le parole chiave si verificano insieme nel titolo, nell’abstract o nell’elenco delle parole chiave[40]. In questa mappa, più importante è un termine, più grande è il cerchio. Anche se sappiamo che una controversia è qualcosa di complesso e non binario, nella Figura 11 osserviamo due cluster significativi, uno in rosso e l’altro in verde.

Prima di iniziare un’analisi di questi termini, pensiamo che sia importante osservare come i nodi di ciascun cluster si connettono per creare due grandi polarità.

 

Figura 12 Mappa della densità degli elementi di co-occorrenza dei termini (VOSviewer)

 

Infine, guardando la Figura 12, scopriamo l’esistenza di una grande controversia. Questa mappa mostra un’enorme polemica divisa in due nuclei, a seconda della co-occorrenza dei termini. La Figura 12 illustra due diversi territori dello stesso argomento, ovvero due modi per comprendere e spiegare l’A.

La mappa della densità del cluster mostra la co-occorrenza dei termini. Nel primo cluster, a sinistra della mappa e in verde, si trovano i termini più frequenti: acqua (70), risultato (69), dati (64), concentrazione (58), clima (54), oceano (52) periodo (48), aumento (37), Olocene (35), biodiversità (34), sedimento (24), rivoluzione industriale (14) e attività antropogenica (13). Abbiamo collegato questi termini alle opere analizzate al fine di accertare quale gruppo detiene le opere di ciascun autore. Grazie al software Wordcounter, abbiamo classificato le parole più usate in questi lavori. Confrontando la mappa in Figura 12 con i 25 termini più frequentemente usati (escludendo le parole generiche e usando solo le radici delle parole), abbiamo osservato che questi termini sono usati da autori che non hanno menzionato A nel loro lavoro, ma menzionavano qualcosa di simile alle attività antropogeniche[41]. Questi autori preferiscono usare termini tratti da scienze ambientali per mostrare i cambiamenti, causati da attività umane, che hanno trasformato la terra e l’ecosistema.

Sul lato destro della mappa, abbiamo il secondo cluster (rosso), dove i termini più frequenti sono umani (141), scienza (115), futuro (98), sfida (83), concetto (69), futuro (64), ambiente (40), geologico (36), governance (35), azione (34), epoca (25), resilienza (21), uomo (21) e opportunità (18). Utilizzando lo stesso metodo di confronto utilizzato con l’altro cluster, sembra che molti autori che abbiamo precedentemente citato[42] utilizzano termini trovati nel primo o nel secondo cluster. Nessuna ambiguità esiste nelle opere degli autori più citati o prolifici. Tutti gli autori che appaiono nelle mappe precedenti e che sono importanti per l’A per diversi motivi, sono divisi nel primo o nel secondo cluster. Combinare la mappa degli articoli di co-occorrenza di termini con il contatore di parole per ogni testo, ci fornisce un risultato chiaro: la controversia sull’A esiste. Questi due elenchi di termini sono molto diversi e possiamo capire perché i termini “era geologica” o “umano” non compaiono mai nel primo cluster. Nel secondo cluster, i termini “Olocene” e “clima” non appaiono mai. In un’analisi preliminare, possiamo supporre che la prima mappa sia composta da lavori che non sono d’accordo con considerare l’A come una nuova era geologica, credendo nella continuazione dell’Olocene, o almeno che siamo nell’era tarda dell’Olocene. Il secondo cluster sembra contenere opere che sono d’accordo con l’idea che A sia una nuova era geologica e individuano nell’attività antropica il nucleo di questa nuova era.

Gli articoli scientifici pubblicati sull’A sono in un cluster o nell’altro, ma difficilmente hanno connessioni tra di loro.

 

Figura 13 Mappa della densità degli elementi di co-occorrenza dei termini per gli autori più produttivi (VOSviewer)

 

 

Nella Figura 13, abbiamo analizzato la co-occorrenza dei termini per gli autori più prolifici. Ricordando che la co-occorrenza di termini è definita da una coincidenza di più di cinque parole, la maggior parte dei termini utilizzati dagli autori può essere identificata nel secondo cluster di Figura 12.

Gli autori più produttivi e influenti sull’A sono posizionati nel secondo cluster, in accordo con il concetto di A. Secondo la cartografia delle controversie, Venturini[43] ha sostenuto che quando sono costantemente impegnati a legare e sciogliere le relazioni, discutendo categorie e identità, rivelando il tessuto dell’esistenza collettiva da molteplici punti di vista e prospettive, nozioni contrastanti e metodologie, e esplorando dove le cose si complicano di più, gli studiosi sono presto sommersi dalla complessità.

