Autore
Loriano Ballarin
Università degli Studi di Padova
insegna Biologia animale all’Università degli Studi di Padova
Indice
- Il Botrillo, questo sconosciuto
- Il Botrillo, un nostro antenato
- Il Botrillo: un animale immortale
S&F_n. 07_2012
- Il Botrillo, questo sconosciuto
Osservare al microscopio piccoli invertebrati viventi è sempre emozionante, anche dopo tanti anni di lavoro nella ricerca. Ma uno degli animali più singolari che può capitare sotto la lente del microscopio è il Botrillo, una specie marina coloniale di piccoli organismi filtratori sessili.
Già da una prima analisi macroscopica si è colpiti dalla bellezza e dalla varietà delle colorazioni delle colonie: bruna, marrone, arancio, con o senza macchie o bande (singole o doppie) bianche. Le colonie ricoprono i substrati duri (comprese le superfici esterne di altri animali) delle acque marine costiere delle zone temperate. Al microscopio, gli animali appaiono in tutta la loro bellezza e complessità, riuniti in gruppi di 8-12 a formare dei “sistemi” che ricordano dei fiori. In ciascun sistema-fiore ogni petalo è un organismo o zoide e porta un’apertura all’estremità distale, mentre al centro del sistema si trova un’altra apertura: sono i sifoni inalanti ed esalanti per il carico e lo scarico dell’acqua dalla quale gli organismi estraggono il nutrimento mediante una rete-trappola da loro secreta che blocca le minute particelle sospese nell’acqua. Tutti i sistemi-fiore (e possono essercene davvero tanti, fino a diverse centinaia) sono immersi in una comune matrice trasparente o tunica, percorsa da una miriade di piccoli vasi che li connettono e ne assicurano la sincronizzazione dello sviluppo. Entro i vasi scorre un’emolinfa incolore ricca di cellule di diversa forma e pigmentazione che assicurano, tra l’altro, un’adeguata difesa immunitaria, agli zoidi ed alla colonia. I vasi della tunica terminano in tante espansioni a fondo cieco, chiamate ampolle, dotate di capacità contrattili e capaci di ospitare, al loro interno, cellule del sangue.
- Il Botrillo, un nostro antenato
Nonostante l’aspetto singolare delle colonie che formano strutture simili a incrostazioni che tappezzano i substrati duri, gli scienziati sono concordi nell’affermare che il Botrillo e le specie affini, chiamate dagli zoologi con il termine collettivo di “ascidie”, condividono un antenato comune, vissuto probabilmente intorno ai 500 milioni di anni fa, con i vertebrati. La cosa ci lascia perplessi se ci soffermiamo a osservare gli adulti, ma diventa più verosimile se guardiamo agli animali da giovani: dagli involucri ovulari schiude infatti una larva natante, dotata di coda muscolare, un digerente con parte anteriore (faringe) ampia e dotata di fessure per il passaggio dell’acqua (è qui che, nell’adulto, avviene la filtrazione), un sistema nervoso centrale a forma di tubo, dilatato anteriormente, e una struttura bastoncellare di sostegno al di sotto di quest’ultimo, chiamata corda o notocorda, presente come organo transiente anche negli embrioni dei vertebrati. Le quattro caratteristiche elencate sono, in effetti, quelle che contraddistinguono gli animali appartenenti al phylum dei Cordati, ai quali appartengono sia animali marini filtratori, come il Botrillo, le salpe, gli anfiossi, e i vertebrati. La condivisione di un progenitore con i vertebrati è ciò che spinge molti ricercatori a studiare la biologia delle ascidie: ci si aspetta che dallo studio di organismi semplici, che hanno mantenuto molte caratteristiche di primitività, si possa ricavare informazioni utili a comprendere l’evoluzione di strutture e funzioni nei vertebrati, animali molto più complessi e difficili da investigare in laboratorio. In effetti, quanto fatto finora ci permette di dire che molto è stato conservato, nel corso dell’evoluzione, in termini di molecole e processi, tra Cordati invertebrati e vertebrati; questi ultimi hanno però saputo perfezionare un armamentario biologico di base già presente negli antichi animali filtratori di 500 milioni di ani fa.
