Autore
Corrado Mascia
Università di Roma La Sapienza
insegna Analisi Matematica alla Sapienza – Università di Roma
Indice
- Vuoi essere concreto? E allora astrai!
- “L’irragionevole efficacia della matematica nelle scienze naturali”…
- E “l’irragionevole inefficacia della matematica nella biologia”
- Vita in silicio e multidisciplinarità
S&F_n. 03_2010
- Vuoi essere concreto? E allora astrai!
C’è chi ritiene che il mondo complesso, intricato, labirintico, in cui viviamo possa magicamente divenire chiaro e intelligibile, quando si sia in grado di parlare una lingua fatta di oggetti geometrici, implicazioni logiche, equazioni, relazioni algebriche:
La filosofia è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi a gli occhi (io dico l’universo), ma non si può intendere se prima non s’impara a intender la lingua, e conoscer i caratteri, ne’ quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche, senza i quali mezzi è impossibile a intenderne umanamente parola; senza questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro laberinto[1].
L’efficacia della matematica, quindi, discenderebbe dal fatto che proprio in tale lingua sarebbe stato scritto l’universo stesso e, di conseguenza, la comprensione dei fenomeni naturali passerebbe inevitabilmente per l’abilità di esprimersi con questo specifico tipo di idioma. Nel corso dei secoli, l’opinione di scienziati e intellettuali ha ricoperto tutto lo spettro delle posizioni che passano dall’accordo completo all’antitesi pressoché totale rispetto al punto di vista galileiano. Per citare un esempio di rilievo, James Clerk Maxwell, riferendosi al concetto di “potenziale”, scrive:
We have no reason to believe that anything answering to this function has a physical existence in the various parts of space, but it contributes not a little to the clearness of our conceptions to direct our attention to the potential function as if it were a real property of the space in which it exists[2].
Si tratta di un approccio di tipo strumentale: la matematica è un linguaggio utile in quanto capace di chiarificare i meccanismi che guidano le dinamiche del mondo naturale, ma non per questo le si deve attribuire una qualche realtà concreta. Una posizione analoga è sostenuta dal neurobiologo Jean-Pierre Changeux, che difende l’idea del linguaggio matematico come pura creazione del cervello dell’uomo[3]. In opposizione, il matematico Alain Connes sposa la tesi dell’esistenza di un universo matematico concreto a cui si accede tramite il pensiero e la cui realtà materiale è dimostrata dalla coerenza delle scoperte matematiche, indipendenti dalla percezione del singolo e quindi, in qualche forma, pre-esistenti all’uomo. La discussione e il dibattito proseguono, probabilmente senza che possano giungere a una conclusione definitiva, come viene sintetizzato nelle pagine finali di Eudossia di Italo Calvino:
Sul rapporto misterioso di due oggetti così diversi come il tappeto e la città fu interrogato un oracolo. Uno dei due oggetti – fu il responso – ha la forma che gli dei diedero al cielo stellato e alle orbite su cui ruotano i mondi; l’altro ne è un approssimativo riflesso, come ogni opera umana. Gli àuguri già da tempo erano certi che l’armonico disegno del tappeto fosse di fattura divina; in questo senso fu interpretato l’oracolo, senza dar luogo a controversie. Ma allo stesso modo tu puoi trarne la conclusione opposta: che la vera mappa dell’universo sia la città d’Eudossia così com’è, una macchia che dilaga senza forma, con vie tutte a zig-zag, case che franano una sull’altra nel polverone, incendi, urla nel buio[4].
Qualunque ne sia il motivo fondante, è innegabile che l’uso della formalizzazione e della coerenza matematica in ambito scientifico abbia contribuito e continui a contribuire in maniera determinante alla comprensione di un gran numero di fenomeni naturali. Solo per citare due esempi, si ricordi la scoperta di Nettuno dovuta ai calcoli effettuati da John Couch Adams e da Urbain Le Verrier, nella prima metà dell’800, a partire dalla descrizione newtoniana del moto dei pianeti, o la precisione della elettrodinamica quantistica (QED) che, come osservato da Richard Feynman, è attualmente accurata quanto lo sarebbe misurare la distanza da Los Angeles a New York commettendo un errore pari allo spessore di un capello. Alimentata da questi e altri successi, l’idea della modellazione matematica ha preso inesorabilmente piede nell’ambito di molte discipline scientifiche, estendendosi talvolta anche alle Scienze Sociali.
