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About Life (forget_about_it). Da lontano sembrano mosche

Autore


Paolo Amodio

Università di Napoli Federico II

Editor in chief

Indice


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S&F_n. 17_2017

Abstract


About Life (forget_about_it). They look like flies from a distance


Philosophy struggles to determinate and specify the concept of life in its various connotations and meanings. The dichotomy between Zoé and Bios helps in articulating the distinction between a notion of life conceived respectively as something simply lived, as an object, and life as something characterized by a duration, a biography, to which we may ascribe a specific and higher value. These conceptual couples underlie on the one hand the controversial and intensively discussed separation between organic and inorganic world and on the other hand the relationship between animal and human life. In this sense, the human being has to be considered not only as a biological organism, a mere member of a species, but also as an individual, part of a larger context. This seems to widen the horizons of philosophical research towards a deeper investigation on the boundaries between individual and collective, framed both in biological (organism and species) and in socio-political and cultural dimension (individual and society). Although many reductionist attempts have been made in order to explain specificity of life exclusively through physical, chemical, i.e. non-living language, hard sciences tend to accept the challenge of a philosophical and anti-reductionist thought. Is it possible to address the peculiarity of life and the living without violating the legal limits of natural science? How could it be done?


A ogni uomo, in questo mondo, vengono proposte due domande di fede, la prima circa la credibilità di questa vita, la seconda circa la credibilità del suo fine. A entrambe queste domande il semplice fatto della vita di ciascuno di noi risponde con un «sì» così forte ed esplicito, che potrebbe sorgere il dubbio se le domande siano state intese a dovere. Ad ogni modo, ora bisogna che ognuno vada conquistando pian piano questo suo «sì» fondamentale, perché, molto al di sotto della sua superficie, le risposte, aggredite da una tempesta di domande, sono confuse ed evasive.

Franz Kafka

 

La vita non è giusta, è solo più giusta della morte, questo è tutto.

William Goldman

Determinare e specificare il concetto di Vita nelle sue varie connotazioni e significati è compito avvertito come inderogabile da gran parte della filosofia contemporanea.

Certo, la dicotomia tra Zoé e Bios aiuta ad articolare la distinzione tra una nozione di vita concepita rispettivamente come qualcosa semplicemente vissuta – un oggetto, per farla breve – e la Vita come qualcosa caratterizzata da una durata, una biografia, cui è possibile attribuire un valore specifico e magari superiore. Tuttavia, tali coppie concettuali finiscono per ribadire, senza risolvere o almeno rilanciare, da un lato la controversa e assai discussa separazione tra mondo organico e inorganico, e dall’altro la relazione tra vita animale e vita umana.

Se l’essere umano deve essere considerato non solo un organismo biologico, semplice membro di una specie, ma anche individuo, parte di un contesto più ampio, occorre ampliare gli orizzonti della ricerca filosofica e dirigerla verso un’indagine approfondita circa i confini tra individuale e collettivo, all’interno di una duplice dimensione: biologica (organismo e specie) e socio-politica e culturale (individuo e società).

Nonostante i numerosissimi tentativi “riduzionisti” operati allo scopo di spiegare la specificità della vita esclusivamente attraverso la fisica, la chimica, cioè a dire attraverso una grammatica e una sintassi del non-vivente, un dato è certo: le scienze dure sembrano disponibili ad accettare la sfida di un pensiero filosoficamente ispirato e di natura anti-riduzionista.

E dunque: è possibile affrontare la peculiarità della Vita e del Vivente senza violare i limiti legittimi della scienza naturale? E come?

A partire da questi assunti ci si è interrogati in un bel Convegno [Graduate Conference “About Life. Theories, Concepts and Images of the Living” (Università di Torino, 10-11 novembre 2016) organizzato dalla Scuola di Dottorato in Studi Umanistici dell’Università di Torino Consorzio di Dottorato in Filosofia del NordOvest FI.NO, con il contributo della Fondazione Fondo Ricerca e Talenti] che qui – seppur parzialmente – ospitiamo nella sua versione scritta, per provare anche a rilanciare.

Il microbo non ha tempo di esaminare il biologo.

Henri Michaux

 

Il punto è che, di là di ogni riduzionismo e di ogni vitalismo, la “Vita”, anche un attimo prima che all’occhio compaia il vivente, sembra accaduta comunque come una sorta di cenno, di accenno inevitabile, c’è un c’è ma non assumibile pienamente: risonanza metaforica? trascendentale? essenziale? correlazione intenzionante? desiderio? Sembra, ma poi no. Non si tratta di fede percettiva di un c’è del mondo: lì è necessario lo sguardo tattile della fenomenologia che, di fatto, potrebbe persino espungere questa Vita, o appena appena invocarla, quando procede per la sua via. Fenomenologia della vita per spiegare/dispiegare la vita? Non è poi così inoppugnabile.

