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Epistemologia e Metafisica nella Teoria della Selezione Sessuale di Darwin

Autore


Salvatore di Concilio

Docente di Scienze Naturali

Docente di Scienze Naturali nei Licei ed è Organizzatore del Darwin Day di Salerno

Indice


  1. L’idea geniale e pericolosa di Darwin
  2. La rinascita della selezione sessuale
  3. Due differenti epistemologie
  4. La metafisica di Wallace
  5. La metafisica di Darwin 
  6. Metafisiche a confronto
  7. Conclusioni

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S&F_n. 29_2023

Abstract


Epistemology and Metaphysic in Darwin’s Theory of sexual Selection

The theory of evolution by natural selection appeared for the first time in 1859 and, despite the initial opposition of some scientists and Churches, in a few years it established itself throughout Europe. Darwin's recognized prestige did not prevent him from criticism and open aversion when in 1871 he published The Descent of Man, a book in which he expounded the theory of sexual selection, which was contested and forgotten for over a century. Its rediscovery occurred when there was a change in epistemological paradigms, also under the influence of different social situations.

  1. L’idea geniale e pericolosa di Darwin

Charles Darwin confessava in una lettera al suo amico e sostenitore americano Asa Gray, il terrore che gli suscitava l’osservazione della magnifica livrea del pavone «La vista di una piuma nella coda di un pavone, ogni volta che la guardo, mi fa venire la nausea!»[1]. L’esempio della coda del pavone aveva un portata paradigmatica: per quale motivo un pavone maschio dovrebbe farsi crescere un apparato così vistoso, come la sua magnifica coda, che dal punto di vista della sopravvivenza comportava solo svantaggi, lo rendeva più visibile ai predatori e meno capace di difendersi, lo gravava di una spesa energetica impegnativa e che ogni anno aumentava per respingere la concorrenza dei rivali. La risposta ai suoi dubbi giunse dall’elaborazione della teoria della selezione sessuale che comprendeva due tipi di comportamenti: la lotta dei maschi fra loro per avere accesso alle femmine e la scelta femminile dei maschi più attraenti per la loro bellezza. La nuova teoria risolveva il problema di dare una spiegazione all’esistenza del dimorfismo sessuale di molte specie, nelle quali le femmine sono poco sgargianti, al contrario dei maschi che, specie fra gli uccelli, si impegnano a modulare canti melodiosi, sfoggiano code molto appariscenti per la grandiosità, per i colori e per i disegni che vi appaiono. Darwin insisteva molto nel tenere separate le due selezioni, la naturale decideva chi sarebbe sopravvissuto nella lotta per l’esistenza e l’altra che stabiliva quali individui avevano le maggiori possibilità di riprodursi.

Quindi, la selezione naturale regolava la sopravvivenza differenziale quella sessuale la riproduzione differenziale. La scelta del partner fatta sulla base di un criterio estetico da parte delle femmine è il punto centrale del pensiero di Darwin ma fu anche il più controverso, inaccettabile per il suo amico A.R. Wallace che lo rifiutò affatto, fornendo altri tipi di spiegazione che chiamavano in causa la selezione naturale. A suo parere le lotte e le sfide che i maschi affrontano per avere il diritto di essere scelti dalle femmine non trovano la loro ragion d’essere in una preferenza estetica, nella tenzone essi sviluppano armi di attacco o di difesa che sono di aiuto per proteggere la famiglia dai predatori. Si poteva dare un’interpretazione adattiva anche per comprendere il dimorfismo sessuale, assegnando l’aspetto dimesso delle femmine alla necessità di non attirare i predatori.

Le differenze di valutazione si estesero anche all’uomo, Darwin riteneva che i gusti estetici delle donne fossero state la causa delle diversità anatomiche e di aspetto che caratterizzavano le diverse razze, mentre Wallace continuava a considerare che anche in questo caso aveva agito esclusivamente la selezione naturale. A sostegno della sua tesi sull’adattività di qualsiasi nuova caratteristica, Wallace faceva notare che la scelta femminile, anche se fosse esistita, non avrebbe potuto indurre un cambiamento ereditario, per il quale occorreva mantenere un criterio costante di bellezza per molte generazioni, escludendo che le femmine di animali non umani potessero possedere la dovuta costanza. Darwin rimase fermo nella sua convinzione che la scelta per gusto avesse una sua autonomia fino al punto da sfuggire anche al vaglio della selezione naturale. Si dichiarava fiducioso che nel futuro la selezione sessuale sarebbe stata riconosciuta in tutta la sua importanza.