L’assunto di partenza sta nella possibilità di associare a un fenomeno concreto specifico una sua controparte astratta che, da un lato, è in grado di riflettere molte delle caratteristiche salienti della realtà, e dall’altro, può essere analizzata in maniera dettagliata attraverso una precisa e minuziosa attività mentale. In questa operazione di traslitterazione, la Matematica risulta essere uno strumento particolarmente duttile, in quanto basato su concetti elementari definiti da caratteristiche precise da una parte e sufficientemente generali dall’altra, e, nello stesso tempo, fertile, in quanto capace di generare nuovo pensiero e nuove idee, come conseguenza del suo essere un linguaggio logico-deduttivo.
La branca specifica della Matematica da prediligere è dettata dal problema considerato. La meccanica newtoniana, a esempio, fonda il suo successo in una descrizione basata sull’uso di equazioni differenziali. Sorvolando sul significato tecnico specifico, questo tipo di modellazione consta nel tradurre uno specifico fenomeno fisico, caratterizzato dalle forze che agiscono su un oggetto, in una famiglia di relazioni, le quali determinano, tipicamente in maniera implicita, le grandezze necessarie per la descrizione della dinamica dell’oggetto (posizione, velocità, e così via). L’efficacia dell’approccio sta nel fatto che tutto il fenomeno viene tradotto in un linguaggio che può essere in linea di principio analizzato alla luce di pure considerazioni logico-formali, in maniera autonoma rispetto al problema di provenienza. L’abbandono (auspicabilmente provvisorio, come verrà discusso più avanti) dell’ambito concreto specifico non viene considerato un “tradimento”, ma, al contrario, un indicatore di “robustezza” dell’approccio: più la descrizione matematica è in grado di sostenersi in maniera autonoma e indipendente dal fenomeno da cui è stata generata e più essa viene considerata valida. È proprio l’autoconsistenza insita nell’approccio matematico a sostenere e alimentare la percezione dell’esistenza di una realtà matematica oggettiva e concreta al pari del mondo tangibile che ci circonda.
- “L’irragionevole efficacia della matematica nelle scienze naturali”…
La motivazione principale che genera questo tipo di atteggiamento “purista’” è di tipo essenzialmente estetico: una teoria che permetta, a partire da un nucleo di assunzioni il più essenziale possibile, di dedurre il maggior numero di conclusioni certe, possibilmente “sorprendenti”, in quanto non contenute in maniera evidente nelle ipotesi di base, è considerata una teoria “bella”. Nonostante ci sia un accordo generalizzato sul considerare migliori le teorie sintetiche, quelle cioè che riducano al massimo le eventuali ridondanze, le valutazioni specifiche relative alla scelta degli assiomi migliori (ammesso che tale scelta esista) e alle deduzioni ritenute più interessanti, viene rimandata a criteri di eleganza. Le differenze tra scuole di pensiero possono essere anche molto rilevanti, come nel caso della reductio ad absurdum, che, mentre viene considerata una tecnica dimostrativa corretta dalla maggioranza dei matematici, non è ritenuta valida dalla scuola intuizionistica, fondata dall’olandese Luitzen Brouwer, in quanto basata su un ragionamento di tipo non costruttivo.
Molti episodi nella storia della Scienza hanno mostrato come la fiducia nella sensatezza dello studio delle strutture matematiche in sé e per sé possa rivelarsi utile per una comprensione più approfondita della realtà fisica stessa del mondo. Notevole è il caso della scoperta sperimentale del positrone, anti-particella dell’elettrone, determinata in maniera inequivocabile dallo studio, puramente matematico, dell’equazione di Dirac, proposta e studiata nel tentativo di sintetizzare la meccanica quantistica con la teoria della relatività. In questo caso, in effetti, va osservato che lo spazio tra la teoria fisico-matematica e il mondo reale non è particolarmente grande. Più significativo è il caso dello sviluppo della teoria spettrale che, suscitata nel XVIII secolo a partire dalla descrizione dei fenomeni oscillatori con i lavori di Daniel Bernoulli, Leonhard Euler e Jean le Rond d’Alembert, ha trovato un suo percorso matematicamente autonomo di circa un secolo fino ad arrivare agli sviluppi dovuti a David Hilbert, che si sono rivelati (con sorpresa dello stesso Hilbert) uno strumento imprescindibile per la comprensione delle basi quantistiche della struttura dell’atomo:
Ho sviluppato la mia teoria ad infinite variabili motivato da un interesse puramente matematico e l’ho persino chiamata teoria spettrale senza alcun presentimento che avrebbe alla fine trovato applicazione agli spettri reali della fisica! [5]
Ancora più eclatante è la vicenda della scoperta di geometrie non euclidee, in particolare di geometrie che non rispettano il quinto postulato di Euclide, il cosiddetto postulato delle parallele. Dopo secoli di tentativi fallimentari di dedurre tale proprietà a partire dagli altri assiomi della geometria, grazie ai contributi fondamentali di Carl Friedrich Gauss e Bernhard Riemann, si è mostrata l’esistenza di geometrie coerenti che rispettano tutti gli assiomi euclidei tranne il quinto e che, di conseguenza, costituiscono delle alternative matematicamente praticabili alla visione tradizionale. L’aver scardinato l’idea di un’unica geometria possibile, quella euclidea, a favore di un ventaglio ampio di altri percorsi possibili e lo sviluppo di un appropriato linguaggio matematico che permette di gestire e comprendere le proprietà di questi nuovi “universi”, ha avuto un ruolo determinante nella definizione della Relatività Generale di Albert Einstein (basata su una geometria di tipo lorentziano) che, altrimenti, non sarebbe mai potuta svilupparsi[6].
