Autore
I Flagellanti del Terzo Millennio. Il caso dei Riti di Penitenza Settennali in onore della Madonna Assunta di Guardia Sanframondi (Benevento)
- Premessa
- Descrizione della Festa della Madonna Assunta
- Il pubblico locale
- Il pubblico di massa
- I Riti Settennali di Guardia Sanframondi e la loro mediatizzazione
- Conclusioni
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S&F_n. 32_2024
Abstract
Flagellants in the Third Millennium. The Case of the Septennial Rites of Penance in Honour of Our Lady of the Assumption in Guardia Sanframondi (Benevento)
The concept of space as a historical and cultural construct, shaped by social and technological transformations, and the critical analysis of mass tourism are revisited in light of the Septennial Rites of Guardia Sanframondi (Southern Italy). This study focuses on the diverse and often conflicting perceptions of place held by local communities participating in the Septennial Rites and external visitors, a large and heterogeneous group informed about the event through the media.
- Premessa
La concezione dello spazio è un prodotto storico e culturale evolutosi nel corso dei secoli, plasmato dalle trasformazioni sociali, culturali e tecnologiche.
Attualmente il concetto di “luogo” è sottoposto a un’intensa rivalutazione critica, sollevando interrogativi complessi sulle nuove forme di esperienza spaziale che Edward Relph, nel suo lavoro pionieristico, denuncia come la crescente "placelessness", ovvero la perdita del senso del luogo[1]. I “geografi umanisti”[2] distinguono poi tra spazio e luogo: mentre lo spazio è un'entità geometrica, una misurazione oggettiva di distanza e dimensione, il luogo è definito come uno spazio investito di significati. Ogni luogo è necessariamente uno spazio, ma lo spazio diventa luogo solo quando viene vissuto e investito di significati dalle persone, risultando così un prodotto di costruzioni sociali, culturalmente e storicamente determinate, che possono variare nel tempo e nello spazio.
Negli anni 70 del ’900, il concetto di “consumatore di luoghi” è stato utilizzato per descrivere il turista, proponendo una lettura fortemente critica del turismo contemporaneo[3]. Questo approccio, radicato in una tradizione anglosassone di studi, evidenzia la natura “insostenibile” del turismo, sottolineando le distorsioni che esso genera nelle comunità locali, e sollecitando gli intellettuali a prendere una posizione attiva per orientare tale fenomeno verso direzioni alternative[4]. A partire da questo periodo, accanto al fenomeno del “consumo del sacro” – l'integrazione della festa religiosa nell'economia dei consumi, in particolare nel mercato del turismo, dei viaggi e delle attività del tempo libero – si osserva una crescente esposizione dei riti e delle pratiche devozionali, sia pubbliche sia private, alla visibilità mediatica[5].
Obiettivo di questo saggio è provare a capire cosa comporta il fatto che alcuni riti religiosi si svolgano all'interno di spazi fortemente mediatizzati. A tal fine esamineremo i Riti Settennali di Penitenza in onore della Madonna Assunta a Guardia Sanframondi (BN). In effetti questi Riti – come mostra una breve analisi della festa – costituiscono un buon caso di studio, perché restituiscono un sistema complesso di significati, che si inscrive in un continuum tra passato e presente, e, radicato in antichi immaginari identitari, si rigenera continuamente attraverso l’introduzione di nuovi significati dando vita a processi di riconoscimento e appartenenza che sono nuovi eppure antichi, inediti eppure permanenti. L’obiettivo è quindi analizzare le trasformazioni di un luogo – Guardia Sanframondi – e delle sue pratiche in relazione ai processi di globalizzazione e mediatizzazione, esaminando i diversi significati attribuiti a uno stesso spazio da gruppi distinti di individui.
In particolare, l’analisi si concentra sul confronto tra la percezione dello spazio degli abitanti di Guardia Sanframondi e dei comuni limitrofi coinvolti nei Riti Settennali, e quella dei «visitatori esterni», un gruppo numericamente molto consistente e fortemente eterogeneo. Questo confronto consente inoltre una riflessione su come i processi di globalizzazione culturale, caratterizzati da intensi flussi di informazioni e persone, influenzino le percezioni locali dello spazio e generino nuove forme di ibridazione culturale, anche in riferimento all’uso delle nuove tecnologie della comunicazione.