Il duello amichevole fra i due amici si interruppe per la morte di Darwin, avvenuta nel 1882, anche se l’altro continuò a lungo a portare argomenti a favore della sua tesi. Per molto tempo i naturalisti scelsero il modello sostenuto da Wallace, compresi i darwinisti più ortodossi, temendo che l’eventuale azione della selezione sessuale avrebbe gravemente sminuito l’importanza della selezione naturale nei processi di evoluzione degli organismi viventi. Ma come si può interpretare il mancato accordo sul riconoscimento della selezione sessuale fra due naturalisti che erano stati uniti dalla comune scoperta della selezione naturale? La risposta richiede di scandagliare più a fondo ciò che sta dietro alle teorie scientifiche, che spesso non viene alla luce, gli scienziati non amano uscire da un percorso segnato da osservazioni, esperimenti e deduzioni logiche che siano compatibili col metodo scientifico. Essi in parte ignorano, e in parte nascondono, l’influenza di moventi di altro ordine che entrano in gioco quando si fa scienza.

 

  1. La rinascita della selezione sessuale

La convinzione di Wallace che ogni scelta femminile fosse fondata sull’utilità e non sulla bellezza fu da subito venne condivisa dai naturalisti darwiniani che, dopo la morte di Darwin, si erano concentrati sulla compilazione delle storie evolutive dei gruppi viventi guidate dalla selezione naturale.

Tuttavia, le teorie spesso si comportano come i fiumi carsici che scompaiono alla vista immergendosi in cammini sotterranei, risorgendo a sorpresa dopo un percorso più o meno lungo. Anche la selezione sessuale a distanza di molti decenni ritornò in superficie. Le opinioni sulla selezione sessuale ebbero una prima svolta nel 1915 con un articolo del biologo matematico R.A. Fisher[2], esponente della corrente del neodarwinismo, conosciuta col nome di “sintesi moderna” perché unificava la teoria di Darwin con la genetica mendeliana, che propose una giustificazione della scelta estetica delle femmine, argomento che riprese e ampliò nel 1930 quando diede alle stampe la prima edizione della sua opera The Genetical Theory of Natural Selection nella quale riesaminava la controversia sulla selezione sessuale, non condividendo la scelta adattamentista di Wallace. Rispetto a Darwin cambiò l’approccio al problema di dovere dimostrare come la preferenza sessuale femminile potesse dirigere l’evoluzione, concentrandosi invece sull’evoluzione della stessa preferenza sessuale.

Quello delineato da Fisher è un meccanismo di retroazione positiva, quando una femmina sceglie un tratto genetico che controlla lo sviluppo della coda e un tratto fenotipico a coda lunga sta probabilmente scegliendo un partner maschile che aveva avuto una madre con la stessa preferenza per la coda lunga, ripetendosi questa scelta per diverse generazioni il tratto e la preferenza per la coda lunga si sarebbero diffuse perché i maschi di quel tipo sarebbero stati i più ricercati dalle femmine, a prescindere dalla loro gagliardia. Le argomentazioni esposte da Fisher non riuscirono a riportare alla luce il modello estetico proposto da Darwin, mentre quello wallaciano fu ammodernato dall’israeliano Zahavi che nel 1975 avanzò il principio dell’handicap[3] che riscosse una grande risonanza, con questo principio ci guadagnava sia chi sceglieva che chi veniva scelto. Anche se le femmine scelgono il maschio con un enorme apparato ornamentale, svantaggioso dal punto di vista adattivo, bisogna considerare che questo handicap è il segnale per le femmine che il maschio che aveva superato tutti gli ostacoli doveva essere in possesso di buoni geni. Questi garantiscono alla femmina di avere trovato un partner idoneo a lasciare alla sua prole la sua buona eredità genetica, insieme alla bellezza che attirerà a loro volta le femmine. Il principio del segnale onesto o dell’handicap non è del tutto convincente: se il vantaggio nella scelta femminile è proporzionale al costo dell’handicap i vantaggi (la preferenza per la sua scelta) e gli svantaggi (l’onerosità dell’ornamento) tenderanno ad annullarsi e la specie non potrà più evolversi. Un'altra prova della sua debolezza dipende dal fatto che se fosse sempre operante ogni maschio tenderebbe ad aumentare il suo handicap per assicurarsi l’accesso alle femmine, ciò significherebbe che dovremmo aspettarci di osservare organismi con danni gravissimi sul corpo, come mutilazioni di interi organi, cosa che invece non si rileva. Negli anni Ottanta del Novecento, ad oltre un secolo dalla sua proposta, fu finalmente riportata all’attenzione la scelta estetica.