La sorpresa per l’efficacia del pensiero matematico nel mondo reale che riemerge anche a partire da diramazioni e sviluppi sotterranei svincolati dal mondo concreto, è ben espressa dalla locuzione “l’irragionevole efficacia della Matematica nelle Scienze Naturali” del fisico Eugene Wigner[7], che ha suscitato e suscita ancora un lungo dibattito tra fautori e detrattori[8].
Ferma restando la necessità di preservarsi uno spazio autonomo e indipendente di sviluppo, il rapporto con il mondo delle scienze applicate è indispensabile alla Matematica come sorgente di problemi e di nuove direzioni di lavoro. Gli stessi episodi richiamati in precedenza mostrano il ruolo fertile che hanno avuto le problematiche relative alla comprensione del mondo reale nello sviluppo della Matematica stessa (vale la pena aggiungere all’elenco anche il caso del calcolo infinitesimale che deve gran parte della sua genesi alla fondazione della meccanica newtoniana). Facendo un passo ulteriore in avanti, come avverte John von Neumann, un settore che resti troppo a lungo completamente isolato dal mondo empirico rischia di trovarsi rinchiuso in inutili barocchismi e, quindi, di inaridirsi inesorabilmente:
I think that it is a relatively good approximation to truth --which is much too complicated to allow anything but approximations-- that mathematical ideas originate in empirics, although the genealogy is sometimes long and obscure. But, once they are so conceived, the subject begins to live a peculiar life of its own and is better compared to a creative one, governed by almost entirely aesthetical motivations, than to anything else and, in particular, to an empirical science. There is, however, a further point which, I believe, needs stressing. As a mathematical discipline travels far from its empirical source, or still more, if it is a second and third generation only indirectly inspired by ideas coming from ``reality’’ it is beset with very grave dangers. It becomes more and more purely aestheticizing, more and more purely I’art pour I’art. This need not be bad, if the field is surrounded by correlated subjects, which still have closer empirical connections, or if the discipline is under the influence of men with an exceptionally well-developed taste. But there is a grave danger that the subject will develop along the line of least resistance, that the stream, so far from its source, will separate into a multitude of insignificant branches, and that the discipline will become a disorganized mass of details and complexities. In other words, at a great distance from its empirical source, or after much "abstract" inbreeding, a mathematical subject is in danger of degeneration. At the inception the style is usually classical; when it shows signs of becoming baroque, then the danger signal is up[9].
Quindi, apparentemente, l’universo matematico e il mondo fisico vivono e convivono in un’interazione simbiotica vantaggiosa per l’uno e per l’altro e, secondo uno schema narrativo tradizionale, tutti vissero felici e contenti.
- E “l’irragionevole inefficacia della matematica nella biologia”
L’evoluzione del mondo culturale porta con sé nuove sfide e nuovi traguardi, e anche gli ambiti scientifici, per fortuna, non sono indenni da tale continua trasformazione. Così, mentre attraverso la teoria delle super-stringhe, il dialogo tra la fisica e la matematica continua, giungendo a proporre teorie talmente raffinate da non essere al giorno d’oggi verificabili sperimentalmente e che permettono a un fisico teorico, Edward Witten, di essere insignito della medaglia Fields, la più grande onoreficienza in Matematica, allo stesso tempo si espandono prospettive radicalmente diverse, che accomunano gruppi di ricercatori provenienti da back-ground molto variegati tra loro. Tra le altre, la direzione che attira un interesse particolarmente diffuso è quella relativa alla descrizione e al funzionamento del mattone elementare della vita: la cellula.
