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Abstract
The possibilities offered by the last generation of scanning and transmission electron microscopes allow to spy on the inner structure of biological tissues and to observe bio-architectures which multiply – overcoming classical categories – the conventional standards of order and symmetry, revealing hierarchically organized micro- and nano-structures. These new paradigms form the basis for creating effective physical-mathematical models, leading to simulate (and predict) the destiny of biological organisms and elementary “living” systems. The whole world of Research is therefore forced to an updated (bien sûr), more authentic (maybe), necessary (?), interdisciplinary (was ist das?) common thinking over?
What’s the buzz about Beauty?
Di Dio che viene all'Ikea*
* Cfr. C_F, Postilla orale a E. Lévinas, Di Dio che viene all’idea, ex_temporanea, 2010 c
La complessità morfologica che gran parte delle strutture biologiche esibisce alla scala macroscopica consegna – anche all’immaginario collettivo – un’idea di forma organica associata all’assenza di ordine e di simmetrie, esaltata dalla contrapposizione con il rigore geometrico stabilito per le forme inorganiche dai modelli di struttura atomica della materia e dalla cristallografia.
L’apparentemente non (de-)codificabile complessità geometrica e funzionale dei sistemi biologici diviene così il paradigma su cui si costruisce e legittima la necessità di una confortante e consolatoria separazione tra razionale e metafisico che strappa la trama che intreccia indissolubilmente ricerca scientifica e riflessione filosofica e sottrae al terreno comune, esiliandolo, il tema della definizione di “cosa” sia vivente e di quali siano i “modi” per ri-conoscere la vita a partire dalle sue forme e dinamiche più elementari.
La possibilità offerta dalle ultime generazioni di microscopi a scansione e trasmissione elettronica consente di spiare la struttura intima di cellule e tessuti biologici e di osservare bio-architetture che moltiplicano, estendendoli oltre le categorie classiche, i canoni convenzionali di ordine e simmetria, declinandoli in forme micro- e nano-strutturate organizzate gerarchicamente. Tale ritrovato rigore geometrico ha permesso di concepire modelli fisico-matematici in grado non soltanto di simulare – e dunque potenzialmente modificare – una struttura biologica data, ma di predire con quegli stessi modelli il “destino” di organismi e sistemi “viventi” elementari.
Il mondo della Ricerca tutto è perciò obbligato a una rinnovata (bien sûr), più autentica (forse), necessaria (?), interdisciplinare (was ist das?) riflessione comune?
Insomma, che l’uomo e il pensiero coincidano o ancora che l’uomo abbia l’esclusiva di qualcosa e possa schierare la migliore e imbattibile formazione nel gioco del mondo – unto dal Signore o dall’Essere – è il solito vecchio pregiudizio umanistico. Come tutti i viventi, Darwin lo ha urlato, noi siamo fabbricati dal tempo e dallo spazio (e dal caso). E Nietzsche, non per brutalità ma per tensione genealogica, aveva considerato l’uomo alla stessa stregua di quelli che oggi sono i prodotti della robotica evolutiva: i robot (e gli uomini) si allevano ed evolvono, le condizioni che producono l’intelligenza sono materiali, si tratta di esigenze di adattamento e non di contrassegni celesti (e la morale è un’antropotecnica dal midollo sociale).
La presunta “profondità” umana di contro alla “superficialità” o “povertà” o “stordimento” degli altri viventi o delle pietre è forse un’invenzione religiosa (di religiosità filosofica che mira alla redenzione dal mondo): se Portmann ci ha insegnato che ogni animale è un Narciso-Don Giovanni in continua esibizione e seduzione, Valéry ci ha anche ricordato che ciò che vi è di più profondo, nell’uomo, è la pelle.
Se guardiamo agli sviluppi della biologia sintetica, poi, non si tratta nemmeno più di pensare di creare (o ricreare) la vita: si tratta piuttosto di progettare sistemi biologici atti a funzionare. La vita, in definitiva, non può essere considerata come qualcosa d’altro dalla materia, e meno che mai è sostanza, o una sorta di sostanza: a volerla per forza definire, si avvicina di più a una “determinazione”, nel senso di un insieme coordinato dalle sue funzioni.
Alla fine, le dicotomie ci ingannano. E forse siamo, entusiasti o disillusi, tra tondi e corsivi (e il nostro abusato underscore):
Cosa_Sache
Materia_Wesen
Bios_Techne (due corsivi fanno un tondo)
Physis_Protesi
Enhancement_res extensa (due corsivi fanno un tondo?)
Cura_Gelassenheit
Lichtung_antropotecniche
Self-Similarity_Thaumazein (due corsivi fanno ancora un tondo?)
Ge-schick_biopsia
Identità_differenza (due tondi faranno mai un corsivo?)
Biomeccaniche_logocarrozzerie (giammai tondi e corsivi furono più disponibili)
Microscopi_teleologie (e qui il gioco tra tondo e corsivo si fa duro)
Nanometro_trascendenza (due tondi fanno mezzo corsivo o uno e mezzo?)
Iperboli_Mythos
Creazione_autopoiesi
Creatività_patterns
Dio_Ikea
Riflessione_pit-stop
Aesthesis_chirurgia
Máthema_magia
Alétheia_dis-simulazione
Kybernetes_Spirito
Redenzione_check-up
Equazione_ibridazione
Verum-Factum_alchimia.
Underscores, tondi e corsivi come confini aperti: grafemi e grafici che rinviano a inaspettate bellezze, non più nascoste o da svelare tra il dire, l’osservare e il sublimare, piuttosto intercorrenti.
La bellezza – sento il brusìo – può farsi intercorrenza.
Io, apparato percettivo, tutt’al più dotato di intuizioni strutturali e di istinti prospettici.
Voglio fotografare controluce sulla luna e adombrarmi per ombre impossibili.
Ogni rivoluzione scientifica è una frattura estetica.
James McAllister
Le equazioni sono bellissime.
I matematici
La vera bellezza è una deliberata, parziale, rottura di simmetria.
Proverbio zen
Versa, cecropio boccale,
di Bacco il limpido umore,
la simbolica libagione irrorata sia.
Taccia Zenone, il cigno sapiente;
taccia di Cleante la Musa:
la dolce amarezza di Eros solo a cuore mi sta.
Posidippo
P. A.