I biologi matematici Lande[4] e Kirkpatick[5] ripresero l’ipotesi di Darwin e Fisher completandola con un modello matematico più completo, secondo il quale la scelta femminile poteva oscurare il criterio dell’utilità perché se anche i maschi più belli non erano i più vigorosi avrebbero avuto figli a differenza degli altri. Solo quando gli effetti negativi dell’implementazione degli ornamenti arrivassero a escludere le possibilità di sopravvivere l’evoluzione estetica si sarebbe fermata. Con buona approssimazione si può affermare che allo stato attuale non c’è unanimità su quale delle due teorie di fondo possa dirsi vincente. Un giudizio oculato si trova in un recente libro dedicato a questa tematica, L’evoluzione della bellezza di R.O. Prum che per anni ha studiato i display di corteggiamento di uccelli sparsi per tutto il mondo. Per comprendere il suo pensiero ci si può fermare a considerare il caso del fagiano argo maggiore[6] che vive nel Borneo, in ambienti forestali che ne rendono difficile l’osservazione. L’argo è una testimonianza a favore della scelta estetica, i suoi particolari ornamentali, che il maschio mostra solo durante il display di corteggiamento, sono centinaia e forse addirittura migliaia, per acclarare l’ipotesi adattiva bisognerebbe provarne per ognuno il valore utilitaristico, eventualità impossibile da fare per la rarità di osservazioni sul campo e per l’elevatissimo costo dei tentativi. La prova che la scelta femminile venga fatta per avere percepito una onesta proposta delle capacità maschili è di per sé molto difficile perché si tratta di una specie poliginica, nella quale il maschio cerca di accoppiarsi con più femmine possibili, non collabora in niente con le partner che vengono subito lasciate sole a costruire il nido con i rametti, a badare alla cova delle due uova normali, a occuparsi della crescita e a procurare il nutrimento per sé e per i piccoli, in tal modo non riceve nessun vantaggio diretto eventualmente nascosto nel segnale onesto. Prum conclude che poiché non si riuscirà mai a dimostrare nel caso dell’argo e di altri uccelli un legame con la fitness bisognerebbe accettare che quella che lui chiama la bellezza che capita è un’ipotesi nulla, che non si può dimostrare con prove a carico ma è l’unica possibile. Tuttavia, non esclude che esistano anche casi che sono sicuramente dovuti a diretta utilità o handicap dichiarato.

 

  1. Due differenti epistemologie

Paradossalmente ciò che separava Darwin e Wallace era la portata dell’azione della selezione naturale, in cui entrambi credevano. Wallace può essere considerato come un’iperselezionista per la sua convinzione che la selezione naturale fosse l’unica forza a modellare gli organismi viventi in tutti i loro attributi, fisici e comportamentali. Rimproverava a Darwin di aver tolto alla selezione naturale il monopolio assoluto dell’evoluzione, di averle affiancato procedimenti di trasformazione del vivente, che lui si rifiutava di condividere. Wallace non aveva ragione, sin dal primo momento Darwin aveva messo in chiaro che la selezione naturale non era l’unica forza capace guidare l’evoluzione[7], ad essa aveva accostato il principio della variazione correlativa, secondo il quale un adattamento in una parte del corpo poteva provocare un cambiamento in un’altra, inoltre aveva anche recuperato sia il principio dell’uso di lamarckiana memoria, nonostante l’antipatia che provava per il suo autore, e sia l’azione diretta delle condizioni ambientali, a cui aveva poi aggiunto la selezione sessuale. Riteneva indispensabili tutte queste forze per spiegare la presenza di proprietà del vivente che sembravano sottrarsi all’opera della selezione naturale, senza intaccare il suo naturalismo integrale. Wallace, più realista del re, non approvava quelle integrazioni ritenendole superflue. L’importanza delle scelte metodologiche è decisiva, esse creano delle aspettative alle quali si tendono a conformare i risultati della propria ricerca scientifica, scartandoli quando la mettano in dubbio, accogliendoli se la confermino. Questo successe anche per i due grandi naturalisti. Wallace era sicuro che fosse possibile trovare una spiegazione adattiva per ogni caratteristica degli organismi, ad eccezione dell’uomo. Darwin invece era un pluralista metodologico, aveva capito di non potere ridurre tutti i fenomeni evolutivi alla selezione naturale. In modo alquanto bizzarro, i due amici si sono trovati su versanti opposti per quanto riguarda la natura dell’uomo: mentre Wallace metteva dei limiti alla selezione naturale nell’evoluzione umana, Darwin, al contrario, teneva per fermo il ruolo primario della selezione naturale nell’origine e nella comparsa di tutte le qualità che distinguono l’uomo.