 

  1. Discussione

La crescita del numero di pubblicazioni relative all’A nell’ultimo decennio ha accresciuto la controversia sul fatto che l’A esista e rappresenti una nuova era, poiché non tutti gli autori concordano pienamente. Abbiamo applicato diverse tecniche digitali per mappare questo dibattito.

In primo luogo, abbiamo osservato un aumento sostanziale delle pubblicazioni scientifiche.

Il carattere multidisciplinare di una ricerca si riflette nell’analisi delle co-citazioni e nell’analisi di co-occorrenza dei termini. Abbiamo trovato due gruppi di termini concomitanti, che rappresentano accordo e disaccordo con l’A, e offrono un confronto tra le opere emblematiche presentate nelle reti.

Abbiamo offerto alcuni paesaggi scientifici che rendono le controversie interessanti da investigare, in particolare laddove le cartografie e gli strumenti digitali possono aiutarci a capirle. Il miglior vantaggio offerto dalle reti e dalle mappe è che facilitano la lettura delle informazioni bibliometriche.

È importante sottolineare che l’esplorazione e la rappresentazione si uniscono sempre in una cartografia.

Gli studiosi sono presto sommersi dalla complessità in quanto sono incoraggiati a assumere molteplici punti di vista e prospettive, a mettere a confronto le nozioni e le metodologie e a esplorare i concetti più complicati.

Queste domande e questo contesto hanno permesso l’esplorazione delle relazioni tra discipline scientifiche, tra scienza e società, e tra scienza e politica, oltre a questioni relative al pensiero e alla comprensione delle relazioni odierne tra umanità, tecnologia e pianeta Terra. Abbiamo testato la fruttuosità dei metodi bibliometrici digitali per la mappatura dell’A in base al suo status di enorme controversia contemporanea.


[1] B. Latour, Science in Action (1987), Harvard University Press, London 1987.

[2] Id., Why has critique run out of steam? From matters of fact to matters of concern, in «Critical inquiry», 2, 2004, pp. 225-248.

[3] B. Latour, Agency at the Time of the Anthropocene, in «New literary history», 45, 2014, pp. 1-18.

[4] Id., Why has critique run out of steam? From matters of fact to matters of concern, cit.

[5] T. Venturini, Building on faults: how to represent controversies with digital methods, in «Public Understanding of Science», 7, 2012, pp. 796-812.

[6] Ibid.

[7] Id., Diving in magma: How to explore controversies with actor-network theory, in «Public understanding of science», 3, 2010, p. 260.

[8] Id., Building on faults: how to represent controversies with digital methods, cit.

[9] M. Callon, Can methods for analysing large numbers organize a productive dialogue with the actors they study?, in «European Management Review», 1, 2006, pp. 7-16.

[10] T. Venturini, Building on faults: how to represent controversies with digital methods, cit.

[11] P. Falkowski, R. Scholes, E. Boyle, J. Canadell, D. Canfield, J. Elser, F. Mackenzie, The global carbon cycle: a test of our knowledge of earth as a system, in «Science», 290, 2000, pp. 291-296.

[12] P. Crutzen, E. Stoermer, Global change newsletter, in «The Anthropocene», 41, 2000, pp. 17-18.

[13] L. Codispoti, J. Brandes, J. Christensen, A. Devol, S. Naqvi, H. Paerl, T. Yoshinari, The oceanic fixed nitrogen and nitrous oxide budgets: moving targets as we enter the anthropocene?, in «Scientia Marina», 65, 2001, pp. 85-105.

[14] G. Miehe, S. Miehe, K. Kaiser, C. Reudenbach, L. Behrendes, L. Duo, F. Schlütz, How old is pastoralism in Tibet? An ecological approach to the making of a Tibetan landscape, in «Palaeogeography, Palaeoclimatology, Palaeoecology», 1, 2009, pp. 130-147.

[15] F. Schlütz, F. Lehmkuhl, Holocene climatic change and the nomadic Anthropocene in Eastern Tibet: palynological and geomorphological results from the Nianbaoyeze Mountains, in «Quaternary Science Reviews», 28, 2009, pp. 1449-1471.

[16] E. Lövbrand, J. Stripple, B. Wiman, Earth System governmentality: Reflections on science in the Anthropocene, in «Global Environmental Change», 19, 2009, pp. 7-13.

[17] P. Crutzen, W. Steffen, How long have we been in the Anthropocene era?, in «Climatic Change», 3, 2003, pp. 251-257.

[18] L. Leydesdorff, C. Wagner, International collaboration in science and the formation of a core group, in «Journal of Informetrics», 2, 2008, pp. 317-325.