- Descrizione della Festa della Madonna Assunta
A Guardia Sanframondi, paesino situato sul massiccio del Matese nel cuore dell’Italia, ogni sette anni, si celebra un rito di purificazione collettivo che dura un’intera settimana e coinvolge migliaia di persone: con i riti penitenziali più grandi del mondo occidentale, si celebra l’Assunzione di Maria[6]. Significativamente, pur essendo il nome ufficiale di questa manifestazione religiosa “Riti settennali di penitenza in onore della Madonna Assunta”, a livello locale è comunemente chiamata semplicemente “la festa della Madonna”[7].
Il culmine della cerimonia si raggiunge con la processione dei Battenti, in cui i devoti dell’Assunta per diverse ore si percuotono a sangue il petto con uno strumento che chiamano spugna, un grande sughero sul quale sono conficcati degli spilli tenuti fermi con uno strato di cera.
I Riti Settennali hanno una doppia rappresentazione, le processioni dei Misteri e la processione dei Battenti: per una settimana intera, fino alla processione dei Battenti, tutto il paese diventa lo sfondo per sacre rappresentazioni che rievocano episodi biblici significativi, vite di santi e avvenimenti contemporanei a carattere religioso. Queste processioni ricordano le sacre rappresentazioni del Medioevo, ma, a differenza di queste ultime, i fedeli di Guardia Sanframondi sono assolutamente muti e mantengono la stessa posa rigida e fissa e per tutto il percorso.
Il corpo gioca un ruolo centrale: la penitenza pubblica, infatti, può essere considerata la peculiarità dei Riti di Guardia, perché un corpo penitente è presentato allo sguardo pubblico sia durante le processioni dei Misteri sia durante la processione dei Battenti.
In uno spazio percepito dai partecipanti come sacro si svolge una liturgia collettiva finalizzata alla protezione simbolica della comunità. Il rito prevede un’offerta di vino e un’offerta di sangue, un gesto che richiama le antiche pratiche sacrificali e che mira a stabilire un patto di reciprocità con la divinità, un'azione propiziatoria volta a garantire la protezione non solo degli individui, ma dell'intero territorio[8].
Nonostante tutta la ritualità ruoti intorno al momento penitenziale[9], l’atmosfera che si respira nel paese durante i Riti è sorprendentemente serena e gioiosa: le case sono aperte, i giovani e gli emigrati ritornano nel paese, le famiglie si riuniscono e i ritmi di lavoro rallentano, l’evento si trasforma in un momento di coesione sociale festiva. Nel corso di questi giorni, Guardia Sanframondi assume i tratti di una “utopia provvisoria”, richiamando le dinamiche di alcune feste medievali e rinascimentali in cui gerarchie, privilegi, regole e tabù venivano temporaneamente sospesi[10]. Un esempio evidente è la processione del Clero del sabato, dove il Vescovo, indossando paramenti neri, partecipa come semplice penitente. Similmente, nelle processioni dei Misteri, individui di classi sociali basse vestono abiti regali o interpretano figure di potere, invertendo i ruoli tradizionali. La sospensione delle distinzioni sociali si manifesta con particolare forza nella processione dei Battenti e dei Flagellanti: qui individui appartenenti a tutte le classi sociali, con livelli di istruzione, aspettative e immaginari differenti, si uniscono in un anonimato totale, celati da grandi cappucci e abiti bianchi, formando un’unica massa indistinta[11].
Questa pratica simbolica recupera valori ancestrali legati alla solidarietà e alla protezione collettiva[12]. Attraverso l’offerta del vino e quella del sangue, gli officianti invocano la protezione della Madre Celeste, affinché il suo manto protegga l’intera comunità e il territorio circostante.