Le opposte opzioni epistemologiche, che condizionarono in maniera decisiva il riconoscimento della scelta estetica femminile in materia di accoppiamento, prima di essere validate dalle naturali esperienze affondavano le loro radici in una dimensione preesistente. Non è azzardato usare per essa il nome di metafisica, intendendo designare con questo termine le credenze ultime degli scienziati, che nella filosofia della scienza comprendono quelle visioni della realtà naturale che si annidano nella mente degli scienziati prima di ogni esperienza fenomenica.

La metafisica scientifica comprende affermazioni sulla struttura del mondo, formulate in modo tale da non potere essere direttamente: né confermate né confutate […]. Di fatto la storia dello sviluppo della conoscenza è la storia dei dialoghi critici fra metafisiche scientifiche in lotta fra loro, ossia fra programmi scientifici di ricerca contrastanti[8].

 

  1. La metafisica di Wallace

Esaminiamo innanzitutto la posizione di Wallace, le prime crepe nella concordia intellettuale con Darwin le semina in un articolo di giornale dedicato all’origine delle razze umane e all’antichità dell’uomo, nel quale opera una netta separazione delle forze che hanno agito sull’evoluzione umana, relegando il ruolo della selezione naturale alla sola funzione di plasmare la parte fisica dell’uomo, mentre riteneva che a forgiarne le facoltà più sviluppate, morali e intellettuali, era stata un’altra forza che aveva agito in modo da amplificare enormemente il cervello degli uomini. A riprova di questo convincimento faceva rimarcare che gli uomini di razze primitive possedevano cervelli di grandezza simile a quella degli uomini più civilizzati, ciò non poteva essere opera della selezione naturale che sostiene solamente i cambiamenti che recano un vantaggio immediato, escludendoli per vantaggi futuri. Per questo rifiutava tassativamente la possibilità che la selezione naturale avesse potuto agire nei primi uomini per un ingrandimento del loro cervello, che non era richiesto dalle modeste necessità intellettuali che il loro rudimentale livello di vita richiedeva, per la loro sopravvivenza sarebbe bastato un organo del pensiero molto più modesto e non quello di un filosofo. Dando per scontato, come lo era all’epoca, che il volume del cervello fosse la misura più evidente dell’intelletto. Wallace estendeva lo stesso ragionamento ad altre caratteristiche che non potevano essere state effetto della selezione naturale, fra queste enumerava l’assenza di pelo in certi punti del corpo, la perfezione dei piedi e delle mani, l’organo della voce, il senso morale, tutte funzioni che esulavano da una funzione di immediata utilità. Sulla base di queste deduzioni, isolava l’uomo dal resto della natura e lo poneva in una dimensione superiore, quella spirituale: «un’intelligenza superiore ha guidato lo sviluppo dell’uomo in una ben precisa direzione e per uno scopo speciale»[9], un tale risultato non poteva che provenire da una forza fuori della natura «siamo anche certi di rintracciare l’azione di qualche legge superiore che va al di là ed è indipendente da tutte quelle leggi che noi conosciamo»[10].

Il naturalista gallese non si esprimeva chiaramente sullo status di quella intelligenza, non si trattava di una sorta di teismo, piuttosto la considerava come una legge primigenia che agiva nel senso di condizionare dal di dentro la selezione naturale, pur restando inconoscibile. La sua metafisica è un dualismo che abbandona il rigido materialismo di Darwin per aprire a una dimensione spirituale che lo spinge a credere nello spiritismo, che lo rese assiduo e credulo frequentatore di sedute spiritiche.

Qualche legge più generale e più fondamentale sta sotto quella della selezione naturale. Una legge di questo tipo è quella dell’intelligenza inconscia permeante tutta la natura organica… È più probabile che la vera legge si trovi troppo in profondità perché possa essere scoperta; tuttavia mi sembra che si abbiano qui ampie indicazioni che tale legge debba esistere, ed essere forse connessa con l’origine assoluta della vita e dell’organizzazione[11].