[19] B. Smith, M. Zeder, The onset of the Anthropocene, in «Anthropocene», 4, 2013, pp. 8-13.

[20] T. Venturini, Building on faults: how to represent controversies with digital methods, cit.

[21] Ibid.

[22] M. Kessler, Bibliographic coupling between scientific papers, in «American Documentation», 1, 1963, pp. 10–25.

[23] N. Van Eck, L. Waltman, Visualizing bibliometric networks, in Y. Ding, R. Rousseau, D. Wolfram (a cura di), Measuring scholarly impact: Methods and practice, Springer, London 2014, pp. 285–320.

[24] T. Braje, Earth Systems, Human Agency, and the Anthropocene: Planet Earth in the Human Age, in «Journal of Archaeological Research», 23, 2015, pp. 369-396.

[25] Ibid.

[26] T. Venturini, Building on faults: how to represent controversies with digital methods, cit.

[27] U. Poschl, M. Shiraiwa, Multiphase Chemistry at the Atmosphere-Biosphere Interface Influencing Climate and Public Health in the Anthropocene, in «Chemical Review», 115, 2015, pp. 4440-4475.

[28] Ibid.

[29] I. Marshakova, Bibliographic coupling system based on references, in «Nauchno-Tekhnicheskaya Informatsiya Seriya», 2, 1973, pp. 3-8; e H. Small, Cocitation in the scientific literature: A new measure of the relationship between two documents, in «Journal of the American Society for information Science», 4, 1973, pp. 265-269.

[30] N. Van Eck, L. Waltman, Visualizing bibliometric networks, cit.

[31] K. McCain, Mapping economics through the journal literature: An experiment in journal cocitation analysis, in «Journal of the American Society for Information Science», 4, 1991, pp. 290-294; H. White, B. Griffith, Authors as markers of intellectual space: Co-citation in studies of science, technology and society, in «Journal of Documentation», 4, 1982, pp. 255-272.

[32] P. Ahlgren, P. Pagin, O. Persson, M. Svedberg, Bibliometric analysis of two subdomains in philosophy: free will and sorites, in «Scientometrics», 103, 2015, pp. 47-73.

[33] P. Crutzen, Geology of mankind, in «Nature», 415, 2002, p. 23.

[34] W. Steffen, P. Crutzen, J. McNeill, The Anthropocene: are humans now overwhelming the great forces of nature, in «AMBIO», 8, 2007, pp. 614-621.

[35] J. Zalasiewicz, M. Williams, A. Haywood, M. Ellis, The Anthropocene: a new epoch of geological time?, in «Philosophical Transactions of the Royal Society of London A: Mathematical, Physical and Engineering Sciences», 369, 2011, pp. 835-841.

[36] Ibid.

[37] B. Wilkinson, Humans as geologic agents: A deep-time perspective, in «Geology», 3, 2005, pp. 161-164.

[38] B. Latour, We Have Never Been Modern (1991), Harvard University Press, Cambridge 1993.

[39] W. Ruddiman, The anthropogenic greenhouse era began thousands of years ago, in «Climatic change», 3, 2003, pp. 261-293.

[40] N. Van Eck, L. Waltman, Visualizing bibliometric networks, cit.

[41] E. Ellis, D. Fuller, J. Kaplan, W. Lutters, Dating the Anthropocene: Towards an empirical global history of human transformation of the terrestrial biosphere, in «Elementa: Science of the Anthropocene», 1, 2013, pp. 1-8; W. Ruddiman, The anthropogenic greenhouse era began thousands of years ago, cit.; B. Wilkinson, Humans as geologic agents: A deep-time perspective, cit.

[42] T. Braje, Earth Systems, Human Agency, and the Anthropocene: Planet Earth in the Human Age, cit.; P. Crutzen, Geology of mankind, cit.; P. Crutzen, W. Steffen, How long have we been in the Anthropocene era?, cit.; P. Crutzen, E. Stoermer, Global change newsletter, cit.; E. Lövbrand, J. Stripple, B. Wiman, Earth System governmentality: Reflections on science in the Anthropocene, cit.; U. Poschl, M. Shiraiwa, Multiphase Chemistry at the Atmosphere-Biosphere Interface Influencing Climate and Public Health in the Anthropocene, cit.; W. Steffen, P. Crutzen, J. McNeill, The Anthropocene: are humans now overwhelming the great forces of nature, cit.; J. Zalasiewicz, M. Williams, A. Haywood, M. Ellis, The Anthropocene: a new epoch of geological time?, cit.

[43] T. Venturini, Building on faults: how to represent controversies with digital methods, cit.

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