Il rinnovato interesse per le scienze naturali mostrato dalla metafisica analitica contemporanea ha comportato, oltre a un generale ripensamento dei rapporti tra le due discipline, l’ingresso di tematiche propriamente scientifiche nel dibattito metafisico, e, in ambito scientifico, una presa di coscienza più precisa delle proprie basi filosofiche.
In questo quadro di riferimento si inserisce la proposta di Jonathan Lowe, la cui specificità di ricerca è ben testimoniata del suo ultimo libro, More Kinds of Being: A Further Study of Individuation, Identity, and the Logic of Sortal Terms, in cui il filosofo inglese esamina una serie di problemi legati ai concetti sortali – concetti di generi distinti di particolari, governati da precisi criteri di individuazione e d’identità – che accomunano metafisica, logica e filosofia del linguaggio, e hanno un’ampia risonanza anche nel dibattito sulle scienze naturali. L’analisi in particolare si concentra sui particolari concreti e naturali (come cavalli, stelle, elettroni), ai quali Lowe riconosce una priorità ontologica rispetto ai particolari astratti (come proposizioni e insiemi) o artificiali (come libri, computer, città).
Questo libro, scrittovent’anni dopo la pubblicazione dalla sua prima opera, Kinds of Being, ne costituisce una nuova versione rivista e ampliata, e rappresenta un ritorno di Lowe ai temi centrali della sua riflessione – i termini sortali appunto, i particolari e la questione dell’identità – nonché una revisione di alcune sue tesi alla luce degli ultimi sviluppi delle sue ricerche. Il più importante di questi sviluppi è la sua “conversione” a un’ontologia quadripartita: un sistema metafisico che trova la sua ispirazione in Aristotele e propone una suddivisione delle entità che popolano il mondo in quattro categorie ontologiche fondamentali, quali gli oggetti, i generi, gli attributi, e i tropi (modi, secondo l’accezione di Lowe). Una tale concezione segna un significativo distacco dagli impegni ontologici di Kinds of Being, in cui Lowe non riconosceva i tropi tra le categorie fondamentali, e permette di fornire una spiegazione più soddisfacente delle leggi di natura e della differenza tra predicazione disposizionale e occorrente – anche attraverso l’estensione della cosiddetta sortal logic.
Il testo può essere idealmente diviso in due parti. Nella prima, Lowe afferma le tesi dominanti in tutte le sue ricerche: che le nozioni di particolare e genere sono strettamente correlate, e che gli oggetti particolari sono individuabili e identificabili solo come particolari di un determinato genere (non ci sono particolari nudi ma solo istanze individuali di un certo genere). I particolari dunque sono necessariamente particolari di un determinato genere, mentre i generi sono necessariamente generi di particolari (p. 4). In questo senso il realismo di Lowe circa i particolari (il loro esistere indipendentemente dal loro essere pensati) implica un realismo sui generi che essi istanziano.
L’analisi di generi e particolari è strettamente connessa alle nozioni di individuazione e identità. Tali nozioni governano i concetti sortali e vengono indicate come principi semantici che determinano cosa considerare come istanze del genere in questione, e quali sono le condizioni per la loro identità nel tempo e oltre il tempo, «at a time and over time» (p. 1). I criteri d’identità possono essere gli stessi per diversi concetti sortali connessi (ad esempio i concetti di vari generi di animali) ma differiscono radicalmente per concetti sortali di categorie diverse (p. 16). In questo senso due concetti sortali governati da diversi criteri d’identità non possono essere identificati allo stesso modo. Una tale concezione dell’identità ha ampie ripercussioni anche sui problemi relativi all’identità personale e al rapporto mente/corpo, e spinge Lowe a considerare le persone come un genere di entità che non si identifica con l’entità biologica in cui è incorporata, «embodied» (p. 113). La posizione dualista che ne deriva è definita in Subjects of Experience (cfr. E. J. Lowe, Subjects of Experience, Cambridge University Press, Cambridge 1996) “dualismo delle sostanze non cartesiano”.
Nella seconda parte l’attenzione si sposta sulla semantica e la logica dei termini sortali. Lowe specifica la loro collocazione nella formulazione e nella conferma empirica delle leggi e delle teorie scientifiche: dal punto di vista semantico ai termini sortali è attribuito un ruolo strettamente referenziale, mentre i loro referenti sono concepiti come “universali immanenti” (il realismo di Lowe è infatti dichiaratamente aristotelico). Inoltre, la presenza di determinati termini sortali nelle leggi naturali permette di distinguere i sortali che denotano generi naturali, dai sortali che denotano generi non naturali: i primi diversamente dai secondi sono soggetti alle leggi naturali e hanno così una priorità ontologica rispetto ai generi non naturali. Le leggi naturali sono a loro volta concepite come “proposizioni sui generi”, di cui predicano proprietà e relazioni (in questo senso Lowe individua una stretta connessione tra le leggi di natura e le caratteristiche disposizionali di un genere o di un oggetto). Per la relazione d’istanziazione che connette generi e particolari, le leggi sono proposizioni su universali, derivatamente riferite alle istanze particolari dei generi implicati.
Per concludere va sottolineata la stretta connessione individuata da Lowe tra metafisica e semantica. Questa connessione non devecondurci alla conclusione che la metafisica sia subordinata alla semantica: la semantica rappresenta piuttosto il mezzo attraverso il quale ci rapportiamo alla metafisica. Il mondo tuttavia è indipendente dal nostro parlare di esso, anche se Lowe evidenzia un’intima coincidenza tra la nostra esperienza del mondo e il fatto che il mondo sia così come è: «il modo in cui concettualizziamo e dobbiamo concettualizzare la realtà è sostanzialmente determinato dal modo in cui il mondo è, indipendentemente dai nostri valori ed interessi» (p. 7). In questo senso l’esperienza ha un ruolo fondamentale nello stabilire “come sia effettivamente fatto il mondo” (nello stabilire cioè che cosa c’è), e di conseguenza lo hanno anche le discipline che fanno grandeuso di questa nozione: la metafisica e le scienze naturali. L’una e le altre differiscono però nell’uso che fanno dell’esperienza stessa: per gli scienziati l’esperienza «è una sorta di supporto evidenziale per ipotesi esplanatorie, e il suo contenuto è accettato in modo relativamente acritico» (p. 7), per i metafisici invece il contenuto dell’esperienza, e in particolare le categorie e le relazioni che servono a strutturare tale contenuto, è esso stesso oggetto di ricerca, critica e spiegazione sistematica, in base a principi a priori. Una tale divergenza impone, secondo Lowe, che scienze naturali e metafisica debbano sviluppare un rapporto di reciprocità – rapporto che l’autore definisce in termini di “complementarità e cooperazione” – in modo tale che la scienza non ignori più l’apriorità dei principi metafisici, così come la metafisica tenga in conto le costruzioni teoriche, a posteriori, della ricerca scientifica e dei suoi risultati. Dunque, nel chiedersi “che generi di cose esistono?”, il metafisico deve basarsi sui risultati della scienza e lavorare criticamente sulle assunzioni e sulla metodologia della riflessione scientifica, in modo tale da arrivare a una sintesi tra principi metafisici a priori e costruzioni teoriche scientifiche a posterior
Timothy Tambassi
05_2010