- Pubblico locale
Migliaia di fedeli provenienti dai paesi limitrofi, ogni sette anni, convergono a Guardia Sanframondi per avere un contatto diretto con “la Madonna”. Le motivazioni sono varie: alcuni giungono per chiedere una grazia, altri per esprimere gratitudine per averne ricevuta una, mentre altri ancora partecipano semplicemente per “salutare la Madonna”: la Statua Sacra portata in processione è storicamente ritenuta una “Madonna che fa molti miracoli” e la sua festa attira alcune migliaia di fedeli dai paesi vicini. Già alla fine del XV secolo, questa era “la Madonna” più ricca di tutta l’area in quanto a lei venivano fatti frequenti lasciti e donazioni. Oggi con la completa integrazione dei Riti di Guardia nella liturgia ecclesiastica il carattere propiziatorio dell’offerta di sangue è offuscato. Tale carattere e la relazione dei Riti con culti precristiani è stato ben evidenziato negli studi degli anni Settanta del secolo scorso[13] quando accanto a una cadenza settennale dei Riti veniva ancora praticata “l’uscita straordinaria della Madonna” in cui la statua era portata in processione solo dai Battenti. La cadenza settennale della festa è documentata a partire dalla fine dell'Ottocento; prima di allora vi erano solo le “uscite della Madonna”, dove la statua veniva portata in processione per emergenze naturali, per implorare la pioggia o per far sì che smettesse. Data la preponderante attività agricola della popolazione, l'acqua era una risorsa vitale e la sua quantità era un fattore determinante per il successo delle colture. Pertanto, l'invocazione alla Madonna Assunta di Guardia, definita “dell’appira e spira” – che letteralmente significa “che apre e chiude” – si inserisce in un contesto di profonda dipendenza dalle condizioni climatiche e il ruolo della Madonna Assunta di Guardia come regolatrice delle piogge spiega la sua venerazione che trascende i confini del paese. L'ultima “uscita straordinaria della Madonna” fatta per impetrare la pioggia si è svolta nel 1974, ma il nesso Madonna₋pioggia₋sangue è ancora presente nell’immaginario collettivo locale.
Da sempre, la festa include la partecipazione del pubblico formato dagli abitanti dei paesi vicini. Nel contesto tradizionale, questo pubblico non è un elemento estraneo o marginale, ma risulta pienamente omogeneo alla cultura locale, ricoprendo un ruolo strutturale nella rappresentazione con la funzione di “coro”, un partecipante collettivo e consapevole che condivide e vive le medesime emozioni e realtà simboliche degli attori principali. In tal modo, il pubblico non solo completa la scena, ma contribuisce a rafforzare l’identità culturale e sociale della comunità, con un ruolo attivo nell’elaborazione dei significati collettivi. La sua partecipazione, infatti, va oltre la mera presenza fisica, configurandosi come partecipe delle dinamiche rituali e dei valori condivisi, riflettendo gli equilibri, le qualità e le specificità della cultura locale. Senza questa presenza organica, il senso stesso della festa risulterebbe incompleto, privato di una delle sue componenti fondanti.
Oggi i “forestieri” locali arrivano presto al mattino e di fatto occupano tutto il centro storico del paese: ponendosi ai lati delle piccole stradine dove passa la lunghissima processione, insieme ai processionanti cantano, pregano, piangono. Essi conoscono la narrazione e le narrazioni della festa: la capacità di riconoscere e interpretare le storie rappresentate nei misteri evidenzia un coinvolgimento attivo e una partecipazione emotiva alla dimensione penitenziale della processione. Il pubblico dei “forestieri” locali accorre per partecipare alla penitenza e al momento di comunione, “catarsi cattolica” che si esprime come rinascita a nuova vita dopo l’espiazione delle colpe.
- Il pubblico di massa
Oggi i Riti Settennali di Guardia Sanframondi godono di una risonanza internazionale in virtù della peculiare messa in scena delle processioni e, in particolare, per la persistenza di pratiche rituali, quali la flagellazione a sangue, ormai rare nel contesto europeo. La festa è sotto osservazione dal 1968[14], e nei Riti del 1982 si verificò quella che l’antropologo Lello Mazzacane definì “l’esplosione del paese”[15]: la stampa nazionale, fino ad allora rimasta indifferente a questa manifestazione, dedicò ampio spazio all'evento nelle settimane precedenti. Questo maggiore interesse mediatico determinò un afflusso straordinario di visitatori: circa 100.000 persone si riversarono nel piccolo borgo medievale, che all'epoca contava una popolazione di circa 5.000 abitanti.