- Il Botrillo: un animale immortale
La colonia di Botrillo si origina dalla metamorfosi di una larva che, dopo un periodo più o meno breve di vita natante, aderisce al substrato, riassorbe la coda e riorganizza i propri tessuti a formare l’oozoide, il primo individuo sessile di una nuova colonia. Già a questo stadio è possibile notare, sul lato destro dell’oozoide, una sorta di bitorzolo: si tratta di una gemma che, lentamente, si accresce e si modella a formare un nuovo zoide (blastozoide) che, a sua volta porterà, su ambo i lati, diverse gemme (da una a quattro) capaci di originare nuovi blastozoidi e così via. È la riproduzione asessuata (senza l’intervento di uova e spermatozoi) per gemmazione, che assicura l’accrescimento rapido e poco dispendioso, in termini energetici, della colonia per aggiunta di nuovi zoidi. In una colonia, infatti, coesistono tre generazioni di individui: gli zoidi adulti con i sifoni aperti, capaci di filtrare, le loro gemme in accrescimento sui lati del corpo e delle gemmule sui lati del corpo delle gemme. Lo sviluppo delle tre generazioni di individui (adulti, gemme e gemmule) è estremamente sincronizzato e mantenuto tale dal sistema vascolare che le unisce. Alla temperatura di 20°C, uno zoide rimane attivo nella filtrazione per circa una settimana dal momento in cui ha aperto i sifoni. Passato questo periodo, chiude i sifoni e smette di filtrare mentre le cellule dei suoi tessuti cominciano a morire suicide e vengono asportate da fagociti circolanti che le digeriscono trasformandole in nutrienti per l’intera colonia che, per un paio di giorni, non riesce a filtrare. Mentre gli individui più vecchi si rimpiccioliscono sempre più, le gemme aumentano di dimensioni fino a raggiungere quelle degli individui maturi. In 24-36 ore, le gemme completano lo sviluppo, diventano adulti e aprono i sifoni: la colonia ricomincia così a filtrare mentre le gemmule diventano, a loro volta, gemme ed emettono nuove gemmule. Si assiste cioè a un cambio di generazione ciclico che rinnova periodicamente gli individui di una colonia; quest’ultima, settimana dopo settimana, si accresce e pur non essendo formata dagli stessi individui, tuttavia contiene i loro discendenti gemelli, visto che la riproduzione asessuata non porta a variazioni nella costituzione genica. La colonia, in questo modo, realizza una delle grandi aspirazioni dell’umanità: essa, infatti, è praticamente immortale e in buone condizioni può vivere per più anni, un periodo astronomico se comparato con la settimana di vita di un individuo adulto. Riuscire a comprendere le basi molecolari della notevole capacità del Botrillo di generare nuovi individui per via asessuata rappresenta una sfida per il ricercatore ed un obiettivo per la scienza odierna che intravede la possibilità di applicare tali conoscenze nella cura, ad esempio, delle malattie degenerative.
Quando la temperatura dell’acqua supera i 10°C, la colonia inizia a riprodursi anche sessualmente, mediante uova e spermatozoi. Questi derivano da cellule indifferenziate, presenti in circolo, che vanno a localizzarsi negli organi riproduttori (gonadi) quando questi si formano durante lo sviluppo asessuale degli individui. Una colonia riesce a produrre ambedue i tipi di gameti che, però, giungono a maturazione in tempi diversi: prima le uova e poi gli spermatozoi, rendendo così impossibile l’autofecondazione e garantendo il rimescolamento dei geni nei nuovi embrioni destinati a dare origine a nuove larve e queste a nuove colonie. Assistiamo perciò, incredibilmente, a una duplice via di formazione di individui aventi la medesima morfologia: mediante lo sviluppo embrionale e il passaggio attraverso lo stadio di larva e la metamorfosi, che assicura la variabilità genetica utile per affrontare al meglio ambienti mutevoli, e mediante le gemme che assicurano l’aumento dimensionale della colonia e la sua immortalità.