 

L’isolamento dell’uomo dal resto della natura era inaccettabile per Darwin, che aveva cominciato a temere per la direzione pericolosa intrapresa dall’amico. Nel 1869, all’interno di una prefazione dedicata da Wallace all’opera geologica di Charles Lyell, si stavano avverando i suoi peggiori sospetti, e senza avere ancora letto la prefazione, espresse in una lettera indirizzata all’amico tutta la sua disperazione per un’eventuale insopportabile deriva del suo pensiero: «Spero che non abbiate del tutto assassinato la vostra e mia creatura»[12].Purtroppo per lui, Wallace nella prefazione avrebbe confermato i suoi peggiori dubbi. Dopo averla letta, avuta conferma della traiettoria intellettuale divergente dell’amico gli comunicò il suo totale sconforto.

Se non me l’aveste detto, avrei pensato che quelle frasi [sull’uomo] le avesse aggiunte qualcun altro. Come già vi aspettavate, sono purtroppo in disaccordo con voi, e me ne dispiace molto. Non capisco la necessità di tirare in ballo un ulteriore e diretta causa riguardo all’uomo[13].

 

Il distacco fra i due su questo punto si fece definitivo quando l’anno dopo Darwin lesse un altro saggio di Wallace I limiti della selezione naturale applicata all’uomo, nel quale l’autore ribadiva le sue convinzioni. In un’altra lettera, Darwin prese atto dell’esistenza di una frattura definitiva fra le loro opposte concezioni «Riguardo all’origine dell’uomo, piango. Voi scrivete da naturalista che ha subito una metamorfosi (in direzione retrograda) … Eheu! Eheu!Eheu! Il vostro sconsolato amico»[14]. Si oppose sempre alla sua caduta nell’irrazionalità argomentando la propria opposizione con la constatazione che l’uomo, anche il più primitivo, era pur sempre l’animale più potente mai apparso sulla terra, e come tale sottoposto all’azione della selezione naturale da cui dovevano essergli derivate tutte le sue caratteristiche, senza nessuna eccezione.

 

  1. La metafisica di Darwin

Darwin guardava alla natura come a un mondo che bastava a se stesso, mosso da sue proprie leggi che escludevano l’intervento di forze esterne, come dio o forze vitali. Se dunque l’epistemologia di Darwin poggiava su una piattaforma programmatica di rigido materialismo non si proponeva di entrare in contraddizione con essa nemmeno quando introduceva la selezione sessuale. La sua metafisica era caratterizzata dall’unità della natura, senza distinzione fra mondo inorganico ed organico, come il primo era un sistema ordinato di forze naturali così anche il secondo doveva essere un sistema che veniva retto da altre forze naturali, opinione che al tempo era considerata scorretta. Il passaggio a un materialismo assoluto si forma nella sua mente molto precocemente, come stanno a ricordare i taccuini giovanili nei quali compaiono spesso pensieri che denotano la maturazione di quella scelta che non abbandonò mai più. Nei Taccuini Filosofici troviamo espressioni inequivocabili nella loro sintetica crudezza:

Platone [Erasmus] dice nel Fedone che le nostre “idee necessarie” derivano dalla preesistenza dell’anima, e non sono originate dalla esperienza.-leggi scimmie al posto di preesistenza”[15].

 

Ciò che avrebbe formato l’argomento dell’Origine dell’Uomo diversi decenni dopo è già presente in nuce nella sua mente che presagisce le radici scimmiesche dell’umanità:

La nostra discendenza, quindi, è l’origine delle nostre passioni malvagie!!- Il Diavolo sotto orma di Babbuino è il nostro antenato!-[16]

 

Demolisce di volta in volta tutte quelle che per la teologia naturale erano le inavvicinabili qualità dell’uomo: «Il pensiero, per quanto intellegibile possa essere, sembra soltanto la funzione di un organo, come la bile del fegato»[17].

Il risultato finale del suo percorso intellettuale fu quello di gettare solide basi per una visione materialistica, facendo diventare argomento scientificamente provato che la natura avesse una sua autonomia. Non a caso nell’ultima pagina dell’Origine delle specie mise in parallelo l’azione della gravità con quella della selezione naturale che dirige la vita che «mentre il pianeta seguita a girare secondo la legge immutabile della gravità, si è evoluta e si evolve, partendo da inizi così semplici, fino a creare nuove forme estremamente belle e meravigliose»[18]. Questa bella espressione della fiducia nell’immagine di una natura potente e generatrice è diventata l’architrave imprescindibile di tutta la sua teoria.