A partire dai Riti del 1982, alla manifestazione partecipano, oltre ai fedeli dei paesi limitrofi, anche spettatori esterni alla comunità locale, un pubblico eterogeneo con interessi e aspettative diversificati. Nello stesso anno, l’antropologo Lello Mazzacane osservava:
Ho investigato dunque l’incontro/scontro con un altro pubblico convenuto per altre vie, con altre parti da interpretare, non concordate né dagli uni né dagli altri, [né con la comunità locale, né col pubblico tradizionale] e in ogni caso non affidate alla costruzione nel tempo. (….) L’universo per così dire esterno alla comunità di Guardia è una massa disomogenea di soggetti sociali raggiunta dall’informazione dei mass media. (….). Unica caratteristica uniforme è l’esposizione ai canali della comunicazione di massa (tutti hanno saputo dai giornali o dalla TV della manifestazione).[16]
Attraverso la festa, la comunità locale comunica i propri valori e la propria storia a un pubblico esterno, coinvolgendolo in un'esperienza collettiva. Ma cosa coglie il pubblico di massa della narrazione della festa che offre la comunità di Guardia Sanframondi? Questo “altro pubblico” non riesce fisicamente ad accedere al centro storico del paese e osserva la festa dai grandi stradoni che circondano la parte antica. Qui si respira un’atmosfera completamente diversa rispetto alle strette vie del borgo medievale: i protagonisti non sono più gli officianti, ma le migliaia di persone venute a guardare.
La festa si presenta quindi sotto diverse prospettive, influenzate sia dalla collocazione spaziale sia dalla partecipazione emotiva di officianti e osservatori. Nei piccoli spazi accessibili solo ai locali, il rapporto tra officianti e pubblico rimane intimo e diretto; al contrario nei luoghi più ampi, lungo la strada provinciale, la celebrazione assume i tratti di un evento di massa dove protagonista è il pubblico-massa che non solo disperde l’attenzione e priva l’evento della sua solennità, ma soprattutto si avvicina alla festa con aspettative conformi alle rappresentazioni mediatiche, che tendono a semplificare o enfatizzare alcuni aspetti della tradizione.
Questo pubblico consuma la festa da una prospettiva “esterna”, mediata dai linguaggi della comunicazione di massa: l’impatto delle dinamiche di massa sui rituali tradizionali segna una transizione da un’esperienza partecipativa e catartica a una mera rappresentazione mediatica. La narrazione della festa perde la sua coerenza organica e si trasforma in cronaca e spettacolo; spettacolo, però, che non può mantenere l’attenzione di un pubblico di massa perché ha i ritmi lenti e ripetitivi del rito.
L’apice delle presenze di visitatori è stato raggiunto nel 2010, con circa 150.000 partecipanti. Nel 2017, per la prima volta dal dopoguerra, si è registrato un calo delle presenze esterne, con oltre 100.000 visitatori; questa tendenza è stata confermata nel 2024, con circa 50.000 partecipanti. L’attenzione dei media, che abbiamo descritto, sembra aver prodotto un effetto tipico dei luoghi diventati oggetto di turisticizzazione: la diminuzione del numero di visitatori esterni può essere interpretata come un fenomeno di saturazione. Il visitatore, che arriva per osservare i Riti a partire da un processo comunicativo basato principalmente su una narrazione frammentata, non riesce nella maggior parte dei casi a instaurare un rapporto continuo e profondo con l'evento.
- I Riti Settennali di Guardia Sanframondi e la loro mediatizzazione
I Riti Settennali, pur evocando una religiosità arcaica apparentemente distante dalla modernità, sono stati profondamente influenzati dalla mediatizzazione contemporanea. La loro presenza nei media si è evoluta parallelamente all'innovazione tecnologica: dalla stampa alla televisione, che ne ha promosso la partecipazione di massa, fino alle piattaforme digitali odierne. Oggi, social media come YouTube, Facebook e Instagram, insieme ai blog di viaggio, diffondono immagini e video che documentano e amplificano l'evento, evidenziando la coesistenza di vecchi e nuovi media anche in campo religioso.
