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La natura umana

Autore


Paolo Amodio

Università degli Studi di Napoli Federico II

Editor in chief

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S&F_n. 01_2009


Ha ancora senso parlare di una “natura umana”? La filosofia e l’antropologia del ‘900 hanno progressivamente distanziato questi due termini sulla base di una serrata critica alla tradizione metafisica e, di qui, al suo essenzialismo. Tuttavia rimane da chiedersi se quella separazione abbia ancora ragion d’essere o, piuttosto, se non rischi di essere fuorviante. La riflessione sulla “natura umana”, infatti, ha spesso avuto l’esito di negare la naturalità dell’uomo e di collocare la sua “essenza” esclusivamente nella dimensione culturale: “l’uomo non ha natura ma solo storia”, questo il dogma del culturalismo che ha influenzato e continua a influenzare gran parte dei saperi umanistici.

Tuttavia questa impostazione, premurandosi di criticare l’essenzialismo metafisico, denuncia a sua volta una concezione “metafisica” della natura. Il fatto che la natura umana abbia perso il suo spessore ontologico, infatti, non significa affatto che l’uomo sia da intendersi, perciò stesso, come un essere esclusivamente storico e dunque privo di natura. Ciò sarebbe in macroscopica contraddizione con la radicale naturalizzazione darwiniana dell’uomo, la quale investe non solo la sua mera esistenza biologica, ma anche la sua esistenza storica di agente etico-sociale. La biologia darwiniana e ancor più la nuova biologia hanno elaborato una nuova nozione di natura, una nozione per cui il naturale diviene integralmente permeabile allo storico e viceversa.  

Il crescente incrocio che le attuali ricerche scientifiche, la genetica e le neuroscienze innanzitutto, invitano a realizzare tra natura e cultura rende dunque obsoleto il dogma per cui l’uomo «non ha natura, ma solo storia». Esso, infatti, ha senso solo se per “natura” si intende un’essenza meta-storica. Ma questa è esattamente una lettura metafisica (o anche fisicalistica) del concetto di natura. La “natura” studiata dalla biologia e dall’antropologia evoluzionistica, dalle neuroscienze e dalla genetica, è invece una natura che permette di render conto dell’uomo, comprese le sue “immateriali” capacità morali e cognitive. 

Quali, allora, i percorsi filosofici che consentono di superare l’inganno metafisico nascosto nella nozione di natura? Quali quelli che invece continuano a ignorare le “proprietà emergenti” di una natura in grado di partorire cultura? L’ipotizzata distinzione tra “natura umana” e “condizione umana” dice davvero qualcosa in più circa il rapporto uomo/mondo o rinvia al medesimo cliché?

Il superamento del dualismo natura/cultura implica anche quello tra natura e uomo e impone la necessità di ripensare in modo radicale l’espressione “natura umana”, fosse anche solo per poterla dire o dis-dire senza inopportune parafrasi.

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