A differenza di quello con la Fisica, il dialogo della Matematica con la Biologia, non ha mai riscosso un consenso unanime. Nell’introduzione del suo On Growth and Form, il biologo D’Arcy Wentworth Thompson, chiede un esplicito aiuto agli esperti del linguaggio matematico:
It is not the biologist with an inlinking of mathematics, but the skilled and learned mathematician who must ultimately deal with such problems as are sketched and adumbrated here.[10]
Negli anni a seguire, molti matematici hanno raccolto la sfida esplorando la possibilità di modellare con formule ed equazioni anche il mondo del vivente. Nel 1952, Alan Turing propone un modello matematicamente semplice che aspira a spiegare il meccanismo elementare che porta alla differenziazione nello sviluppo dell’embrione[11]. Tale modello ha ricevuto molto successo nella comunità dei matematici, ma molto meno in quella dei biologi[12]. In effetti, anche nella stessa comunità dei matematici, c’è chi nutre un grande scetticismo sul binomio con la biologia. Al sovietico Israel Gelfand viene attribuita la frase: «C’è solo una cosa più irragionevole della irragionevole efficacia della matematica nella fisica, ed è l’irragionevole inefficacia della matematica nella biologia»[13]; asserzione che posa una pietra tombale su qualsiasi aspirazione di modellazione matematica del funzionamento cellulare.
In effetti, ci sono alcune differenze basilari tra i fenomeni fisici e quelli biologici che pongono queste due discipline in due universi ben distinti. Tra le altre spicca una discordanza metodologica particolarmente importante. La fisica si è da sempre basata su un approccio di tipo riduzionista: un fenomeno complesso viene scomposto in una combinazione di effetti “elementari” che vengono inizialmente studiati separatamente e poi ricombinati, uno a uno, per tornare, passo dopo passo, alla struttura completa dell’evento. Nello studio della caduta di un grave, per ripartire da uno degli esperimenti che sono all’origine del metodo scientifico come lo intendiamo oggi, si considera prima di tutto il caso di un punto materiale sotto l’effetto della gravità, e solo successivamente si passano a considerare l’effetto della resistenza dell’aria, di eventuali effetti di rotazione terrestre o la geometria stessa dell’oggetto in caduta.
Ciascuna di queste riduzioni ammette una formulazione matematica, che ammette uno studio autonomo dalla fisica del problema e una successiva interpretazione dei risultati ottenuti a fronte del fenomeno reale. In questo modo, si genera quell’interazione costruttiva tra Fisica e Matematica di cui si è già detto. La prima modellazione, alle volte artigianale, fornisce un problema matematico relativamente semplice, la cui analisi permette una comprensione più profonda del reale; grazie a questa è possibile definire una descrizione più dettagliata e precisa del fenomeno considerato, la quale fornisce un nuovo input per il linguaggio delle formule e del rigore matematico. Si genera così un circolo virtuoso da cui traggono vantaggio entrambe le discipline. Man mano che aumentano il numero delle entità che contribuiscono all’evoluzione di un dato fenomeno, da una parte la descrizione della realtà diviene più precisa, dall’altra la complessità matematica aumenta. Per questo motivo si diramano direzioni diverse a seconda dell’interesse del singolo specialista: a una estremità si trovano coloro che sono interessati all’applicazione concreta e che, in genere, necessitano di risposte numeriche esplicite e immediate; dall’altra, i puristi della matematica concentrano i loro sforzi su modelli potenzialmente iper-semplificati con lo scopo di valicare o invalidare affermazioni in maniera logicamente ineccepibile. I primi sono disposti a cedere ampi spazi a ragionamenti euristici, non logicamente rigorosi, in favore di predizioni direttamente interpretabili nella realtà quotidiana; i secondi, al contrario, cedono sulla fedeltà al reale, in favore dello sviluppo di una teoria matematicamente rigorosa. Nel mezzo, si distribuisce in maniera continua un intervallo di atteggiamenti intermedi, nessuno dei quali può essere considerato assoluto; tutti necessitano, in un modo o nell’altro, dell’attività di tutti gli altri, perché è il compendio di questi punti di vista che, auspicabilmente, fornisce la visione globale del fenomeno considerato.