 

  1. Metafisiche a confronto

A Wallace sembrava che la teoria della selezione sessuale rappresentasse un abbandono della loro comune scoperta perché con la sua introduzione si sarebbe ammessa una grave limitazione del potere della selezione naturale, con la possibilità che venissero selezionate caratteristiche inutili o addirittura deleterie per l’adattamento. Ma non era così. Darwin aveva più volte chiarito che le facoltà intellettive dell’uomo e quelle morali si erano perfezionate per opera della selezione naturale. L’emergenza di quelle facoltà era stata resa possibile da un fenomeno che Patrick Tort ha designato come l’«effetto reversivo dell’evoluzione»[19], secondo il quale i comportamenti antiselettivi e antieliminatori erano stati selezionati per la loro utilità nel facilitare il progresso delle antiche popolazioni. Il passaggio dalla sfera della biologia, in cui domina la selezione naturale, che prevede l’eliminazione dei più deboli, a quella civilizzata, nella quale si affermano gli istinti sociali, non è contraddittorio in quanto la prevalenza di norme etiche superiori favorisce la sopravvivenza delle comunità solidali contro quelle egoiste. Come è differente il ruolo che Wallace, nell’ambito del suo dualismo spirito/materia, aveva assegnato alla natura per l’evoluzione umana, con il ricorso a entità metafisiche.

Il suo orientamento in merito era motivato dal rifiuto che opponeva alla trasmissione ereditaria dei caratteri acquisiti con l’uso, dopo le ricerche di Weismann che avevano certificato l’inviolabilità delle cellule gametiche da parte del soma. Il fatto che Darwin conservasse il suo materialismo per avere avuto fede nel principio lamarckiano pseudoscientifico dell’eredità dei caratteri acquisiti con l’uso, mentre Wallace se ne allontanasse per averne accettato la giusta falsificazione è un esempio di quali vie traverse e talvolta contraddittorie si intrecciano nella storia delle scienze. Coerentemente con le loro convinzioni, i due naturalisti ricostruirono l’evoluzione umana secondo opposti principi. Per Wallace l’uomo fu da subito dominante sulla natura, grazie alle sue facoltà intellettive poteva trasformare l’ambiente che lo circondava per adeguarlo ai suoi fini, e soprattutto per lo stesso motivo era capace di adeguare i suoi comportamenti e le sue abilità manipolatorie ai continui cambiamenti ambientali che lo minacciavano. Tutt’altro discorso faceva per gli animali che per adattarsi agli habitat in cui vivevano, in mancanza delle facoltà umane, dovevano passare attraverso la selezione naturale dei tratti morfo-funzionali che ne aumentavano la fitness.

La chiave di interpretazione delle stesse vicende umane era più articolata. Darwin, in primo luogo, constatava che le facoltà intellettive e morali degli uomini non erano distribuite equamente, e in seconda battuta che quelle facoltà erano ereditabili. Coloro che ne possedevano in maggior misura avrebbero avuto maggiori possibilità di sopravvivere e di avere figli, che avrebbero ereditato le stesse facoltà, e qualcuno anche in misura maggiore, cosicché si sarebbero diffusi largamente nella loro tribù che sarebbe stata avvantaggiata rispetto alle altre: «È perciò molto probabile che per quanto riguarda il genere umano, le facoltà intellettive si siano venute principalmente e gradualmente perfezionando mediante la selezione naturale»[20].

Allo stesso modo, anche le facoltà sociali e morali hanno avuto un ruolo decisivo nel successo delle antiche popolazioni, in proporzione all’aiuto che i suoi membri si scambiavano per le necessità della vita e per la difesa da popolazioni ostili «Tali qualità sociali, la cui altissima importanza per gli animali inferiori non è messa in discussione da nessuno, senza dubbio è stata acquisita dai progenitori dell’uomo in modo simile, cioè tramite la selezione naturale, agevolata dalle abitudini ereditarie»[21].