C’è piuttosto uno stridio, o meno, un rumore bianco organico e inorganico, virus e microbi che non hanno il tempo del biologo e dell’escavatore/collezionista di significati e simboli, e persino di percettori sensibili e senzienti. Dall’uomo non si riesce a partire senza imbottigliarsi nel traffico. Troppa autoaffezione, troppo corpo, troppa carne, invadenti e categoriali. Due. Due vs. l’inassumibile. Due di cuori che dà due di picche. Non fenomeno, ma enigma, mistero buffo, apocrifia.

Una condanna della vita da parte del vivente resta alla fine solo il sintomo di una determinata specie di vita: la questione se ciò avvenga a ragione o a torto non viene affatto sollevata. Si dovrebbe avere una posizione al di fuori della vita, e d’altra parte conoscerla così bene come quell’uno, come quei molti, come quei tutti che l’hanno vissuta, per potere in generale toccare il problema del valore della vita: motivi sufficienti a comprendere che tale problema è per noi inaccessibile.

Friedrich Nietzsche

Perché fenomeno vitale è già da sempre espressione contaminata, anzi è procedura sistemica: significa aver estratto elementi costretti a se stare, quanto meno l’organico e l’inorganico, per marcarli antropomorficamente in virtù di un finalismo intrinseco e trasfigurarli in materia di volontà. La grammatica e la morfologia è pur sempre quella antica: organico e inorganico uguale espansione vs. inerzia, forza vs. resistenza, esplosione vs. accumulazione, Storia vs. Natura.

E se la fenomenologia vuole correggere il tiro sembra dover chiedere asilo a una regione neutrale, un paradiso fiscale di elusione ed evasione, extra tributi dell’empirico e tasse del trascendentale, criptatore di dualismi. Corporeità e carni, coscienze di sé – depressi da metabolismi, invecchiamenti e morte – si fanno edificazioni abusive di prassi, privilegi teorici (priva lex epistemica), lessici in disordine, perché, per parafrasare prima Bergson: la caratterizzazione del vivente consiste in uno scacco dell’individualizzazione, e, poi, con Michel Henry: «viventi, siamo esseri dell’invisibile, comprensibili unicamente nell’invisibile, a partire da esso» o, ancora, con Canguilhem: «la vita sconcerta la logica».

Nuda vita?

La nudità mi rinfresca l’anima.

Alda Merini

 

 

Faktisches Leben? Proprio strana questa “cosa” dell’esserci.

La coscienza è l’ultimo e più tardo gradino di sviluppo dell’organico e quindi anche il meno finito e vigoroso. Dalla coscienza derivano innumerevoli errori che fanno sì che un animale, un uomo vadano in malora prima di quanto non sarebbe necessario, «al di là del destino», come dice Omero.

Friedrich Nietzsche

In sostanza nulla esiste, ma se c’è il tè bevo il tè e se c’è il riso mangio il riso.

Proverbio zen

 

Biochimica allo specchio?

E col suo stile fiorito si mise allegramente a spiegare come il sangue, un brodo di grasso, albumina, ferro, sale e zucchero, rosso come un manto teatrale, prodotto dalla respirazione e dalla digestione, saturato di gas, carico di scorie di sfaldamento, che a un calore di trentotto gradi è spinto dalla pompa cardiaca attraverso i vasi e in tutto il corpo, sostenga il metabolismo, il calore animale, insomma la cara vitaccia.

Thomas Mann

Da lontano sembro una mosca.

Codeste ambiguità, ridondanze e deficienze ricordano quelle che il dottor Franz Kuhn attribuisce a un’enciclopedia cinese che s’intitola Emporio celeste di conoscimenti benevoli. Nelle sue remote pagine è scritto che gli animali si dividono in (a) appartenenti all’Imperatore, (b) imbalsamati, (c) ammaestrati, (d) lattonzoli, (e) sirene, (f) favolosi, (g) cani randagi, (h) inclusi in questa classificazione, (i) che s’agitano come pazzi, (j) innumerevoli, (k) disegnati con un pennello finissimo di pelo di cammello, (l) eccetera, (m) che hanno rotto il vaso, (n) che da lontano sembrano mosche.

Jorge Luis Borges

  

P.A.


 

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