Tuttavia In ambito biologico il principio riduzionista vacilla. È difficile individuare un analogo dello studio della caduta di un grave, cioè di un modello che possa essere enormemente semplificato pur rimanendo in stretta corrispondenza con un fenomeno reale. La quasi totalità degli eventi biologicamente rilevanti risulta per sua natura stessa estremamente complesso e molte descrizioni matematiche suonano ai biologi come semplificazioni eccessive, interessanti per gli esperti del ragionamento logico-formale, ma che tradiscono alcune delle caratteristiche decisive del fenomeno concreto.
- Vita in silicio e multidisciplinarità
Alla parola chiave “riduzionismo” si contrappone, in ambito biologico, il vocabolo “olismo”, intendendo indicare con questo termine l’idea che la somma delle parti è maggiore della semplice giustapposizione delle singole unità considerate separatamente. È questo tipo di percezione che sta alla base della Systems Biology, una tendenza sviluppatasi prevalentemente negli ultimi dieci anni, che propone un approccio intrinsecamente interdisciplinare nello studio del vivente.
Qual è il ruolo che può essere giocato dalla Matematica in questa direzione? L’assenza di modelli semplici, che costituiscano un patrimonio collettivo di discipline diverse, aumenta le distanze tra matematici e biologi, diminuendo in maniera drastica la possibilità di confronto in un territorio familiare a entrambi. Il dialogo è reso ancora più difficile da una eccessiva specializzazione degli ultimi decenni, che ha portato allo sviluppo di linguaggi sempre più sghembi l’uno rispetto all’altro e difficilmente comprensibili a chi non sia un esperto del singolo settore specifico. In effetti, il mondo scientifico e intellettuale in genere, si è sviluppato in conseguenza a stimoli, finalità e obiettivi diversi, dividendosi in discipline differenti, ciascuna con un linguaggio e con dei paradigmi suoi propri, in funzione degli stimoli culturali e sociali specifici del settore. Negli ultimi cento anni (per lo meno), il livello di specializzazione dei vari ambiti scientifici è aumentato a dismisura producendo, da un lato, uno sviluppo senza precedenti del livello di conoscenza tecnico-scientifica, ma, dall’altro, generando non poche situazioni di “superfetazione” di ambiti scientifici eccessivamente autoreferenziati e dalle prospettive culturali limitate, se non asfittiche. La cultura del publish or perish e la crescente pressione per criteri di valutazione, basati su indicatori di tipo puramente numerico, rischiano di spingere ulteriormente verso direzioni di lavoro che non necessariamente garantiscono l’incremento della qualità della ricerca e che, più spesso, spingono le specifiche comunità scientifiche a preservare la propria struttura, il proprio linguaggio, la propria metodologia, coerentemente con la visione proposta da T. Kuhn nel suo classico saggio The Structure of Scientific Revolutions del 1962.
In questo panorama, l’interazione tra matematica e biologia non avrebbe nessuna speranza di generare in un circolo virtuoso, se non fosse per l’apparizione di un nuovo attore in scena: il computer. Lo sviluppo delle performance dei calcolatori elettronici ha messo in condizione i ricercatori di collaudare e sperimentare modelli attraverso opportune implementazioni al computer, neanche lontanamente avvicinabili in passato. In ambito biologico si è arrivati persino a coniare una terza classe di tipologia sperimentale, affiancando agli esperimenti in vivo e in vitro, anche quelli in silico, con il preciso riferimento alle simulazioni al calcolatore. I computer permettono oggi di collaudare, attraverso opportuni algoritmi numerici da elaborare elettronicamente, modelli matematici talmente complessi da non permettere alcun tipo di analisi rigorosa completa. Il ruolo della matematica diventa dunque quello di definire, in maniera precisa e a partire dai principi primi suggeriti dalla realtà fisica, un modello che descriva il fenomeno nella sua completezza, di essere in grado di descrivere le proprietà di base delle strutture elementari presenti nel modello stesso (facendo ricorso se necessario a semplificazioni drastiche), di determinare algoritmi affidabili da implementare al computer per determinare le caratteristiche del modello nella sua versione integrale[14]. Si realizza così il sogno della Forecast Factory, espresso da Lewis Fry Richardson circa un secolo fa, con le differenze fondamentali che il posto del teatro sognato da Richardson è ora occupato da un oggetto di dimensioni ben più ridotte e che i calcoli sono effettuati non da una miriade di persone armate di un regolo-calcolatore, ma da unità elettroniche miniaturizzate:
After so much hard reasoning, may one play with a fantasy? Imagine a large hall like a theatre, except that the circles and galleries go right round through the space usually occupied by the stage. The walls of this chamber are painted to form a map of the globe. [...] From the floor of the pit a tall pillar rises to half the height of the hall. It carries a large pulpit on its top. In this sits the man in charge of the whole theatre; he is surrounded by several assistants and messengers. One of his duties is to maintain a uniform speed of progress in all parts of the globe. In this respect is like the conductor of an orchestra in which the instruments are slide-rules and calculating machines[15].