Tuttavia la riproduzione asessuata, favorendo l’accrescimento delle colonie, le espone a un rischio, causato dall’innata tendenza delle colonie a fondersi tra loro quando, occasionalmente, si incontrano mentre si espandono sul substrato. La fusione, quando avviene, interessa la tunica e il suo sistema vascolare portando alla formazione di un’unica, grande colonia chimerica con individui di genotipi e fenotipi leggermente diversi collegati tra loro. I vantaggi della fusione possono essere diversi: una colonia grande riesce a competere meglio con altri organismi incrostanti per il substrato, può far fronte meglio agli attacchi di eventuali predatori, riesce a filtrare di più accaparrandosi una maggior quantità di nutrienti, può produrre più gameti avvantaggiandosi nella trasmissione dei propri geni alla prole.
Ma quali geni?
Generalmente, quello che accade quando si fondono due colonie diverse, è che uno dei due fenotipi scompare progressivamente, sopraffatto dal fenotipo vincitore. Ossia, dopo un po’ di tempo, in tutta la colonia, a esprimersi sarà solo il genotipo che codifica per il fenotipo vincente: si realizza cioè un vero e proprio parassitismo somatico che porta alla scomparsa del genotipo perdente.
E le cellule germinali?
Nonostante il parassitismo somatico, una colonia può mantenere a lungo vitali, in circolo, cellule germinali del genotipo perdente in grado di dare origine a gameti. Inoltre, un genotipo perdente a livello somatico non lo è necessariamente a livello germinale.
Detto in altri termini, la fusione porta con sé il rischio di un parassitismo germinale, ben più temibile di quello somatico perché limita o impedisce la trasmissione alla discendenza dei geni di una delle due colonie di partenza e tale rischio è tanto maggiore quanto più le colonie sono diverse o geneticamente lontane. Di qui la necessità di un controllo genico della fusibilità, che limita la fusione a colonie geneticamente vicine mentre la impedisce se le colonie sono geneticamente molto diverse. Quello che accade è che due colonie si fondono ogni volta che condividono almeno un allele ad un locus di istocompatibilità altamente polimorfico, chiamato locus Fu/HC (Fusibility/Histocompatibility). In caso contrario, in risposta al riconoscimento di fattori umorali diffusibili provenienti dalla colonia incompatibile attraverso le tuniche che iniziano a fondersi parzialmente, si scatena una reazione infiammatoria che recluta cellule circolanti citotossiche, ricche in granulazioni, nella regione di contatto tra le colonie: queste ultime migrano nella tunica dove degranulano rilasciando enzimi ad attività citotossica che portano alla formazione, nel giro di 24 ore, di aree necrotiche melaniche lungo il margine di contatto. Viene così impedito qualsiasi tentativo di fusione tra i sistemi vascolari. Vista l’impossibilità di fusione, ciascuna colonia continuerà ad espandersi sul substrato prendendo direzioni diverse, ignorandosi ed allontanandosi reciprocamente.
Un tale sistema di istocompatibilità è presente in molte specie di invertebrati coloniali sessili nelle quali le colonie, nella corsa alla colonizzazione del substrato, tendono ad incontrarsi e a fondersi, realizzando dei veri e propri trapianti naturali. È verosimile che questa capacità di riconoscimento intraspecifico fosse già presente nei lontani antenati comuni, che occorre supporre coloniali, e sia stata ereditata dai vertebrati che coloniali non sono più. Ciò spiegherebbe la capacità che hanno i vertebrati, organismi non certo sessili o coloniali, di riconoscere e rigettare i trapianti nonostante sia difficile che, naturalmente, tessuti od organi passino da un organismo all’altro: si tratterebbe di una parte di eredità dei nostri lontani antenati Cordati.
Concludo affermando che il Botrillo rappresenta oggi un valido modello di Cordato invertebrato per lo studio di diversi problemi biologici di base. È sorprendente notare come organismi semplici, apparentemente insignificanti e privi di una qualsiasi utilità pratica per l’uomo, come il Botrillo, possano risultare utili non solo per meglio comprendere le nostre radici evolutive ma siano in grado anche e suggerire linee di ricerca impensate e quanto mai attuali relative a problemi di somma importanza in campo biomedico.
Figura: colonia di Botrillo. Z: zoidi; G: gemme; g: gemmule, t: tunica; a: ampolle; vt: vasi della tunica; so: sifoni orali; sc: sifone cloacale.