I social media, insieme ai blog di viaggio, amplificano l'eco dei Riti Settennali. In generale, su Internet la penitenza settennale è rappresentata come la forma di religiosità ordinaria a Guardia Sanframondi: una ricerca su Google delle parole “Guardia Sanframondi” e “religione” porta tra i primi dieci risultati siti web che mostrano immagini dei Battenti. Tuttavia, le narrazioni mediatiche spesso adottano toni eccessivi, come evidenziato nelle guide turistiche. La Lonely Planet, ad esempio, descrive i riti in termini sensazionalistici:
Gli insanguinati riti settennali sono in grado di ridimensionare al rango di burlesca commedia qualsiasi altro fenomeno devozionale. (...) Per rimanere imbambolati dallo sconcerto (...) bisogna attendere la domenica: durante la processione generale, la statua dell’Assunta viene portata in giro per il paese, preceduta da schiere di persone coperte con un saio e cappuccio bianco stile Ku Klux Klan, che si percuotono il petto con spugne irte di aculei. (…) Il sangue scorre a litri sulle vesti dei Battenti, insieme al sudore, alle lacrime di dolore e al vino usato per disinfettare le ferite.[17]
Un ulteriore aspetto della mediatizzazione dello spazio sacro nei Riti Settennali riguarda la rappresentazione delle persone coinvolte. Personalità come Luigi Ceniccola, che ricoprono ruoli di vertice nell’organizzazione dei Riti, sono frequentemente intervistate a ogni Settennio. Ceniccola racconta come il cambiamento economico abbia influenzato le tradizioni, con il ricordo di un passato dove la povertà economica non permetteva «distruzioni rituali di ricchezza»[18] e la festa si reggeva sull’etica del risparmio. Il benessere economico ha permesso un riscatto rispetto al passato ma, soprattutto l’arrivo dei mass media – in particolare della televisione – esponendo l’immagine dei singoli individui al giudizio generale, non ha più permesso di vivere con dignità la propria miseria ma l’ha resa una cosa di cui vergognarsi:
Oggi è più complesso rapportarsi con chi visita Guardia e, soprattutto, con chi viene per studiarci: non è più possibile improvvisare data la crescente attenzione mediatica. Cinquant’anni fa bastava un semplice abito per creare una scena; spesso usavamo coperte, suscitando scherno per l’assenza di costumi adeguati. Ora, grazie al sostegno della comunità locale e degli emigrati, possiamo fittare costumi di alta qualità da sartorie teatrali e cinematografiche. Ad esempio, i costumi dei soldati romani sono gli stessi usati nel film Il Gladiatore.[19]
Un’altra figura emblematica è Giovanna Plenzich, conosciuta come “Giovannina”. Bracciante agricola per tutta la vita, oggi ultranovantenne, la sua voce lacerante scandisce il ritmo con cui i penitenti si colpiscono, svolgendo un ruolo essenziale nella ritualità. Giovannina è diventata un’icona per i visitatori, al punto che scattare un selfie con lei è divenuto un desiderio comune tra i “forestieri”.
La crescente esposizione mediatica ha contribuito a rendere i riti più conosciuti, ma al contempo ha intrecciato elementi della tradizione con logiche di spettacolarizzazione, generando una rappresentazione mediatica autonoma degli stessi. Con i nuovi media un fenomeno già esistente, la coesistenza di due esperienze di senso all'interno dello stesso spazio rituale, si è ulteriormente accentuato: da un lato l'esperienza sacralizzata dei partecipanti diretti, profondamente immersi nel significato spirituale dei Riti; dall'altro, quella turisticizzata di decine di migliaia di visitatori attratti dalla narrazione mediatica.
La comunicazione mediatica, spesso, tende a rappresentare i Riti come un residuo di religiosità arcaica e la turisticizzazione dell’evento, amplificata dall’estremo affollamento e dalla brevità della permanenza dei visitatori, impedisce a questi ultimi di accedere pienamente alla dimensione sacrale. Di conseguenza, il pubblico di massa finisce per riprodurre sui social media le stesse immagini che l’hanno spinto a partecipare, riproponendo un ciclo continuo di rappresentazioni parziali e superficiali.
- Conclusioni
Questo studio si è posto l’obiettivo di esplorare la pluralità dei significati attribuiti a uno stesso spazio da gruppi distinti, evidenziando le differenze percettive e simboliche che emergono in contesti di forte valenza rituale. Nel caso dei Riti di Guardia Sanframondi, si riscontra una dicotomia tra la visione esterna, legata al pubblico di massa, e quella interna, vissuta dalle comunità partecipanti.