L’utilizzo del calcolatore fornisce, inoltre, un vantaggio aggiuntivo rilevante: la possibilità di una rappresentazione grafica dei risultati delle simulazioni, che risulta, quindi, accessibile anche a chi non sia competente del linguaggio matematico specifico e della sua relativa implementazione al computer. Si determina, così, uno spazio di interazione per gli specialisti delle diverse discipline, che è indispensabile per trarre vantaggio dalla sinergia generata dalla presenza di competenze complementari.
Si delineano quindi panorami stimolanti e promettenti per il futuro dell’interazione tra la Matematica e le altre aree scientifiche, e per la diffusione dell’utilizzo della modellazione matematica. A tali sviluppi, potranno accedere e contribuire coloro che saranno in grado, per gusto e formazione, di dialogare con gli esperti delle altre discipline, avendo sviluppato la capacità di complementare alle proprie competenze specifiche anche un’apertura culturale nei confronti delle problematiche e del linguaggio degli altri ambiti di ricerca. È auspicabile che quelli che lavorano nell’ambito della formazione, a partire dalle Università, percepiscano l’importanza di questa prospettiva e siano in grado riformulare i percorsi didattici in maniera da formare nuove generazioni di ricercatori dotati di questo tipo di inclinazione.
[1] G. Galilei, Il Saggiatore, http://www.liberliber.it , p. 6.
[2] J.C. Maxwell, tratto da P. Harman (ed.), The Scientific Letters and Papers of James Clerk Maxwell, Vol. 1, Cambridge University Press, Cambridge 1990, pp. 210-211.
[3] J.-P. Changeux, A. Connes, Pensiero e Materia (1989), tr. it. Bollati Boringhieri, Torino 1991.
[4] I. Calvino, Le città invisibili, cap. VI, Mondadori 1996.
[5] D. Hilbert, cit. in C. Reid, Hilbert-Courant, Springer Verlag, New York 1986, p. 200.
[6] Un eccellente saggio divulgativo a riguardo è il testo di L. Mlodinow, Euclid’s Window: The Story of Geometry from Parallel Lines to Hyperspace, Free Press, New York 2001.
[7] E. Wigner, The Unreasonable Effectiveness of Mathematics in the Natural Sciences, in «Communications on Pure and Applied Mathematics», 13 (1) 1–14, 1960. Pubblicato anche in R.E. Mickens, Mathematics and science, World Scientific Publishing Co., Teaneck (NJ), 1990.
[8] Tra gli altri, si veda il recente contributo di I. Grattan-Guinness, Solving Wigner’s mystery: the reasonable (though perhaps limited) effectiveness of mathematics in the natural sciences, in «Mathematical Intelligencer», 30, 3 (2008), pp. 7-17.
[9] J. von Neumann, The Mathematician, in Works of the Mind, Vol. I, 1 (University of Chicago Press, Chicago, 1947), pp. 180-196.
[10] D’Arcy Wentworth Thompson, On Growth and Form, University Press, Cambridge 1942.
[11] A. Turing, The chemical basis of morphogenesis, Philosophical Transactions of the Royal Society of London, Series B, Biological Sciences, 237, 641 (1952), pp. 37-72.
[12] Si veda la discussione a riguardo in E.F. Keller, Making sense of life. Explaining biological development with models, metaphors, and machines, First Harvard University Press, 2002.
[13] Tratto dal blog di A. Borovik, relativo al suo saggio Mathematics under the microscope, American Mathematical Society, Providence (RI) 2010.
[14] Per una discussione a riguardo, si veda A. Quarteroni, Mathematical models in science and engineering, Notices Amer. Math. Soc. 56 (2009), 1, pp. 10-19.
[15] L.F. Richardson, Weather Prediction by Numerical Process, Cambridge University Press, Cambridge 1922 [nuova edizione 2007].