Un ruolo decisivo allo sviluppo della moralità è stato dovuto all’istinto di simpatia, che in tempi più recenti è stato rinforzato dai sentimenti religiosi, dall’educazione e dall’abitudine. Questo concetto è ribadito nelle ultime considerazioni contenute in Origine dell’Uomo

Per quanto importante la lotta per l’esistenza sia stata e sia ancora tuttavia per quello che concerne la parte più elevata dell’umana natura, vi hanno altri agenti più importanti. Perché le qualità morali hanno progredito, sia direttamente od indirettamente, molto più per opera degli effetti dell’uso, delle potenze del ragionamento, dell’istruzione, della religione, ecc., che non per opera della scelta naturale; sebbene si possano con certezza attribuire a quest’ultimo agente gl’istinti sociali, che somministrano la base nello sviluppo del senso morale[22].

 

 

  1. Conclusioni

A prima vista, Darwin e Wallace avrebbero dovuto arrivare ad un giudizio simile rispetto ai fenomeni raggruppati sotto il nome di selezione sessuale, tanto più che vivevano nella stessa stagione storica, caratterizzata dalla potente crescita dell’industria capitalistica inglese e da idee religiose e morali tipiche della società vittoriana. Abbiamo visto che così non avvenne e che le ragioni che li separarono devono essere ricercate su altri piani del loro pensiero. Le loro versioni evolutive contenevano implicitamente opposti stili di pensiero. Dal monismo materialistico darwiniano discendeva una teoria evoluzionistica che non ammetteva nessun finalismo nascosto nella storia e nessun cammino di perfezionamento dell’organico e dell’uomo, che erano sostituiti dal potere della più assoluta contingenza. Il dualismo di Wallace ospitava nei suoi assiomi una tendenza escatologica simile a quella del cristianesimo e del marxismo, che alla fine della storia ponevano l’instaurazione di una condizione paradisiaca, il regno di Dio per l’uno e il trionfo del comunismo per l’altro. Strutturalmente Wallace rientra in questa tradizione, che possiamo definire ebraico-cristiana, perché credeva in una futura affermazione del socialismo realizzato sulla terra, il cui protagonista sarebbe stato un uomo perfezionato, guidato dalla sua parte spirituale. Entrambi condividevano una visione sessista delle differenze di genere, ciononostante le differenze filosofiche e culturali li indussero a proporre congetture opposte quando dovettero decidere sul potere delle femmine, e delle donne, di scegliersi un partner. Mentre dal ricco borghese inglese venne ad esse un attestato di fiducia dal gallese piccolo borghese venne un totale rifiuto di quella possibilità. Ambedue condividevano la valutazione della donna tipica dell’età vittoriana, che doveva essere casta e passiva nel rapporto con il marito, dal quale dipendeva totalmente, non potendo votare, possedere una proprietà o un conto bancario, né citare qualcuno in giudizio. La casa diventava una gabbia nella quale occuparsi dell’economia domestica e dei figli, in un’attitudine del tutto rassegnata, che si prolungava anche nel sesso. Nessuno poteva accettare che creature credute così deboli e limitate, incapaci di raziocinio, potessero esercitare una scelta consapevole dalle conseguenze così delicate, come quella di scegliersi un marito, e quindi una figliolanza. E se anche avessero avuto una tale facoltà la proverbiale instabilità caratteriale avrebbe impedito loro di mantenere una costanza di criteri estetici, indispensabile per indurre una evoluzione fondata sulla bellezza. Una tale condizione di subordinazione impedì allo stesso Darwin di approfondire le conseguenze che la scelta femminile del partner avrebbe potuto avere. Tutto ciò è venuto meno nella nostra epoca nella quale la condizione della donna è affatto mutata. Oggi sta anzi facendosi largo un cambiamento paradigmatico che apre a nuove prospettive che tendenti ad ampliare il ruolo della selezione sessuale nella specie umana, mettendo al centro dell’attenzione le novità evolutive che la scelta sessuale delle donne ha introdotto nei nostri comportamenti sessuali. Si tratta di ipotesi che hanno ancora bisogno di conferme e di approfondimenti, tuttavia già oggi ci sono fatti che sostengono l’esistenza di un processo evolutivo autonomamente sostenuto dalla scelta femminile, ottenuto attraverso la forte diminuzione del conflitto sessuale, che ha sostituito quello violento dei nostri antenati ominoidei, e che ha comportato anche un rimodellamento del maschio. Conclusioni del genere potrebbero essere giudicate contrarie al darwinismo, sembrerebbero dare un senso ad una linea evolutiva guidata dalla sola bellezza, di contro si può constatare che l’evoluzione sessuale della nostra specie non può trovare spiegazione nella lotta fra maschi per il possesso delle femmine, essa si presenta così varia e plastica perché segnata dalla cultura più che dalla natura. Solo la scelta femminile può avere prodotto trasformazioni decisive, come la sconfitta della coercizione sessuale, l’infanticidio, e il superamento del modello estetico del maschio dominato dalla forza fisica, che si è tradotto nella diminuzione del dimorfismo sessuale, oggi nella nostra specie attorno al 16% della differenza corporea di genere, molto al di sotto dei nostri antenati ominoidei. Queste trasformazioni hanno permesso alle donne di ottenere dei forti vantaggi perché opporsi più facilmente alla prepotenza dei maschi nei loro rapporti, onde potersi scegliere i partners senza esserne costrette, e di difendere i figli dalle loro violenze. Tutti questi cambiamenti sarebbero il risultato di una scelta femminile che nel tempo si è orientata decisamente verso maschi che mostravano comportamenti sociali culturali e affettivi più sviluppati di altri, che partecipando maggiormente alla cura della prole permettevano un più lungo e sicuro periodo adolescenziale. Le cure parentali prolungate ed assidue sono il carattere che maggiormente distingue gli uomini dagli altri primati, determinandone un vero salto evolutivo verso il dominio sull’ambiente naturale. Da notare che l’evoluzione su base estetica non è in contraddizione con quella guidata dalla selezione naturale perché fenomeni come l’infanticidio, la copula forzata e la violenza sessuale dei maschi contrastavano con la sopravvivenza della specie. Di contro, la tendeva a scegliere maschi più disponibili a impegnarsi con costanza nelle cure parentali ha avuto un grande effetto sull’evoluzione della specie perché il loro allungamento ha permesso un forte sviluppo della mente umana che è stato alla base dell’ampliamento delle nostre capacità intellettuali estetiche morali e sociali. Queste suggestioni ci fanno pensare che la biologia evolutiva dovrebbe tenere in maggior conto l’evoluzione guidata dal senso del bello.