Per il pubblico esterno, infatti, l’esperienza dei Riti tende a essere frammentata e spesso porta a giudizi negativi su una religiosità percepita come anacronistica. In generale, la banalizzazione nella comunicazione mediatica di determinati aspetti rituali della religione contribuisce, secondo alcuni studi[20], alla decostruzione dell’organizzazione religiosa tradizionale, accentuando la separazione tra il sacro e la quotidianità e favorendo la secolarizzazione.
Per le comunità coinvolte, invece, i Riti Settennali rappresentano una connessione profonda con il passato, parafrasando la celebre espressione di E. De Martino, sono un «villaggio vivente nella memoria»[21]. I giovani, spesso lontani dai propri luoghi di origine e con identità multiple, continuano a portare con sé questa eredità. Per gli officianti, i Riti sono un’occasione per mantenere viva una connessione profonda con il passato, per custodire e trasmettere, attraverso la partecipazione, un’eredità che è al contempo storica, religiosa e identitaria.
Nell'edizione dei Riti Settennali dello scorso agosto, la presenza di visitatori esterni è diminuita, la partecipazione alle processioni, invece, è rimasta stabile, con un significativo incremento di giovani e di presenze femminili tra i Battenti. Questi dati confermano la vitalità dei Riti e suggeriscono una loro persistente attualità.
La turisticizzazione degli spazi sacri, sebbene non sia un fenomeno nuovo, è stata accentuata dai nuovi media, sollevando la necessità di bilanciare la conservazione della sacralità rituale con l’apertura a un pubblico globale. Il dibattito attuale sulla relazione tra comunità e turismo non si limita a considerare il turismo come consumo, ma anche come spazio di incontro di interessi e poteri[22]. A differenza della tradizione anglosassone di cui abbiamo parlato all’inizio, la tradizione italiana mostra una maggiore apertura verso il turismo, riconoscendo che può offrire opportunità per la valorizzazione delle pratiche locali. Le comunità locali non sono più viste come oggetti passivi del cambiamento, ma come protagoniste di un processo di adattamento che permette una reinterpretazione della tradizione. Eventi che mescolano spiritualità e intrattenimento potrebbero, ad esempio, favorire la creazione di nuove forme di identificazione collettiva, pur mantenendo un legame con la tradizione storica[23]. La gestione della tradizione non riguarda solo la conservazione, ma anche la mediazione sociale e politica, che tiene conto delle dinamiche economiche, culturali e identitarie in gioco. Come sottolineato da Lombardi Satriani già negli anni ’70, la negoziazione tra i diversi attori è fondamentale per evitare che la comunità locale perda il controllo sul proprio patrimonio culturale[24].
Nel caso di Guardia Sanframondi, la comunità ha difeso i propri Riti Settennali da tentativi di trasformazione che, sebbene potessero comportare vantaggi economici e maggiore visibilità, avrebbero compromesso l’essenza profonda della manifestazione religiosa. Il rifiuto della proposta di patrimonializzazione UNESCO, sebbene in controtendenza, ha permesso alla comunità di preservare la propria autonomia culturale, rappresentando una scelta consapevole che le ha consentito di governare la propria tradizione e di definire i confini della sua condivisione. Questa posizione è stata resa possibile dalla coesione sociale e culturale della comunità, che resiste alle pressioni esterne difendendo la propria identità.
[1] E. Relph, Place and Placelessness, Pion, London 1976.
[2] Ibid.; A. Buttimer, Geography and the Human Spirit, Johns Hopkins, Baltimore 1993; D. Seamon, Body, Memory, and Architecture, Wiley, New York 1980; D. Mac Cannell, The Tourist: A New Theory of the Leisure Class, University of California Press, Berkeley 1976.
[3] D. Harvey, The Condition of Postmodernity: An Enquiry into the Origins of Cultural Change, Blackwell, Oxford 1989, pp. 257-279.
[4] J. Urry, The Tourist Gaze: Leisure and Travel in Contemporary Societies, Sage Publications, London 1990, pp. 74-93.
[5] C. Gallini, Il consumo del sacro. Feste lunghe di Sardegna, Laterza, Bari 1971.
[6] In Italia riti pubblici di autoflagellazione oltre che a Guardia Sanframondi sono praticati anche in Calabria, a Nocera Terinese e a Verbicaro. Sulla flagellazione nel Sud Italia cfr. L.M. Lombardi Satriani, Il ponte di San Giacomo. L’ideologia della morte nella società contadina del Sud, Rizzoli, Milano 1989; Id., De sanguine, Meltemi, Roma 2000; Sui flagellanti di Nocera Terinese cfr. F. Faeta, Ostentazione rituale del dolore: Prime considerazioni intorno ai flagellanti di Nocera Terinese, in G. D’Agostino, J. Vibaek (a cura di), Il dolore: pratiche e segni, Grafiche Flaccomio, Palermo 1996, pp. 211-246. Sull’immaginario popolare calabrese cfr. F. Faeta, Il santo e l’aquilone, Sellerio, Palermo 2000.
[7] Per la descrizione dei Riti Settennali cfr. L. Iuliani, I Battenti a Sangue di Guardia Sanframondi, tesi di laurea in Storia delle Religioni, Università Federico II di Napoli, Facoltà di Lettere e Filosofia, relatore Boris Ulianich, a.a. 1975-1976.
[8] La dinamica del dono crea legami sociali e contribuisce a definire le relazioni tra gli individui all’interno di un gruppo cfr. M. Mauss, Saggio sul dono. Forma e motivo dello scambio nelle società arcaiche (1924), tr. it. Einaudi, Torino 1965; C. Lévi-Strauss, Le strutture elementari della parentela (1949), tr. it. Feltrinelli, Milano 1972.
[9] Cfr. L. Mazzacane, Struttura di festa: forma, struttura e modello delle feste religiose meridionali, Franco Angeli, Milano 1985.
[10] M. Bachtin, L’opera di Rabelais e la cultura popolare. Riso, carnevale e festa nella tradizione medievale e rinascimentale (1965), tr. it. Einaudi, Torino 1979, pp. 14 ss.
[11] Il dono anonimo contraddice la logica della reciprocità, fondamentale per M. Mauss nello scambio di doni, in quanto non implica un ritorno (cfr. M. Mauss, op. cit.)
[12] Sulla communitas come condizione di uguaglianza, liberi dalle gerarchie che regolano la vita quotidiana, cfr. V. Turner, Dal rito al teatro (1982), tr. it. Il Mulino, Bologna 1986, p. 93.
[13] Cfr. G. Ranisio, I riti di penitenza a Guardia Sanframondi, in «Rivista di Etnologia– Antropologia Culturale», XXXI, III, 1975, pp. 33–50, e M. Niola, Archeologia della devozione, in L.M. Lombardi Satriani (a cura di), Santità e tradizione. Itinerari antropologico–religiosi nella Campania di fine Millennio, Meltemi, Roma 2000, pp. 53–73.
[14] L. Mazzacane, La Festa rivelatrice. Cultura locale e modalità di massa in una cultura meridionale, in «La Ricerca Folklorica», 7, 1983, pp. 97-112, p. 97.
[15] Ibid., p. 101.
[16] Ibid., p. 98.
[17] Cfr. R. Carulli, L. Farrauto et al. (a cura di), Campania, Lonely Planet, EDT, Torino 2016, p. 325.
[18] Vedi B. Malinowski, Argonauti del Pacifico occidentale. Riti magici e vita quotidiana nella società primitiva (1922), tr. it. Boringhieri, Torino 1973, pp. 88-105.
[19] Intervista con Luigi Ceniccola condotta dall'autrice, Guardia Sanframondi, 22 luglio 2017.
[20] S. Hjarvard, The Mediatization of Religion. A Theory of the Media as Agents of Religious Change, in «Northern Lights», 6, 2008, pp. 9-26.
[21] E. De Martino, La fine del mondo. Contributo a una storia del sentimento religioso (1977), Einaudi, Torino 1987, p. 119. Questi risultati emergono dalla ricerca condotta nell’ambito del dottorato di ricerca, conclusosi nel 2023, che ho svolto presso l’Universität Potsdam.
[22] B. Palumbo, L’UNESCO e il Campanile, Meltemi, Roma 2003.
[23] L. Bindi, Il futuro del passato. Il valore dei beni immateriali tra turismo e mercato della cultura, in «Voci», X, 2013, pp. 36-48.
[24] L.M. Lombardi Satriani, Capitale e profitto. Tecniche di distruzione di una cultura, Editori Riuniti, Roma 1972, pp. 83-132.