[1] C. Darwin, Lettera ad Asa Gray, 3 aprile 1860 - DCP-LETT. 2743.

[2] R.A. Fisher, The evolution of sexual preference, in «Eugenics Review», III, vol. 7, 1915, pp. 184–192.

[3] A. Zahavi, Mate Selection. A Selection for a Handicap, in «Journal of Theoretic Biology», LIII, 1, 1975, pp.205-214.

[4] R. Lande, Models of Speciation by Sexual Selection on Polygenic Traits, in «PNAS», LXXVIII, 6, 1981, pp. 3721-25.

[5] M. Kirkpatrick, Sexual Selection and an Evolution of Female Choice, in «Evolution», XXXVI, 1, 1982, pp. 1-12.

[6] R.O. Prum, L’Evoluzione della Bellezza, Adelphi, Milano 2020, pp. 83-98.

[7] C. Darwin, L’Origine dell’Uomo, Newton, Roma 1982, p. 87.

[8] Y. Elkana, Come cresce la Conoscenza, in Problemi e prospettive di storia della scienza, a cura di Massimo Baldini, Città Nuova, Roma 1976, pp. 146-149.

[9] A.R. Wallace, I Limiti della Selezione Naturale applicati all’Uomo, in L’uomo che gettò Darwin nel panico, a cura di F. Focher, Bollati Boringhieri, Torino 2006, p. 194.

[10] Ibid., p. 195.

[11] Ibid.

[12] Darwin a Wallace, lettera del 27/3/69, in C. Darwin, Lettere Sulla Religione, Einaudi, Torino 2013, p. 84.

[13] Darwin a Wallace, lettera del 14/04/1869, in F. Focher, op. cit., p. 175.

[14] Ibid., p. 176.

[15] C. Darwin, Taccuini Filosofici, UTET, Torino 2010, p 57.

[16] Ibid., p. 55.

[17] Ibid., p. 152.

[18] C.Darwin, L’origine delle Specie, Newton, Roma 1991, p. 428.

[19] P. Tort, Darwin e il darwinismo, Editori Riuniti, Roma 1998, pp. 60-61.

[20] C. Darwin, L’Origine dell’Uomo, cit., p.154.

[21] Ibid., p.155.

[22] Id., L’Origine dell’Uomo, in C. Darwin, «L’Evoluzione», Newton, Roma 1994, p. 974.

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